Don Riccardo Benetti nuovo prete: "Mi dono a Gesù e realizzo me stesso"
Nato il 14 marzo 1997 a Padova, ha una sorella ed è originario di Tombelle. È entrato in Seminario minore nel 2010, e, in questi anni, ha studiato al liceo scientifico. A settembre 2016 è entrato in Seminario maggiore. Negli anni di seminario ha prestato servizio nelle parrocchie di Saccolongo, Torreglia, e nell’unità pastorale dell’Arcella. Qui ha svolto il suo servizio diaconale.
Don Riccardo, l’ordinazione presbiterale è arrivata. Come ci si sente?
«È un passo importante. È come sposarsi. Le cose da fare sono tante e io, che sono uno che si agita all’ultimo, comincio ad agitarmi ed emozionarmi».
Se questo è come un matrimonio, la data del primo fidanzamento va molto indietro nel tempo, prima dell’ingresso in Seminario minore e poi al Maggiore.
«Certo, è partito tutto molti anni fa. L’ingresso al Minore non aveva questo scopo, ma mi ha aiutato a pormi la domanda su cosa il Signore volesse dalla mia vita. Ho potuto così interrogarmi su questa vocazione».
In un mondo nel quale si considera Gesù un’idea astratta, tu hai sentito la sua presenza e la sua chiamata. Cosa rappresenta per te?
«Gesù è una persona con la quale si può dialogare, ma anche una persona per la quale si può donare la vita. Donare la vita è una parola grande, ma per me questo percorso verso il ministero del presbiterato vuol dire questo».
Rinunciare a se stessi per conquistare il mondo?
«Non rinunciare a se stessi, quanto piuttosto stare con lui per realizzare se stessi. Donarsi totalmente a lui è realizzare quello che lui ha in mente per me e realizzare pienamente me stesso. Sono due cose che coincidono».
Niente mezze misure, in cammino per la felicità piena ma con i piedi radicati per terra dove sei nato, dove sei cresciuto, la comunità, la famiglia. In questi anni che cosa hanno fatto per te, qual è il tuo legame adesso e che cosa pensi potrà essere anche per la tua vita di sacerdote?
«Vengo dalla parrocchia di Tombelle. Sono molto grato alla mia comunità per quello che mi ha insegnato. Lì è nata e cresciuta la mia fede, lì è nata la mia vocazione. Sono molto grato anche alla mia famiglia perché in tutti questi anni mi ha lasciato veramente libero. Questo l’ho proprio percepito e mi ha aiutato molto».
Donarsi, donare se stessi per ottenere tutto ma allo stesso tempo anche un donarsi per la Chiesa, una Chiesa che inizierà a domandarsi che cosa il Signore vuole da lei per il futuro nel cammino del Sinodo.
Che tracce di futuro vedi?
«Sicuramente sento il futuro come un tempo di cambiamento. Magari l’idea di sacerdote che c’era un tempo è da cambiare. Eppure, ciò che a me sta a cuore è far sentire a ciascuno, tramite il Sinodo, l’amore che Cristo ha per tutti. Questa è la mia speranza, il mio auspicio ripensare la figura del sacerdote con questo taglio».
A un giovane della tua età che trovi per strada che cosa diresti?
«Direi che credere in Cristo è veramente bello, e per questo vale la pena di donarsi».