Ricostruire l’umano guardando al Cuore immacolato di Maria
Come ha più volte ricordato Papa Francesco, dalla pandemia si esce o migliori o peggiori. Guardare al Cuore immacolato di Maria, allora, significa guardare ad un’esperienza di vita e di fede in grado di suscitare la scelta di essere migliori e il cammino che ne deriva. Un’esperienza viva e vivente, non un puro “concentrato di ricordi”, la “fotografia commemorativa” di chi non c’è più: quando si parla di cuore, si parla infatti di vivi e non di morti. Dire “cuore immacolato di Maria” equivale allora a dire la persona vivente della Madre di Gesù, che lo Spirito Santo offre ai credenti come esempio materno di una vita totalmente riuscita e realizzata, immacolata perché piena di Dio e della sua opera di “ricostruzione dell’umano” realizzata in Cristo e da Cristo
Come ha più volte ricordato Papa Francesco, dalla pandemia si esce o migliori o peggiori. Guardare al cuore immacolato di Maria, allora, significa guardare ad un’esperienza di vita e di fede in grado di suscitare la scelta di essere migliori e il cammino che ne deriva. Un’esperienza viva e vivente, non un puro “concentrato di ricordi”, la “fotografia commemorativa” di chi non c’è più: quando si parla di cuore, si parla infatti di vivi e non di morti.
Dire “cuore immacolato di Maria” equivale allora a dire la persona vivente della Madre di Gesù, che lo Spirito Santo offre ai credenti come esempio materno di una vita totalmente riuscita e realizzata,
immacolata perché piena di Dio e della sua opera di “ricostruzione dell’umano” realizzata in Cristo e da Cristo.
Guardare al cuore immacolato oggi, in questo frangente della storia del mondo, è dire pubblicamente a tutti, credenti e non, che
la pandemia non ci ha tolto la possibilità di una vita realizzata e riuscita: la “ricostruzione dell’umano” realizzata in Cristo e da Cristo rimane una chiamata permanente,
un dono che mai viene meno, un cammino sempre possibile.
Su questa “ricostruzione dell’umano” in Cristo e con Cristo si misura il “meglio” o il “peggio” con cui rispondere alle molteplici sfide poste dalla pandemia e dalle sue conseguenze. Di conseguenza, guardare al cuore immacolato di Maria non può ridursi alle forme di una religiosità individualistica, sostanzialmente prigioniera della paura nei confronti di Dio, degli altri, della realtà e della storia. Una religiosità di “rifugio”, ai limiti del “ritiro sociale”.
La “ricostruzione dell’umano” che splende nel cuore immacolato di Maria e di cui la sua persona vivente si fa ispiratrice, apre piuttosto alla costruzione di molteplici legami all’insegna della fraternità e della pace:
legami da ritrovare, da sperimentare per la prima volta, da custodire, da condividere.
Legami che anziché imprigionare, rendono liberi, insegnano a dire “noi”, aprono alla giustizia.
Gian Matteo Roggio (*)
(*) mariologo, missionario di Nostra Signora de La Salette