Chi può permettersi una casa oggi? Turismo, bonus e inflazione: servono politiche adeguate

Non avere soldi a sufficienza per abitare là dove si è nati. O dove si lavora. O per avere un tetto sopra la testa, tout court. Italia 2024, la casa sta diventando sempre più un’emergenza e non è un caso se, nei giorni scorsi, il presidente di Confindustria Emanuele Orsini ha lanciato un appello al Governo a intervenire in sede di legge di bilancio. Le tessere del puzzle sono molte, il quadro d’insieme è assai complesso. Padova è un caso a sé.

Chi può permettersi una casa oggi? Turismo, bonus e inflazione: servono politiche adeguate

Come analizza il presidente della Camera di Commercio Antonio Santocono, in un’intervista di questi giorni al Mattino, il combinato disposto tra l’attrattività dell’Università e l’impennata del turismo post riconoscimento Unesco dell’Urbs Picta ha portato i prezzi degli affitti alle stelle. E l’immagine delle tende picchettate nel cortile antico del Bo appare sbiadita: la casa non è un problema per i soli studenti (che pagano 4-500 euro al mese per una camera e sempre più abitano in provincia per far quadrare i conti). La “voglia di Padova” e il conseguente fiorire di affitti a breve termine (a misura di turista) rischia di precludere la città a tutte quelle categorie di lavoratori che non hanno stipendi alti e non possono materialmente far fronte alle richieste dei proprietari. Qualche esempio? Muratori, elettricisti, autisti del trasporto pubblico locale… per non parlare dei padri separati che da anni, anche nelle province limitrofe a quelle di Padova, sono destinatari di progetti che consentano loro di sbarcare il lunario dopo aver pagato gli alimenti a figli ed ex moglie. A questo fenomeno si accompagna la totale assenza di una vera e propria politica abitativa su larga scala che permetta a chi ne ha bisogno di accedere all’edilizia residenziale pubblica. Ha fatto molto discutere l’iniziativa dell’Ater di Padova, due anni fa, di mettere sul mercato 500 alloggi, di cui 122 sfitti, potendo così rispondere in un anno a sole 163 domande di abitazione popolare: un ottavo rispetto alle richieste presentate. Al di là della singola iniziativa, le Aziende territoriali per l’edilizia residenziale delle nostre province da anni languono senza le dovute risorse per compiere fino in fondo la loro mission. Basti ricordare che le Ater sono riuscite solo in minima parte a usufruire del Superbonus 110 per cento e quindi a rendere efficiente dal punto di vista energetico i propri patrimoni, molto spesso datati. Una situazione sulla quale, oltre un anno fa, aveva fatto luce il consigliere regionale leghista Zecchinato, chiedendo al Governo di eliminare il blocco che impediva alle Ater di completare i cantieri. A Padova ci sono stati lavori per 180 milioni, ma per 2 mila appartamenti non è stato possibile intervenire. A Vicenza era tutto pronto, 108 condomini e 92 alloggi erano quasi sotto i ferri quando tutto è stato sospeso: parliamo di 3 mila abitazioni. A Venezia lavori solo in terraferma per 25 milioni di euro su dodici cantieri, 52 condomini e 400 alloggi. Ma il tema Superbonus merita un capitolo a sé ed è stata un’occasione persa per moltissimi singoli e famiglie anche al di sopra della soglia di povertà o dei parametri per accede alle case popolari. Al di là dell’aggravio di spesa pubblica che la misura ha comportato, occorre dire che, stando ai dati più aggiornati dell’Enea (giugno 2024) sui quasi 496 mila edifici oggetto di interventi solo il 27 per cento sono condomini, il 23 per cento sono edifici funzionalmente indipendenti, il 50 per cento sono villette – possedute non solo da ricchi, certo. E nel conto ci sono anche otto castelli. Per com’è stata pensata (e innumerevoli volte modificata) la misura che poteva riqualificare molte delle case sfitte, per reimmetterle nel mercato, si è trasformata in un banchetto riservato ai più pronti a cogliere l’occasione. Nel frattempo, anche nei piccoli centri, sorgono nuove lottizzazioni con piccole metrature e alti prezzi, appetibili perché energicamente pronte e senza lo stress dei lavori (esosi) da affrontare che perderanno, per di più, le agevolazioni fiscali che fino a oggi hanno tenuto in piedi l’edilizia.

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