Volontari, che ricchezza! 200 i volontari che ogni settimana, a turno, entrano all'Opsa
Sono circa 200 i volontari dell'Opsa che si tornano ogni settimana, ai quali si aggiungono una ventina di medici e una cinquantina di parrucchieri e hanno fra i 16 e gli 80 anni. Nel 2019 ci sono stati 180 ragazzi in campo servizio. Arrivano tramite l’alternanza scuola lavoro, il passaparola, l’esperienza di una settimana di campo o dopo la visita con il proprio gruppo parrocchiale o la scuola. Viene chiesto loro un impegno di una volta alla settimana e di mantenere una certa continuità. L'aspetto fondamentale è però la relazione: nelle passeggiate con gli ospiti, nell'accompagnarli alle attività programmate, in palestra, ai laboratori, nel partecipare insieme alla celebrazione della messa i volontari devono essere in grado di interagire, instaurare una relazione che qui può assumere mille sfumature diverse: dal semplice scambio di sguardi alla chiacchiera confidenziale, dal tendere la mano al sorriso, dal condividere una preghiera, un momento di silenzio, al saper ascoltare, ma anche aver voglia di raccontarsi.
Interagire: è questa una delle richieste che viene rivolta a chi vuole fare attività di volontariato all’Opsa. Qui è fondamentale saper instaurare una relazione, che può assumere mille sfumature diverse: dal semplice scambio di sguardi alla chiacchiera confidenziale, dal tendere la mano al sorriso, dal condividere una preghiera, un momento di silenzio, al saper ascoltare, ma anche all'aver voglia di raccontarsi.
Gli ospiti sono tanti, con caratteri e umori diversi, forme di disabilità gravi e meno gravi, in carrozzina o autonomi e i volontari devono imparare a “stare” con loro. È fondamentale. Non è solo ed esclusivamente questione di umiltà, ma anche di saper ascoltare e guardare cosa fanno gli operatori, i professionisti. E chiedere, anche cento volte. Questo aiuta a stemperare quella paura iniziale di sbagliare che tutti i volontari hanno e la frustrazione di sentirsi impotenti e poco utili è ricompensata da un gesto che non ti aspetti. Un disegno, un bacio, un «ciao, come stai?», il ricordarsi a distanza di un anno il nome, una preghiera proprio per una persona precisa: questa è la magia della relazione che si crea fra il volontario e l’ospite.
«Sono qui da un anno e mezzo, grazie alle mie figlie che già facevano volontariato e mi hanno spronato a provare – racconta Claudio, 63 anni, revisore legale – Non ho mai fatto volontariato in vita mia. All’inizio c’era molta apprensione, non credevo di essere in grado, mi chiedevo se potevo essere utile perché mi limitavo a spingere una carrozzina. Poi però capisci: gli ospiti apprezzano la tua presenza e ti aspettano. Chi avrebbe mai detto che sarei entrato in confidenza con una persona che sbava? Questa barriera mi frenava molto. Hai la possibilità di fare un po’ di palestra, ti alleni alla vita. Non è un mettersi a posto con la coscienza, ma un rendersi conto di quanto fortunati siamo. Ci aspettiamo sempre qualcosa dagli altri, ma con queste persone, molto sensibili, senza riserve psicologiche o timidezze sbagliate, impari a fare la prima mossa. Devi avere uno sguardo aperto».
Marika, invece, 17 anni – al quarto anno del liceo linguistico, iscritta da quattro anni anche al conservatorio dove studia pianoforte, qualche anno di scout, un’esperienza di volontariato con i senza fissa dimora – è arrivata all’Opsa l’anno scorso con l’alternanza scuola lavoro, da gennaio a giugno, e poi non ha più voluto mollare. Timida, una vocina sottile, in realtà nasconde una grande energia e forza di volontà. La musica è stato un legame forte. «Ero spaventata all’inizio – racconta – a cosa andavo incontro? Mio papà lavora nella struttura, un po’ la conoscevo. Poi ho visto che gli ospiti non hanno pregiudizi e venire qui mi fa stare bene, riesco a farli sorridere e sono sicura di non sprecare il mio tempo. Sono molto legata a queste persone, mi fanno sentire parte della loro sensibilità. Mi aiutano a essere più sciolta nelle relazioni. È sicuramente un’esperienza forte, che ti cambia e la consiglierei ai miei coetanei. Questo però non mi fa sentire una privilegiata».
«La prima volta che sono arrivato qui, sei anni fa, con un campo servizio – racconta Matteo, 20 anni di Fossò, iscritto a chimica e tecnologia farmaceutica – l’impatto è stato forte, tanto che mi sono commosso. È molto diverso da ciò che si può pensare e da come viene presentato. Ci sono persone normalissime cui devi prestare più attenzione. È il tempo a essere rallentato. Ogni anno ricevo qualcosa di diverso. Hanno sconvolto il mio modo di pensare: tutti si vogliono bene a prescindere dalla situazione che hanno e cercano una convivenza pacifica. Per loro sei la rottura della routine. Per mettersi al servizio di una persona serve pazienza, mantenere la calma, saper chiedere aiuto. Loro mi insegnano ad avere maggior rispetto per gli altri».
In servizio
Sono circa 200 i volontari che si turnano ogni settimana, ai quali si aggiungono una ventina di medici e una cinquantina di parrucchieri.
Nel 2019 ci sono stati 180 ragazzi nei campi di servizio. Arrivano tramite l’alternanza scuola lavoro, il passaparola, l’esperienza di una settimana di un campo o dopo la visita con il proprio gruppo parrocchiale o la scuola.
I volontari hanno dai 16 agli 80 anni e cercano di dare un senso diverso al loro tempo. Viene chiesta continuità e un impegno di una volta alla settimana. Passeggiare con gli ospiti, accompagnarli alle attività programmate, in palestra, ai laboratori, partecipare insieme alla celebrazione della messa: sono alcune delle attività che svolgono ogni giorno.