Ci sono cose da non fare mai, tipo la guerra. Intervista a Nico Piro

Parlereste sotto l’ombrellone di cosa sia la guerra a vostro figlio o nipote? Sareste capaci di spiegargli i veri motivi che portano al conflitto? Dareste poi a lui i reali “numeri” sul costo degli armamenti? Le perplessità in questo abbonderebbero più delle certezze, perché la verità è che sono gli adulti stessi che provocano i conflitti.

Ci sono cose da non fare mai, tipo la guerra. Intervista a Nico Piro

Ad aprirci gli occhi e la mente, ci pensa il giornalista Nico Piro, volto noto del Tg3 nazionale, inviato di guerra e penna acuta sulla realtà-verità dei conflitti. Un libro fresco di stampa dal titolo che arriva come un dardo Se vuoi la pace conosci la guerra. Un libro per ragazze e ragazzi (HarperCollins, 208 pagine, 14 euro). Non un racconto sulla guerra, ma su quanto costa farci la guerra. Un capolavoro anche e solo per l’intuito e il coraggio di raccontarlo a dei ragazzi. Cifre da paura, presenti in questo suo libro-documento che ha come destinatari quella generazione «che ha fame di storia e verità» come sostiene Piro, che contagia nella lettura anche gli adulti. Gli stessi che si nascondono dietro i fatti e le notizie stesse sulla guerra.

Parlare di guerra con gli adulti è difficile, immaginiamo doverlo fare con i giovanissimi: cosa l’ha spinta a puntare su questa fascia d’età, che non legge molto e s’informa nei social? «Credo fosse necessario. I ragazzi le cose le sanno, ma le sanno a brandelli. Ci illudiamo di poter tenerli a riparo dall’iper-informazione, dagli orrori quotidiani. Lo dico e lo scrivo come padre di due figli, Alex e Caterina, e da giornalista chiamato a raccontare la verità dei fatti: ma ci sbagliamo, o fingiamo di non vedere. Il tema della guerra è onnipresente nella vita nostra e dei nostri figli: quelli che vedono la tv, i tablet, sentono i nostri discorsi, vedono i nostri esempi. In tutti i mezzi di comunicazione, il tema della guerra, anzi delle guerre, è pane quotidiano. Ignorarlo, significa non essere capaci di dare delle risposte ai giovani. Mentre, invece, è un processo tutto da governare. Non possiamo far finta che i bambini siano ciechi. Il mio è un umile sforzo giornalistico per dare a loro e spero anche agli adulti, risposte sulla guerre. Un libro che non fa sconti su niente e nessuno. Parlo di armi, di costi, di profitti, di cifre, offrendo paragoni. E scrivo anche di false notizie che portano a smontare il mito della guerra, da quando si fonda…».

Intende che la “guerra” è insita in noi. E noi creiamo la guerra?
«Quando parlo di “fondazione della guerra”, intendo quel processo d’inculturazione che avviane quando noi siamo bambini. Nasce proprio come un gioco, che crea dipendenza e divertimento, in ogni bambino. Mi sembra appunto che i bambini abbiano fame di verità. Vogliono sapere. Ecco perché scrivo che c’è un tempo preciso in cui “nasce” l’istinto della guerra. E questo si annida nella fase più delicata della vita di ognuno. È lì che noi adulti non interveniamo, e se lo facciamo, è per stimolare questa cultura bellica. Pensiamo alle armi-giocattolo, ai videogiochi, ai film come gli stessi cartoni animati. Tutto parla di guerra. E mentre i bambini ci giocano, per i grandi la guerra è un fatto serio. Nei film, per esempio, i proiettili colpiscono sempre il cattivo; nella realtà invece – e ne sono testimone in quanto inviato di guerra – non esiste un campo definito di battaglia: la guerra si combatte nelle strade, quartieri, paesi e città. Le statistiche ci mostrano come un proiettile che spesso sentiamo definire con l’aberrante aggettivo di “intelligente”, il più delle volte non c’entri il bersaglio, creando le stragi che poi vediamo. Gaza lo dimostra. Oggi poi, abbiamo trasformato le guerre in qualcosa di epico e di morale, mentre invece la sua essenza rende la guerra la cosa più stupida e immorale per l’intero genere umano».

