In affitto o nei centri di accoglienza: il problema casa per i richiedenti asilo
Report della Fondazione Ismu sull'accesso al sistema abitativo per i beneficiari di protezione internazionale. Il 43,3% vive in una casa in affitto, il 42,3% in centri di accoglienza, il 12,4% ospite di parenti o amici
Richiedenti asilo o titolari di protezione umanitaria abitano principalmente in case in affitto (43,3%) e nei centri di accoglienza (42,3%). C'è poi una minoranza, pari al 12,4 %, ospite di amici o parenti. È quanto emerge dal report “Beneficiari di protezione internazionale e integrazione in Italia. Focus sull’accesso al sistema abitativo”, realizzato dalla Fondazione Ismu nell'ambito del progetto europeo “The National Integration Evaluation Mechanism (Niem). Si tratta di stime, elaborate anche a livello regionale, che scattano una fotografia di quanto il nostro Paese sta facendo per venire incontro al bisogno dei migranti di avere una casa. Non mancano, tra l'altro, differenze tra nord centro e sud dello Stivale. Al centro e sulle isole è molto più ampia la fetta di coloro che si arrangiano a casa di conoscenti: rispettivamente il 26,8% e il 20,9%.
Dei 216.343 migranti titolari di permesso di soggiorno per asilo o richiesta di asilo, riconosciuti in Italia al 1° gennaio 2020 dal Ministero dell'Interno e dall'Istat, solo l'1,1% (pari a 2.421 persone) vive in baracche o edifici occupati.
Nel report la condizione dei beneficiari di protezione nel nostro Paese viene confrontata con la situazione degli altri 14 Paesi partner, soprattutto per quanto concerne l’abitare: Bulgaria, Francia, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia, Spagna, Svezia, Repubblica Ceca, Romania e Ungheria. “Dall'analisi del quadro giuridico, utile a promuovere l'autonomia abitativa, emerge che la maggior parte dei Paesi indica un'apertura rispetto alla possibilità da parte dei beneficiari di protezione internazionale di usufruire dei diritti connessi all'abitare -si legge nel Report-. I Paesi più inclusivi dal punto di vista delle norme sono Svezia, Paesi Bassi, Francia e Repubblica Ceca. Per quanto riguarda la posizione dell'Italia, che si attesta da questo punto di vista in una situazione intermedia a livello europeo, essa è in parte dovuta all'introduzione, nel periodo considerato, dei due decreti sicurezza del 2018 e 2019 che hanno portato a una maggiore chiusura”.
Infine il report prende in considerazione la collaborazione tra i diversi attori coinvolti nel processo di supporto all'autonomia abitativa. Fatta eccezione per la Francia, la maggior parte dei Paesi dimostra di essere ancora lontana dallo sviluppo di governance coordinate tra le diverse istituzioni a livello locale, regionale e nazionale e tra o con il privato sociale. Anche qui l'Italia si posiziona a metà graduatoria.