Presentato il messaggio di papa Francesco
«Gridare, rispondere, liberare». Sono i tre imperativi contenuti nel messaggio di Papa Francesco per la seconda Giornata mondiale dei poveri, in programma il 18 novembre. «Un serio esame di coscienza», la richiesta, per dire no alla «fobia» verso i poveri e rifuggire dal protagonismo nelle attività a loro dedicate. Politiche «indegne», la denuncia, spesso opprimono o intimoriscono i poveri.
«Un serio esame di coscienza» per capire chi sono davvero i poveri e se siamo davvero capaci di ascoltarli. A chiederlo è il papa, nel messaggio per la seconda Giornata mondiale dei poveri, in programma il 18 novembre sul tema: “Questo povero grida e il Signore lo ascolta”. Tre imperativi – «gridare, rispondere, liberare» – per contrastare una cultura che tende a ignorare i poveri, i rifiutati e gli emarginati, presa com’è dalla trappola del narcisismo e del protagonismo. E che dimentica che la povertà non è cercata, ma è frutto di mali – antichi quanto l’uomo, ma pur sempre peccati – dalle «conseguenze sociali drammatiche». Come la «fobia» verso i poveri, considerati gente che porta con sé insicurezza e instabilità, quindi da respingere e tenere lontani. «Voci stonate», le definisce Francesco, che mette in guardia anche dalla tentazione della delega o dell’assistenzialismo e stigmatizza politiche «indegne di questo nome», che opprimono i poveri o li intimoriscono con la violenza.
«Il Signore – scrive Francesco – ascolta i poveri che gridano a Lui ed è buono con quelli che cercano rifugio in Lui con il cuore spezzato dalla tristezza, dalla solitudine e dall’esclusione. Ascolta quanti vengono calpestati nella loro dignità e, nonostante questo, hanno la forza di innalzare lo sguardo verso l’alto per ricevere luce e conforto. Ascolta coloro che vengono perseguitati in nome di una falsa giustizia, oppressi da politiche indegne di questo nome e intimoriti dalla violenza; eppure sanno di avere in Dio il loro Salvatore». «Nessuno può sentirsi escluso dall’amore del Padre, specialmente in un mondo che eleva spesso la ricchezza a primo obiettivo e rende chiusi in sé stessi», il monito del papa, che esorta a prestare la nostra attenzione «a quanti sono poveri, rifiutati ed emarginati».
«È il silenzio dell’ascolto ciò di cui abbiamo bisogno per riconoscere la loro voce», la tesi di Francesco: «Se parliamo troppo noi, non riusciremo ad ascoltare loro». Tante iniziative «pur meritevoli e necessarie», la denuncia, sono rivolte «più a compiacere noi stessi che a recepire davvero il grido del povero».
(Foto: Vatican Media/SIR)
«Non è un atto di delega ciò di cui i poveri hanno bisogno, ma il coinvolgimento personale di quanti ascoltano il loro grido»: l’assistenza è necessaria in un primo momento, ma guai a trasformarsi in assistenzialismo. La Giornata mondiale dei poveri, spiega il papa, «intende essere una piccola risposta che dalla Chiesa intera, sparsa per tutto il mondo, si rivolge ai poveri di ogni tipo e di ogni terra perché non pensino che il loro grido sia caduto nel vuoto. Probabilmente, è come una goccia d’acqua nel deserto della povertà; e tuttavia può essere un segno di condivisione per quanti sono nel bisogno, per sentire la presenza attiva di un fratello e di una sorella».
«La povertà non è cercata, ma creata dall’egoismo, dalla superbia, dall’avidità e dall’ingiustizia», ammonisce Francesco: «Quanti percorsi anche oggi conducono a forme di precarietà! La mancanza di mezzi basilari di sussistenza, la marginalità quando non si è più nel pieno delle proprie forze lavorative, le diverse forme di schiavitù sociale, malgrado i progressi compiuti dall’umanità…».
«Quanti poveri sono oggi al bordo della strada e cercano un senso alla loro condizione! Quanti si interrogano sul perché sono arrivati in fondo a questo abisso e su come ne possono uscire!». Come Bartimeo con Gesù, attendono che qualcuno si avvicini loro e li aiuti a rialzarsi. Al contrario, ricevono rimproveri e inviti a tacere o a subire: «Sono voci stonate, spesso determinate da una fobia per i poveri, considerati non solo come persone indigenti, ma anche come gente portatrice di insicurezza, instabilità, disorientamento dalle abitudini quotidiane e, pertanto, da respingere e tenere lontani».
«I poveri sono i primi abilitati a riconoscere la presenza di Dio e a dare testimonianza della sua vicinanza nella loro vita», scrive il papa, ma «per superare l’opprimente condizione di povertà, è necessario che essi percepiscano la presenza dei fratelli e delle sorelle che si preoccupano di loro e che, aprendo la porta del cuore e della vita, li fanno sentire amici e famigliari». Di qui l’apprezzamento per l’iniziativa del pranzo con i poveri, che ha caratterizzato la prima Giornata mondiale a loro dedicata in molte diocesi e che Francesco esorta a replicare anche quest’anno e negli anni a venire.
«Davanti ai poveri non si tratta di giocare per avere il primato di intervento», perché «non è di protagonismo che i poveri hanno bisogno»,
sottolinea il papa lodando le «innumerevoli iniziative» intraprese ogni giorno dalla comunità cristiana ed esortando alla collaborazione con altre realtà, ma «senza protagonismi di sorta», perché «i veri protagonisti sono il Signore e i poveri». No, allora, a «disprezzo e pietismo verso di essi», sì invece alla capacità di «rendere loro onore, dare loro la precedenza, convinti che sono una presenza reale di Gesù in mezzo a noi». Il mondo, invece, «insegue e imita coloro che hanno potere e ricchezza, mentre emargina i poveri e li considera uno scarto e una vergogna».
M. Michela Nicolais