Maria Borgato verso la santità. Si chiude il processo diocesano, ora parola al Vaticano
Saonara. Sabato 6 ottobre alle 16 si chiude il processo diocesano per la causa di beatificazione. "Non preoccupatevi tanto di me. Datevi coraggio anche voi e pregate sempre, con i nostri cuori uniti in Dio".
La lunga via di Maria Borgato verso la santità è a un passaggio decisivo. Quattro anni dopo il “nulla osta” della Congregazione per le cause dei santi, il processo diocesano per la sua causa di beatificazione si conclude sabato 6 ottobre alle 16 in quella chiesa di Saonara «che tanto amo», come scriveva Maria prigioniera a Venezia. A questo punto tutti i documenti passano al Vaticano. Sarà la stessa Congregazione a proseguire nei lavori della causa che, oltre alle virtù eroiche, è chiamata a verificare se la morte di Maria Borgato non sia avvenuta in odio alla fede, cioè nel martirio.
Maria Luigia Pulcheria Borgato nasce 120 anni fa, il 7 settembre 1898, proprio a Saonara, prima di quattro fratelli. Operata a sei anni per una lussazione congenita all’anca destra, rifiuta altri interventi e rimane zoppa per tutta la vita. Per questo non può farsi suora e realizzare il suo sogno missionario in Africa, ma a spalancarle le proprie porte è la Compagnia di Sant’Orsola di Sant’Angela Merici, nella quale si consacra a Cristo rimanendo laica nel suo ambiente di vita.
Molto devota fin da bambina, è dopo l’armistizio del 1943 che Maria realizza con la sua vita quel Vangelo che così assiduamente ascoltava in chiesa. Entra nella catena di solidarietà del padre francescano Placido Cortese, aiuta e ospita soldati sbandati, in fuga dai campi di lavoro e ricercati dall’occupante tedesco. Per il tradimento di uno di loro, il 13 marzo 1944 viene arrestata, picchiata e interrogata, ma non farà mai il nome di altre persone coinvolte.
Da Santa Maria Maggiore a Venezia passa a Bolzano, carceri da cui scrive lettere ai familiari che rendono trasparente il proprio affidamento a Dio. Il 6 settembre 1944 viene caricata su un carro bestiame e condotta nel campo di sterminio femminile di Ravensbrück, poco lontano da Berlino. Qui diviene l’ “angelo del campo”, costantemente in preghiera, ma la sua menomazione le apre presto la porta della camera a gas e del forno crematorio.
A Saonara, di fronte ai fedeli, sabato pomeriggio si tiene così la 52a sessione del processo diocesano. Nelle tre scatole presenti in chiesa si trovano lo stato documentale, il materiale fotografico, i verbali delle sessioni, la trascrizione delle quattro lettere che Maria ha inviato dalla prigionia oltre alle citazioni dei 44 testimoni: in tutto oltre 2 mila pagine. Alla presenza del vescovo Claudio, il postulatore mons. Giuseppe Magrin presta il suo giuramento da “portatore” con il quale assicura di tradurre in Vaticano tutto il materiale. «Quello che appare come una formalità burocratica – sottolinea il coordinatore della causa, mons. Pietro Brazzale – è in realtà un momento di fede in cui sentiamo presente tra noi la piccola e zoppicante Maria».