Este riabbraccia la sua Santa Tecla. Torna la Patrona con la sua pala d'altare
A sette anni dall'inizio del restauro, la grande pala d'altare firmata da Giambattista Tiepolo ha fatto ritorno a Este, dove sta per iniziare la seconda fase del pieno recupero dell'opera. A ospitarla sarà il Museo atestino, nella sala delle Colonne, dove visitatori e fedeli potranno seguire gli interventi sul retro della tela. Per rivedere Santa Tecla in duomo saranno necessari alcuni altri mesi di attesa.
Sono passati sette anni da quando Santa Tecla ha lasciato la “sua” Este, per intraprendere il lungo cammino di restauro, intervallato dalla mostra tiepolesca di villa Manin di Passariano e condotto per la maggior parte del tempo nell’ospitale ambiente messo a disposizione dal Comune di Sarmede. Le fasi di smontaggio della grande pala dall’abside del duomo nel 2012 erano state seguite con trepidazione: si sapeva che l’assenza sarebbe stata lunga e la cura complicata. Ora il capolavoro di Giambattista Tiepolo è tornato a casa, nella sala delle Colonne del Museo atestino, anche se ci vorranno vari mesi per vederlo tornare nel duomo per cui è stato concepito e altri ne serviranno per vederlo campeggiare al suo posto d’onore, sopra l’altar maggiore. In compenso, gli estensi che vorranno andarlo a visitare nel cantiere aperto di restauro, che sarà allestito dal 9 marzo per i visitatori e le scolaresche, resteranno sicuramente stupefatti. Ai loro occhi compariranno i “veri” colori del Tiepolo, perfettamente intonati con la dimensione scenografica di grande luminosità della navata appena restaurata.
Colori che da più di un secolo si sta cercando di ritrovare. Già alla fine dell’Ottocento infatti la comunità atestina si era accorta del progressivo annerimento del suo capolavoro, al punto che l’arciprete, insieme a una squadra di volontari, una notte s’era arrampicato con una scala dietro l’altar maggiore e l’aveva “lavata” con secchi d’acqua calda e spugne. Intervento che non risolse molto, e piuttosto amplificò i problemi strutturali causati dal cedimento della leggera fibra tessile che il Tiepolo aveva semplicemente inchiodato sul tavolato concavo installato nel fondo del catino absidale.
I tre grandi restauri a cui la pala fu sottoposta nel 1893, nel 1924 e nel 1932, non risolsero il problema, nonostante puliture aggressive, foderature, velinature, stuccature, ridipinture... Il primo restauro tentò perfino una soluzione radicale, staccando la tela dal tavolato originario e portandola su un supporto planare, per consentire la circolazione dell’aria dietro la pala e per risolvere i problemi di “spanciamento” causati dalla forma concava. Ma dopo appena una decina d’anni già ci si era pentiti della scelta perché la variazione aveva stravolto l’idea progettuale del Tiepolo e aveva provocato nuovi danni alla tela, alterando e deturpando le linee architettoniche del duomo e gli arredi dell’abside.
Nel 1924 la grande Santa Tecla che impetra presso Dio Padre la fine della pestilenza, che, ricordiamolo, occupa una superficie di ben 30 metri quadri, fu “ricoverata” in palazzo Ducale a Venezia per essere rifoderata e collocata in un apposito telaio ricurvo. Nella stessa occasione fu realizzata una nuova cornice dorata in oro zecchino.
Ma la questione non fu risolta e nel 1932 si ricorse a un nuovo restauro, che si svolse nella sacrestia del duomo, senza spostare la tela dalla sua città. Emerge però dai documenti la preoccupazione che la pulitura del Tiepolo sia in alcuni punti troppo radicale. Questo fu comunque l’ultimo intervento profondo.
Altre due partenze del Tiepolo estense si ebbero in occasione delle guerre mondiali, dopo Caporetto, quando l’opera venne smontata dal telaio dritto, rullata, imballata, caricata su un camion e portata fino a Roma, e nel 1944.
