Salviamo la nostra umanità, custodendo ogni vita umana
Chiese & chiose. Quando parliamo di migranti... sembriamo esserci incattiviti. Forse perché non sappiamo come stanno le cose. Ma non possiamo solo sapere...
Un’occhiata retrospettiva al 2018 obbliga a posare l’attenzione su un fatto inquietante: siamo – sembriamo essere – diventati più cattivi; o vogliono farci credere così. Soprattutto quando si parla di stranieri: immigrati regolari, clandestini o rifugiati che siano. A volte resto basito di fronte a battute, pronunciate o condivise da chi pure so essere di buon cuore; e mi mancano le parole per commentare fatti e parole decisamente inaccettabili, che farebbero inclinare a un giudizio tremendo: razzismo. Anche dentro ambienti parrocchiali, ecclesiali.
Sapendo di muovermi su un terreno più scivoloso del ghiaccio, provo a parlare di migrazioni. Senza dimenticare di essere cristiano.
Non possiamo non sapere
La questione migrazioni è calda e assai complessa, sotto vari aspetti: economico, sociale, demografico, culturale, politico. Proprio per questo, se si vuole uscire da una narrazione falsa(ta) e comprendere le ragioni di questo movimento umano globale, ogni discorso sensato passa attraverso l’informazione e la (buona) comunicazione, non asservita a ideologie. Intanto, usando numeri reali, e non quelli della propaganda di parte, e cercando di comprendere i perché.
Secondo Oxfam, l’un per cento della popolazione mondiale controlla il 99 per cento della ricchezza del pianeta. Nonostante la crescita della produzione agricola mondiale, ancora 830 milioni di esseri umani rischiano la morte per fame. Il paradosso (incredibile!) è che in contemporanea si conta quasi lo stesso numero di obesi, circa 700 milioni. In queste condizioni come parlare di uguaglianza, diritti (umani), democrazia?
Nei prossimi dieci anni sono previsti 220 milioni di sfollati per cambiamenti climatici. Un esempio solo: dal 1960 a oggi si è ridotta del 90 per cento la superficie del lago Ciad, fonte di vita per 40 milioni di persone. Dove andranno a vivere?
Occorre poi sapere, qualcosa almeno, sulle guerre in corso, ormai combattute non più fra Stati nazionali ma da gruppi, fazioni, eserciti al soldo di gente che vuole arrivare al potere e al controllo delle risorse. I quasi dieci milioni di morti degli ultimi decenni sono figli di guerre di questo tipo. Una lettura, utile anche se poco natalizia, potrebbe essere l’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo.
La lista dei guai del pianeta può continuare, arrivando sempre alla medesima conclusione: milioni di persone sono e saranno costrette a cercare rifugio – cioè possibilità di vita – in paesi diversi dal proprio.
Non possiamo sapere soltanto
Il numero allarmante dei migranti non può lasciarci dormire in pace, soprattutto se, come “Nord del mondo”, siamo consapevoli di essere parte in causa della situazione globale e corresponsabili del persistere di ingiustizie strutturali. Non basta metterci il cuore in pace dicendo: «Aiutiamoli a casa loro», perché gli aiuti che i nostri Paesi offrono a quelli africani spesso vanno non a chi ha bisogno e allo sviluppo sociale ma ad arricchire i governanti.
Per frenare – bloccare pare impossibile – queste migrazioni, occorre agire in varie direzioni, magari con progetti mirati nei Paesi poveri (come fa Medici con l'Africa Cuamm): contribuire a nuovi modelli di sanità e sviluppo globale, salvaguardare il clima, accrescere la formazione scolastica della gioventù … Ma soprattutto far cessare le guerre combattute con armi che vendiamo noi, guerre spesso mantenute per gli interessi delle nazioni ed economie occidentali. «Chi semina armi, raccoglie profughi» ammonisce Jürgen Grässlin, il più famoso pacifista tedesco.
Per chi in qualche modo arriva nei nostri paesi e città, potremo forse fare poco di concreto, ma almeno una cosa sì: considerarli persone! Ogni pensiero, parola e azione a difesa dei più deboli, e tesi a scuotere le coscienze, hanno il merito di farci più ricchi di umanità e spirito di fraternità: e questo non è banale buonismo di stagione ma caratteristica qualificante dell’essere umano. La via per salvare la nostra stessa umanità passa dall’impegno a custodire la vita, ogni vita umana; comprende compassione e rispetto; si fa condivisione. Inacidirci, irrigidirci nell’indifferenza o incattivirci sarebbe davvero una rovina, il crollo del cuore.