Papa Francesco all’udienza: “Chi vive in una grande città rischia di perdere la capacità di contemplare”
Per un cristiano, "non c'è contrapposizione tra contemplazione e azione". Lo ha spiegato il Papa, nella catechesi dell'udienza di oggi, dedicata alla preghiera contemplativa. Il punto di partenza: una lettera pastorale del card. Martini
“Chi vive in una grande città, dove tutto – possiamo dire – è artificiale, dove tutto è e funzionale, rischia di perdere la capacità di contemplare”. Lo ha detto il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca privata del Palazzo apostolico e dedicata alla preghiera contemplativa, ha citato la prima lettera pastorale di Carlo Maria Martini come vescovo di Milano, intitolata “La dimensione contemplativa della vita”.
“La dimensione contemplativa dell’essere umano – che non è ancora la preghiera contemplativa – è un po’ come il sale della vita”,
ha esordito Francesco: “dà sapore, dà gusto alle nostre giornate. Si può contemplare guardando il sole che sorge al mattino, o gli alberi che si rivestono di verde a primavera; si può contemplare ascoltando una musica o il canto degli uccelli, leggendo un libro, davanti a un’opera d’arte o a quel capolavoro che è il volto umano”.
“Contemplare non è prima di tutto un modo di fare, è un modo di essere”,
ha spiegato il Papa, secondo il quale “essere contemplativi non dipende dagli occhi, ma dal cuore. E qui entra in gioco la preghiera, come atto di fede e d’amore, come respiro della nostra relazione con Dio. La preghiera purifica il cuore e, con esso, rischiara anche lo sguardo, permettendo di cogliere la realtà da un altro punto di vista”. “La trasformazione del cuore da parte della preghiera”, ha proseguito Francesco citando una famosa testimonianza del Santo Curato d’Ars: “Io lo guardo ed egli mi guarda. La luce dello sguardo di Gesù illumina gli occhi del nostro cuore; ci insegna a vedere tutto nella luce della sua verità e della sua compassione per tutti gli uomini. Tutto nasce da lì: da un cuore che si sente guardato con amore. Allora la realtà viene contemplata con occhi diversi”.
“Io guardo Lui, e Lui guarda me!”.
È la sintesi della preghiera contemplativa, per la quale, come nella contemplazione amorosa,
“non servono tante parole: basta uno sguardo, basta essere convinti che la nostra vita è circondata da un amore grande e fedele da cui nulla ci potrà mai separare”.
“Gesù è stato maestro di questo sguardo”, ha ricordato il Papa: “Nella sua vita non sono mai mancati i tempi, gli spazi, i silenzi, la comunione amorosa che permette all’esistenza di non essere devastata dalle immancabili prove, ma di custodire intatta la bellezza. Il suo segreto era la relazione con il Padre celeste”. Come nella Trasfigurazione, quando Gesù sale su un alto monte con Pietro, Giacomo e Giovanni. “Proprio nel momento in cui Gesù è incompreso – se ne andavano, lo lasciavano solo perché non lo capivano – proprio quando tutto sembra offuscarsi in un vortice di malintesi, è lì che risplende una luce divina”, ha commentato Francesco: “È la luce dell’amore del Padre, che riempie il cuore del Figlio e trasfigura tutta la sua persona”.
“In Gesù Cristo, nella sua persona e nel Vangelo, non c’è contrapposizione tra contemplazione e azione”,
ha puntualizzato il Papa. “Alcuni maestri di spiritualità del passato hanno inteso la contemplazione come opposta all’azione, e hanno esaltato quelle vocazioni che fuggono dal mondo e dai suoi problemi per dedicarsi interamente alla preghiera”, ha fatto notare Francesco, spiegando che la contrapposizione tra contemplazione e azione “è venuta forse dall’influsso di qualche filosofo neoplatonico, ma sicuramente si tratta di un dualismo che non appartiene al messaggio cristiano”. “C’è un’unica grande chiamata nel Vangelo, ed è quella a seguire Gesù sulla via dell’amore”, ha ribadito il Papa: “Questo è l’apice e il centro di tutto. In questo senso, carità e contemplazione sono sinonimi, dicono la medesima cosa”.
“San Giovanni della Croce sosteneva che un piccolo atto di puro amore è più utile alla Chiesa di tutte le altre opere messe insieme”,
la citazione finale: “Ciò che nasce dalla preghiera e non dalla presunzione del nostro io, ciò che viene purificato dall’umiltà, anche se è un atto di amore appartato e silenzioso, è il più grande miracolo che un cristiano possa realizzare”. “E questa è la strada della preghiera di contemplazione”, ha concluso a braccio Francesco: “Io lo guardo, lui mi guarda. E’ lì l’ atto d’amore. nel dialogo silenzioso con Gesù, che fa tanto bene alla Chiesa”.