Criminalità. Abbate: “Seduce ancora i giovani, conquistarli con la formazione”
Il giornalista, autore di inchieste su mafie e corruzione, considera il coinvolgimento dei ragazzi "un dato preoccupante": "Spinti anche dalla facilità con cui si può guadagnare, i ragazzi prendono le scorciatoie proposte dall'organizzazione criminale e mafiosa"

L’allarme è stato lanciato non molto tempo fa dal procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, ma è un fenomeno che non riguarda solo il capoluogo siciliano: “’Cosa Nostra’ continua a esercitare il suo fascino in certi ambienti come le borgate in cui i giovani hanno alternative di vita limitate e si identificano in rappresentazioni di potenza di cui ancora gode la mafia”. Un maxiblitz antimafia che a Palermo ha portato all’arresto di 181 persone. Ma l’affiliazione di giovani alle organizzazioni criminali è un fenomeno che non riguarda solo Cosa Nostra. Ieri a Roma, in un altro blitz tra Tor Bella Monaca e il Quarticciolo, ne sono finite in manette altre 26 tra cui diversi giovani. Ne parliamo con Lirio Abbate, autore di inchieste giornalistiche su corruzione e mafie, caporedattore de La Repubblica. “Un dato preoccupante – lo considera – perché non soltanto li coinvolge, ma restano affascinati dalla mafia, da Cosa Nostra, dall’organizzazione. E questa è culturalmente una perdita, oltre che un disvalore”.
“Bisogna capire, da questo punto di vista, perché in certe realtà Cosa Nostra, con tutto il suo male e la sua violenza, affascina ancora i ragazzi”.
Nell’ambito della attuale organizzazione di Cosa Nostra, i giovani quale ruolo ricoprono?
Hanno un ruolo di sentinelle, di allievi. Sono le giovani leve dell’organizzazione, quelle che sono mancate fino ad adesso in gran parte alle mafie. Perché con tutti gli arresti che ci sono stati è stato difficile realizzare un ricambio. Però, oggi, purtroppo vediamo che questo ricambio avviene e avviene fra i giovani.
Abbiamo visto, in particolare dall’ultima operazione antimafia a Palermo, che anche Cosa Nostra utilizza strumenti informatici che sono strumenti per eccellenza nelle mani dei giovani giovani. Questo può essere un elemento che spinge le organizzazioni mafiose a guardare loro con particolare attenzione?
I giovani portano in dote competenze, ad esempio nell’uso della messaggistica che si trova nei vari social. E ciò si unisce al bisogno di riservatezza dei meno giovani. Inoltre, Cosa Nostra vede dalle altre mafie che ormai il mondo della tecnologia è quello che le avvantaggia di più, come nel caso dell’uso di chat criptate. Quindi, osserviamo un mix tra due componenti: i giovani che vivono nell’era digitale e la tecnologia che agevola moltissimo gli affari mafiosi.
Quale fase sta vivendo Cosa Nostra?
Sta cercando di riorganizzarsi: è stata molto colpita dalle inchieste giudiziarie, però non è sconfitta e non è cancellata. Cerca di riprendere i propri territori in Sicilia. In altre zone del nostro Paese invece le mafie la fanno da padrona sia nel mondo economico che anche nella gestione del territorio. Oggi, in un quadro di crisi economica, le mafie riescono ad avere denaro da mettere a disposizione. E questo le rende potenti, tanto da occupare con un ruolo di primo piano l’economia legale del nostro Paese. I soldi offrono questa forza alle organizzazioni mafiose, che diventano forti nel corrompere, quindi riescono ad avere in mano persone che tradiscono i loro valori, i giuramenti che hanno fatto, o i politici che dovrebbero avere cura del bene comune. E invece sono dalla parte delle mafie.
Un ragazzo arrestato nell’ultimo maxiblitz a Palermo aveva recitato in un film il ruolo del piccolo Giuseppe Di Matteo sciolto nell’acido da Cosa Nostra. Come si spiega un fatto di questo genere?
I ragazzi fanno la prima cosa che purtroppo capita loro a tiro. Diventare ricchi e famosi è il primo obiettivo che hanno in testa e quindi con il cinema pensano di diventare famosi e poi anche di diventare ricchi. Ma non pensano al fatto che ricoprire un ruolo importante in un film che ha un suo valore sociale dovrebbe fare fare loro dei passi indietro, o comunque dovrebbe farli riflettere di più su quello che fanno. Invece la voglia di arricchirsi, la voglia di raccogliere denaro in maniera più facile rispetto al lavoro prende in loro il sopravvento.
Come può la società reagire a questo fenomeno mafioso che continua a colpire i giovani?
Il ruolo fondamentale è quello degli insegnanti. È la scuola primaria che deve fare in qualche modo da strumento di formazione, che deve inculcare i valori fondamentali. Il problema è che poi questi valori cozzano in molte realtà, in molti territori, con la cruda pratica del vivere.
E, quindi, spinti anche dalla facilità con cui si può guadagnare, di più e senza grande fatica rispetto a chi lavora, i ragazzi prendono le scorciatoie proposte dalle mafie.
Quegli insegnamenti che si possono ricevere a scuola così vengono presto dimenticati. Però questo non accade se la formazione è solida, se si ha una buona educazione.