Perché cerchiamo il Signore? Francesco ci chiede di riflettere sulle motivazioni della nostra fede
Come fare per passare da una fede magica, che pensa solo ai propri interessi, a una fede “che piace a Dio”?
Torna il tema del pane in questa prima domenica di agosto. La folla, che aveva assistito al miracolo, lo cercava, forse per farlo re. Gesù, però, non è più sul monte, non ci sono nemmeno i suoi discepoli. Quel giovane profeta li aveva affascinati con la sua parola, e poi li aveva saziati con il pane, per questo non volevano separarsi da lui; così salgono sulle barche e lo trovano a Cafarnao, “al di là del mare”. Il Signore è sempre oltre i nostri confini, le nostre parole, al di là delle nostre abitudini e delle nostre convinzioni; invito a guardare oltre il nostro naso, lasciare le cose spesso effimere per un qualcosa di duraturo.
Nella Bibbia il tema del pane è presente e accompagna il pellegrinare del popolo di Israele – la manna, termine ebraico man hu, che corrisponde alla domanda “cos’è” – quel vagare nel deserto, in un ambiente dove scarsissime sono le risorse di cibo. Il pane è importante anche nella storia dei cristiani perché è proprio il suo spezzare, cioè condividere, che identifica il discepolo; il pane della moltiplicazione, dell’ultima cena. Il pane.
Papa Francesco, parlando all’Angelus dalla finestra del Palazzo apostolico, ci dice subito che non basta cercare Dio, “bisogna anche chiedersi il motivo per cui lo si cerca”. Cercarlo per il pane che ha fatto distribuire, perché “avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”, come leggiamo nel quarto Vangelo, o accoglierlo perché egli è “il pane della vita”. La gente si era fermata al miracolo esteriore, si era fermata al pane materiale.
“Perché cerchiamo il Signore”, chiede Francesco. Quella gente ha dato più importanza, più valore al dono del pane che a colui che lo ha loro donato. Di fronte alle preoccupazioni quotidiane del mangiare e vestire, certo importanti, per venire ai nostri giorni le preoccupazioni del successo e della carriera, il Vangelo di questa domenica ci invita a guardare oltre. “Perché cerchiamo il Signore?” Il Papa ci chiede di riflettere sulle motivazioni della nostra fede. Abbiamo bisogno – ha detto – di discernere, perché tra le tante tentazioni che abbiamo nella vita ce n’è una che potremmo chiamare tentazione idolatrica. È quella che ci spinge a cercare Dio a nostro uso e consumo, per risolvere i problemi, per avere grazie a lui quello che da soli non riusciamo a ottenere. Per interesse. Ma in questo modo la fede rimane superficiale e miracolistica: cerchiamo Dio per sfamarci e poi ci dimentichiamo di lui quando siamo sazi. Al centro di questa fede immatura non c’è Dio, ci sono i nostri bisogni, i nostri interessi”.
“Al di là del mare”. Il Signore, ricorda il vescovo di Roma, “agisce ben oltre le nostre attese”; il suo è “amore vero, è disinteressato, è gratuito: non si ama per ricevere un favore in cambio”. Quelle folle – siamo anche noi stessi – sono preoccupate soprattutto di mantenere ciò che hanno avuto, e non sanno guardare “al di là del mare”; hanno attraversato il lago, magari rischiando, durante la traversata, ma alla fine si sono accontentate di una richiesta semplice, cioè saziare la propria fame materiale.
Come fare, allora, per passare da una fede magica, che pensa solo ai propri interessi, a una fede “che piace a Dio”? Ecco la seconda domanda, che il Papa propone alle persone presenti in piazza, ma in fondo a tutti noi: “che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?”. È la stessa domanda posta dalla folla a Gesù. La strada, ricorda Francesco, non è “aggiungere pratiche religiose o osservare speciali precetti”, ma “accogliere Gesù nella vita, vivere una storia d’amore con lui. Sarà lui a purificare la nostra fede. Da soli non siamo in grado […] prima delle cose che riceviamo e facciamo, c’è Lui da amare”.
Il Papa ricorda che questo vale “nei riguardi di Dio, ma anche nelle nostre relazioni umane e sociali: quando cerchiamo soprattutto il soddisfacimento dei nostri bisogni, rischiamo di usare le persone e di strumentalizzare le situazioni per i nostri scopi”. È brutto “usare le persone per il proprio profitto”, afferma Francesco, che aggiunge: “una società che mette al centro gli interessi invece delle persone è una società che non genera vita”. Gesù è “il pane della vita”; dall’amicizia con lui, “impariamo ad amarci tra di noi. Con gratuità e senza calcoli […] senza usare la gente, con gratuità, con generosità, con magnanimità”.