Il Sinodo... continua. Giovani e adulti, strada insieme
Quanti ragazzi sono entrati in seminario dopo il Sinodo dei giovani? È una domanda provocatoria che mi è stata fatta più di qualche volta dopo la chiusura del Sinodo, talora in altre simpatiche varianti, addirittura sull’andamento del numero di abbonati della Difesa!
Quando nell’Evangelii Gaudium il papa introduceva il principio che «il tempo è superiore allo spazio» (222), spiegava che «dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi» (223). Il Sinodo dei giovani è stato non solo un evento isolato di cui possiamo tracciare genesi e sviluppo, ma ha avviato un processo i cui effetti – imprevedibili - stanno caratterizzando tuttora i passi del cammino della nostra Chiesa di Padova.
Non si tratta solo di modalità, stili, atteggiamenti nuovi o rinnovati, ma di uno stimolo a ripensarci come comunità, come singoli credenti, anche come preti. A rimettere in discussione prassi pastorali consolidate per farci sempre di più compagni di cammino dei giovani e prenderci cura della loro vita e della loro fede. A valorizzare il protagonismo dei giovani e il loro potenziale, anche quando ci provocano con le loro critiche o, paradossalmente, con la loro assenza. A prenderci cura della loro fede per accompagnarli verso un “sì” a Gesù e al Vangelo convinto ed entusiasta – anche se oggi spesso combattuto e messo in discussione dai coetanei – sostenendoli con la nostra testimonianza di cristiani credibili e contenti di esserlo.
Molte parrocchie hanno preso in mano la Lettera dei giovani: me ne sono reso conto girando per la visita pastorale insieme al vescovo Claudio. Molte altre parrocchie, mi auguro, lo faranno in questo anno pastorale che inizia. Ho partecipato a tanti incontri nelle varie zone della nostra diocesi, dove si sono confrontati a partire dal testo della Lettera dei giovani membri dei consigli pastorali, gruppi di giovani, educatori dell’Azione cattolica, giovani catechisti dell’iniziazione cristiana e scout. Affrontare la questione della pastorale giovanile è la chiave che permette di comprendere che comunità vogliamo essere, chi o cosa mettiamo al centro e chi o cosa mettiamo tra parentesi.
In particolare, durante la visita pastorale, il centro del confronto tra il vescovo Claudio e i giovani è sempre stato come crescere nel cammino di fede personale e comunitario. Più di quanto pensiamo, le domande ci sono. Più di quanto appare, il desiderio di crescere nella fede c’è. Ma c’è anche tanta confusione, un non sapere a chi chiedere, che passi fare, come muoversi. E poi, confessano, ci si fa spesso prendere da altre cose: università, lavoro, affetti, preoccupazioni per il futuro... come se questo non c’entrasse con la fede.
Penso che di strada da fare ce ne sia e che questo sia un tempo buono perché lo Spirito Santo ci metta nella testa e nel cuore parole e passi nuovi da fare insieme, adulti e giovani. Ma bisogna avere il coraggio di osare il nuovo, evitando di chiuderci a riccio fuggendo il confronto, oppure delegando il peso solo a qualcuno che – poverino - sentirà il problema dei giovani come una spada di Damocle sulla propria testa e, infine, mettendo a tacere quello spirito disfattista e ipercritico che rischia solo di togliere ossigeno e spegnere il fuoco.