Preferiamo quindi “non dire”, per nascondere la o le verità dei fatti?
«In realtà tutti noi, cioè la massa critica o l’opinione pubblica sa poco delle e sulle guerre. Forse perché la guerra è un prodotto difficile da vendere e genera profitti per pochi grandi “attori”. La guerra è fatta di bugie contrapposte, cosicché la prima vittima di ogni conflitto è sempre la verità dei fatti. Ai ragazzi porto l’esempio di due grandi “pinocchi che si scontrano”: bugiardo uno e l’altro. Il frutto di queste loro falsità partorisce la guerra»
Nel suo libro snocciola dati e costi, come fosse un rosario. Fa impressione leggere con lucidità come con il costo di un carro armato si potrebbero pagare migliaia di operatori sanitari, a dimostrazione che dalle guerre non abbiamo capito niente...
«Fa parte di quella “verità” per cui lavoriamo e dovremmo operare tutti. Il “bellicida” in realtà s’indigna solo per le vittime provocate dal nemico. Il pacifista invece, lo fa per tutte le guerre. Nel libro faccio molti paragoni, arrivando a stabilire che nel 2023 l’ammontare di soldi investiti per l’industria bellica ha superato i 2.400 miliardi di dollari. Cifre così sconvolgenti e inimmaginabili che quando mostro cosa si potrebbe fare con i soldi spesi per un solo carro amato, neppure con la fantasia riusciamo a immaginare nel complesso i costi di una guerra. Credo che sia anche per questo che i ragazzi facciano fatica a comprendere le assurdità di noi adulti. I ragazzi sono decisamente più saggi di noi. Al massimo sanno litigare per un pallone. Noi invece facciamo la guerra, con i potenti che fanno di tutto per cancellare la memoria storica, sociale e individuale».
Lo dice uno che ha usato un titolo fortissimo nel suo precedente libro: Maledetti pacifisti. Una voluta esagerazione? «Semmai una voluta provocazione, spiegata nel libro stesso».

Un’opinione sui conflitti a noi vicini, Gaza e Ucraina?
«Le rispondo che a Gaza stiamo assistendo alla fine della credibilità dell’Occidente, con la differenza che in Ucraina c’indigniamo, mentre a Gaza ci giriamo».
Evita però sempre il termine genocidio: perché?
«Non voglio usarlo perché è un tema e dibattito giuridico su cui si stanno confrontando i giuristi e la Corte internazionale per i diritti dell’uomo. Non ho gli strumenti giuridici per sentenziare ancora questo. Io pongo in primo piano le vittime piuttosto che le parole».
Cosa che fa insistentemente papa Francesco...
«L’unico vero leader carismatico in grado di parlare al mondo. L’unico che mette al centro dei suoi discorsi tutte le vittime. Tanto che gli attacchi che sta subendo sono la conseguenza di questo suo impegno e la forza del suo messaggio».
Che idea si è fatto di questo nostro mondo?
«Che siamo come dei sonnambuli che camminano verso l’abisso».
Tendente al pessimismo?
«Sono convinto che ci sia però una giovane generazione cui va data la speranza di poter cambiare le cose, che puoi cambiarle solo se le conosci nel profondo. Spero che i giovani abbiano la forza di fare quello che non siamo riusciti a fare noi». Qual è stata la pagina più difficile da scrivere del libro? «È il capitolo sulla storia di Amir: un bambino del campo profughi di Moria in Grecia, affetto da una malattia rara, che sono riuscito a far giungere in Italia, dando un lieto fine alla sua vicenda. Come giornalista ho fatto da ponte con le associazioni italiane, provando a essere utile, come fecero altri miei colleghi in passato. Per uno che salvi però, molti altri ne muoiono».

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Se vuoi la pace conosci la guerra. Un libro per ragazze e ragazzi (Nico Piro, HarperCollins, 208 pagine, 14 euro, aprile 2024). L’autore: «Volevo scrivere un libro che smontasse la guerra sin da bambini cioè da quando ci raccontano che è una cosa bella e divertente».

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