Eucaristia e croce. L’apice della malvagità umana viene disarmata dall’amore gratuito di Cristo
Nell’ultima cena Gesù stabilisce un rapporto vivo ed efficace tra l’Eucaristia e l’evento del Gòlgota, tra la condivisione del pane e del vino consacrati e la sua crocifissione
L’Eucaristia che celebriamo è il memoriale della Pasqua del Signore, cioè della sua morte in croce e risurrezione. Fattosi uomo per la nostra salvezza, il Figlio di Dio ci ha amati fino a dare la sua vita per noi, accettando l’umiliazione e lo strazio inaudito della morte in croce.
Nell’ultima Cena Gesù stabilisce un rapporto vivo ed efficace tra l’Eucaristia che istituisce e l’evento del Gòlgota, tra la condivisione conviviale del pane e del vino consacrati e la sua crocifissione del giorno seguente. Nelle sue mani e per le sue parole il pane consacrato non diventa semplicemente il suo corpo, ma il «corpo che è dato per voi» (Lc 22,19); il vino consacrato non diventa semplicemente il suo sangue, ma «il sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati» (Mt 26,28).
È divino l’amore di Gesù e dolce la sua generosità nel darci ogni giorno la possibilità di essere rigenerati dal suo sacrificio pasquale! Tuttavia nelle parole dell’istituzione Gesù menziona «la nuova alleanza» (Lc, 22,20), facendoci intendere che noi non siamo semplici beneficiari di un dono straordinario, bensì attori corresponsabili di una nuova storia d’amore.
Quando noi partecipiamo all’Eucaristia siamo invitati a condividere la vita di Cristo crocifisso che obbedisce al Padre e perdona agli uomini. Vale per noi quello che è avvenuto per Cristo: la via della risurrezione passa attraverso la crocifissione. E così comprendiamo come l’Eucaristia, in cui viene a noi il Cristo risorto, ci viene donata perché possiamo affrontare e abbracciare la nostra croce con la potenza della sua risurrezione.
La croce, cioè tutto ciò che ci impedisce di vivere felici e per sempre, è uno scandalo che vorremmo tolto dal mondo. Invece Gesù ci dice apertamente che i suoi discepoli devono fare i conti con la croce: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24).
L’apostolo Paolo insegna ai Corinzi (cfr 1Cor 1,18-25) che la croce di Cristo è sapienza di Dio. Infatti, dal momento che l’uomo ha rifiutato l’amore divino, Dio, per continuare a essere amore gratuito per la sua creatura e per convertire il cuore umano diventato ribelle e omicida, ha scelto la via dell’Incarnazione del Figlio per essere unito all’uomo fino a consegnare se stesso alla volontà umana, portando così il suo amore incondizionato fino a scendere nell’abisso della morte di croce.
La croce sembra la vittoria della malvagità umana, ma dove questa raggiunge il suo apice viene disarmata dall’amore del Cristo che trafigge il cuore umano (cfr Lc 23,48; At 2,37) e dà inizio all’umanità redenta.
Ora il Signore risorto invita noi a continuare la sua opera – «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21) –- e per questo ci dona il suo amore nell’Eucaristia grazie al quale le nostre croci ci rendono simili a Cristo crocifisso e risorto, santi nell’amore a Dio e al prossimo.
padre Domenico Maria Fabbian, eremita diocesano