Migranti, Msf torna in mare con la Geo Barents: “Troppe morti”
La nave batte bandiera norvegese, ospita una clinica, una stanza ostetrica e una per le visite. Lodesani: “Lasciati alla deriva migliaia di uomini, donne e bambini, a rischio di annegare lungo il confine meridionale d’Europa, nostro obbligo intervenire”
Medici senza frontiere torna in mare per un’attività di salvataggio e soccorso. Lo farà con una propria nave, la Geo Barents. “Nel Mediterraneo centrale si continua a morire, in un desolante vuoto di capacità di soccorso. Come organizzazione medico-umanitaria assistiamo persone vulnerabili ovunque nel mondo da 50 anni. Di fronte alle morti incessanti e alla colpevole inazione degli Stati, siamo obbligati a tornare in mare per portare soccorso, cure e umanità, facendo la nostra parte per fermare queste tragedie evitabili”, dichiara Claudia Lodesani, presidente di Msf annunciando la decisione.
La Geo Barents batte bandiera norvegese. È stata costruita nel 2007 e ha operato come nave per le analisi geologiche prima di essere noleggiata da Msf e adeguata alle attività di ricerca e soccorso. E’ lunga 76,95 metri, ha due ponti per accogliere le persone soccorse, uno per gli uomini, l’altro per donne e bambini. Ospita una clinica, una stanza ostetrica e una per le visite, dove le équipe di Msf svolgeranno le attività di assistenza medica. La nave è dotata di due gommoni veloci (rhib) che verranno utilizzati durante le operazioni di soccorso. A bordo 20 operatori di Msf e 12 persone per l’equipaggio marittimo.
“Il nostro ritorno nel Mediterraneo, per il settimo anno consecutivo, è il risultato diretto delle sconsiderate politiche di non-assistenza da parte dell’Europa, che condannano le persone a morire in mare continua Lodesani -. Negli anni i governi europei, in particolare Italia e Malta come stati costieri più coinvolti, hanno progressivamente abbandonato l’attività di ricerca e soccorso, hanno smesso di assistere le persone in pericolo e hanno deliberatamente ostacolato, se non criminalizzato, l’azione salvavita delle organizzazioni in mare. Queste politiche hanno lasciato alla deriva migliaia di uomini, donne e bambini, a rischio di annegare lungo il confine meridionale d’Europa”.
Dal 2015 le équipe mediche di Msf a bordo di diverse navi di ricerca e soccorso hanno testimoniato con orrore la tragedia umana che si svolge alle porte dell’Europa mentre migliaia di persone rischiano di annegare in mare o vengono riportate con la forza a terribili condizioni in Libia. Da inizio anno più di 500 uomini donne e bambini sono morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale. Il terribile naufragio del 22 aprile ha provocato almeno 130 morti, altri sono seguiti nelle settimane seguenti. Chi sopravvive rischia di essere intercettato dalla guardia costiera libica supportata dall’Unione Europea e riportato con la forza in Libia (7.000 solo quest’anno). La maggior parte di loro finisce rinchiuso arbitrariamente in pericolosi centri di detenzione dove sono esposti a maltrattamenti, stupri, sfruttamento e perfino la morte.
Msf chiede che venga interrotto al più presto il supporto dell’Europa alla guardia costiera libica e al ritorno forzato delle persone in Libia, e che venga ripristinata una efficiente capacità di ricerca e soccorso per fermare le morti in mare. “Non possiamo restare in silenzio di fronte a questa catastrofe deliberata - conclude Lodesani -. Il supporto dell’Europa a questo drammatico ciclo di sfruttamento e sofferenza deve cessare al più presto. Gli Stati membri devono garantire che venga riattivato con urgenza un meccanismo di ricerca e soccorso dedicato e proattivo, guidato dagli Stati, nel Mediterraneo centrale. Da 50 anni Msf fornisce cure mediche e assistenza umanitaria in alcune delle emergenze più critiche al mondo, conflitti, disastri naturali, epidemie, non ultima la pandemia di Covid-19 che ci ha visti impegnati in 70 paesi compresa l’Italia. Msf torna oggi in mare per rispondere allo stesso imperativo umanitario di salvare vite, ovunque ce ne sia bisogno.