Finalmente nel 2012 è arrivato il momento di un recupero radicale: «Mentre era a Sarmede – spiega l’architetto Claudio Seno, vicedirettore del Servizio diocesano per l’arte sacra e i beni culturali ecclesiastici, che ha coordinato le complesse operazioni di intervento e di spostamento – la tela è stata sottoposta a un’accurata pulitura della pellicola pittorica, liberata da tutti i depositi di polvere e fuliggine e i vecchi interventi che avevano nascosto completamente le delicate ma brillanti colorazioni originarie. Un lavoro certosino perché il restauratore, Franco Dal Zotto, ha lavorato su tasselli di un centimetro quadro per volta, intervenendo solo a microscopio. Nel 2015 la Parrocchia di Santa Tecla ha stipulato un contratto che scadeva a fine 2017 con il Comune di Sarmede, che grazie alla disponibilità del sindaco Larry Pizzol ha messo a disposizione e attrezzato gratuitamente un ambiente idoneo. Un’operazione di grande valenza culturale, perché durante il lavoro di restauro non solo tanti gli estensi, ma anche persone provenienti da altre parti del Veneto e oltre, che hanno fatto visita al cantiere. Le operazioni molto complesse di pulitura hanno richiesto uno slittamenti dei tempi e il Comune ha concesso una proroga fino a tutto il 2018».
A conclusione dei lavori previsti è stato organizzato il rientro della tela a Este per la seconda parte del restauro, che si articolerà in tre fasi. «Anzitutto – spiega ancora Seno – ora comincia il lavoro sul retro del dipinto, per comprendere la situazione delle foderature applicate per dare consistenza alla tela originale: in accordo con la Soprintendenza bisognerà decidere se eliminare completamente le tele di rifodera e applicarne nuove oppure aggiungere ulteriori tele di sostegno. La seconda fase riguarderà la sistemazione e il restauro del telaio. L’ultima operazione sarà il restauro pittorico con il ritocco delle parti che presentano piccole lacune di colore».
Come previsto dalla nuova convenzione firmata dalla Parrocchia con il Museo nazionale atestino e il Comune di Este, la tela è stata collocata in un posto molto visibile, la sala delle Colonne, in modo che le operazioni di restauro del retro del dipinto siano eseguite in un “cantiere aperto”. La tela è giunta l’8 febbraio e la disponibilità della sala è accordata fino al 30 giugno, con possibilità di slittamento, in caso di necessità, fino a tutto agosto. Sarà infine spostata in duomo per il ritocco pittorico in verticale, allestendo il ponteggio che verrà poi utilizzato per ricollocare la tela in abside.
Tutte queste operazioni hanno richiesto un accurato lavoro di squadra: oltre alla diocesi attraverso il Servizio per l’arte sacra, che ha coordinato la parte burocratica per gli aspetti organizzativi e assicurativi, c’è stato il pieno coinvolgimento della ditta delle restauratrici Valentina Piovan e Francesca Faleschini, che eseguirà la seconda fase del restauro, l’interessamento e la partecipazione attiva della Soprintendenza nelle persone di Elisabetta Francescutti, per gli interventi attuati a Sarmede, Monica Pregnolato e Luca Maioli, che hanno seguito tutte le fasi del lavoro da Sarmede a Este. Il Comune di Este ha affiancato le iniziative della parrocchia per garantire il rientro sicuro.
Il finanziamento della prima fase ha visto la partecipazione della regione Friuli Venezia Giulia, attraverso villa Manin di Passariano, del Ministero attraverso la soprintendenza, per studi e indagini diagnostiche, della Parrocchia e del Comune di Este, nella precedente e nell’attuale amministrazione, con un contributo diretto e con l’iniziativa “Aspettando il Tiepolo”, che ha consentito di raccogliere una cifra considerevole. La realizzazione della seconda fase è stata resa possibile dalla Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo che ha deliberato un contributo di 147 mila euro.
Durante i lavori di restauro architettonico e impiantistico del duomo, conclusi a dicembre, è stato analizzato il tavolato originale concavo, rimasto in opera, sul quale il Tiepolo aveva inchiodato la tela: è stato riscontrato un ottimo stato di conservazione del legno, che non ha subito alcun attacco di parassiti o agenti lignivori, anche perché l’artista si era premunito di isolarlo dalla muratura retrostante con uno strato di carbone di legna.