Pane che risana. Nell’eucaristia “Gesù ci ripete che la sua misericordia non ha paura delle nostre miserie”
L’eucaristia guarisce "perché unisce a Gesù: ci fa assimilare il suo modo di vivere, la sua capacità di spezzarsi e donarsi ai fratelli, di rispondere al male con il bene".
La liturgia di questa domenica, festa del Corpo e del Sangue di Gesù, ci fa fare un passo indietro e ci riporta in quella “camera alta”, la Sala del Cenacolo, già pronta per la cena pasquale, dove troviamo Gesù con i dodici; e dove ritroviamo quello spezzare il pane “carta d’identità” del credente, come diceva Benedetto XVI. Messaggio solidale e gesto di condivisione che già nei profeti dell’Antico Testamento indicava la volontà di compiere quel gesto per condividere il pane con i poveri, i bisognosi, gli affamati.
Le feste della Chiesa, come quelle ebraiche, fanno riferimento al ritmo dell’anno solare, alla semina e al raccolto. Così il Corpus Domini, al cui centro sta il segno del pane. Pane eucaristico, in primo luogo, cioè l’amore che trasforma ogni cosa, la speranza che proviene da Cristo e dà forza. Un Dio, ricordava ancora Benedetto XVI“che si è rivelato nascondendosi nel segno del pane spezzato”. Pane della vita, di cui tutti abbiamo bisogno; frutto della terra e del cielo. E pane che, ancora oggi nel mondo, non riesce a saziare tutti i popoli, dal punto di vista spirituale. Poi pane concreto, frutto del lavoro dell’uomo; anche questo non consegnato a tutti. Milioni nel mondo le persone che soffrono la fame.
Torna ad affollarsi piazza San Pietro per il consueto appuntamento dell’Angelus. Francesco commenta le letture soffermandosi su due concetti: donarsi e fragilità. Sono gli insegnamenti che Gesù ha dato nell’ultima cena, quando ha spezzato il pane: “il traguardo della vita sta nel donarsi”, dice il Papa, e “la cosa più grande è servire”. In quella sala Gesù, “con semplicità ci dona il sacramento più grande. Il suo è un gesto umile di dono, un gesto di condivisione. Al culmine della sua vita, non distribuisce pane in abbondanza per sfamare le folle, ma spezza sé stesso nella cena pasquale con i discepoli”.
Un gesto che permette di ritrovare “oggi la grandezza di Dio in un pezzetto di pane, in una fragilità che trabocca amore e condivisione”. Fragilità è la parola sulla quale Francesco ferma la sua attenzione, per dire che Gesù “si fa fragile come il pane che si spezza e si sbriciola. Ma proprio lì sta la sua forza. Nell’eucaristia la fragilità è forza: forza dell’amore che si fa piccolo per poter essere accolto e non temuto; forza dell’amore che si spezza e si divide per nutrire e dare vita; forza dell’amore che si frammenta per riunirci in unità”.
In quella cena è presente anche colui che lo tradirà, ma nella fragilità dell’eucaristia c’è anche “c’è anche la forza di amare chi sbaglia”. Proprio in quella notte in cui viene tradito “ci regala il dono più grande, mentre prova nel cuore l’abisso più profondo”, cioè il tradimento del discepolo, e questo, dice Francesco, “è il dolore più grande per chi ama”. Come risponde Gesù? “Reagisce al male con un bene più grande. Al ‘no’ di Giuda risponde con il ‘sì’ della misericordia. Non punisce il peccatore, ma dà la vita per lui. Paga per lui. Quando riceviamo l’eucaristia, Gesù fa lo stesso con noi: ci conosce, sa che siamo peccatori e sbagliamo tanto, ma non rinuncia a unire la sua vita alla nostra. Sa che ne abbiamo bisogno, perché l’eucaristia non è il premio dei santi, ma il pane dei peccatori. Per questo ci esorta: ‘non abbiate paura, prendete e mangiate’”.
Già al Concilio, nella Costituzione sulla Sacra liturgia, la Sacrosanctum Concilium, i Padri avevano sottolineato la “centralità della celebrazione eucaristica e Paolo VI, nel giugno 1968, dirà: togliamo l’eucaristia “dal segreto dei nostri Tabernacoli” e “la portiamo fuori, in faccia alla società laica e profana, in mezzo alle piazze, alle vie, alle case, dove si svolge la vita terrena”. Nell’eucaristia “Gesù ci ripete che la sua misericordia non ha paura delle nostre miserie”, dice Francesco, e soprattutto “ci guarisce con amore da quelle fragilità che da soli non possiamo risanare: quella di provare risentimento verso chi ci ha fatto del male”. L’eucaristia guarisce “perché unisce a Gesù: ci fa assimilare il suo modo di vivere, la sua capacità di spezzarsi e donarsi ai fratelli, di rispondere al male con il bene. Ci dona il coraggio di uscire da noi stessi e di chinarci con amore verso le fragilità altrui”. Nascendo, Gesù, dice Francesco, “si è fatto compagno di viaggio nella vita; nella cena si è dato come cibo; nella croce, nella sua morte, si è fatto prezzo: ha pagato per noi”.