Ancora guerra. E ancora scuola. Il sonno della ragione genera mostri, ma qualcuno deve insegnare ad affrontarli
Come affrontare i mostri? Come evitare le pause della ragione? Come coltivarla? A chi tocca?
Non si può prescindere, in questo tempo denso di avvenimenti tragici, dall’accostare il “mostro” per eccellenza, cioè la guerra, a quell’istituzione che i “mostri” dovrebbe e può combattere.
“Il sonno della ragione genera mostri” è il titolo/tema di una famosissima opera dell’artista spagnolo Francisco Goya e risuona nelle teste pensanti che si rifiutano di abbandonarsi al sonno. Cos’altro è la guerra – così potremmo riflettere – se non il sonno della ragione, l’abbandono di ciò che esiste di profondamente umano – la ragione come capacità di interpretare il mondo, di abitarlo in modo consapevole e sostenibile, di animarlo con una fratellanza legata al senso di appartenenza condivisa ad una comunità che va oltre le differenze – per dare sfogo alle mostruosità che pure coesistono all’interno di ogni persona.
Caino uccide Abele. Da sempre la guerra abita il mondo, perché da sempre la ragione si prende delle pause e lascia emergere una parte oscura dell’umano che non risparmia nessuno.
Senza scomodare Francisco Goya, che nel tempo ci è lontano – la sua opera cui facciamo riferimento è del 1797 – viene alla mente una canzone di Giorgio Gaber, nell’album pubblicato proprio poco dopo la sua morte, nel gennaio 2003 (e sono comunque quasi vent’anni fa): “I mostri che abbiamo dentro”. Sono quelli che accostiamo al dipinto di Goya e che, canta Gaber con la lucidità che lo ha sempre caratterizzato, “vagano in ogni mente”, sono gli “oscuri istinti” con cui fare i conti. Più ancora, questi mostri “Sono il gene egoista che senza complimenti domina e conquista”. Così conclude l’artista: “I mostri che abbiamo dentro crescono in tutto il mondo. I mostri che abbiamo dentro ci stanno devastando. I mostri che abbiamo dentro, che vivono in ogni mente, che nascono in ogni terra, inevitabilmente ci portano alla guerra”
La domanda da porsi è questa: come affrontare i mostri? Come evitare le pause della ragione? Come coltivarla? A chi tocca?
Naturalmente si può rispondere in molti modi e soprattutto ci sarebbe spazio per riflessioni molteplici. Qui torniamo alla scuola, a questa straordinaria incubatrice di umanità e della ragione che è vero antidoto allo sviluppo e alla vittoria dei mostri.
Li vediamo, nel piccolo, anche nelle aule scolastiche. Cos’è il bullismo, ad esempio, se non un via libera a quel “gene egoista che domina e conquista”? Cosa sono le piccole e grandi prevaricazioni che pure si consumano nelle comunità di ragazzi se non il prevalere degli “oscuri istinti” che – annota ancora Gaber – “spingono alla violenza”?.
Eppure la scuola, dove la pratica dell’inclusione, del lavoro fatto insieme, dello studio come contributo al senso critico e alla consapevolezza di sé sono i tratti più salienti, ha l’antidoto in se stessa per arginare quei mostri di cui stiamo parlando. La scuola, che educa e sveglia la ragione, ha un compito ineludibile di umanizzazione. La scuola che oggi ospita chi viene dal mondo dei mostri – dalla guerra – che favorisce dialogo e amicizia, che insegna ad affrontare le criticità sviluppando capacità e atteggiamenti cooperativi è una grande risorsa oggi come sempre.
Se la guerra si fa con le armi, la pace si costruisce con teste e cuori allenati. Anche a scuola.