I bambini ucraini tornati dalla Russia accolti in famiglia dalle diocesi italiane

L’appello di Caritas Italiana: i bisogni umanitari esplodono ma i governi tagliano i fondi. L’impegno accanto ai più piccoli, ai feriti di guerra, a persone con disabilità

I bambini ucraini tornati dalla Russia accolti in famiglia dalle diocesi italiane

La macchina dell’accoglienza si è già messa in moto. È quella del progetto “È più bello insieme” che anche questa estate porterà nelle diocesi della Penisola i bambini ucraini. “Saranno più di 600. E per loro tornerà l’ospitalità nelle famiglie”, annuncia il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello. Oltre 1.300 i ragazzi che nei tre anni di guerra hanno vissuto l’esperienza delle vacanze solidali in Italia. “Si tratta di un periodo di riposo e rigenerazione”, prosegue il direttore. Con una novità per il 2025.

“Abbiamo incontrato l’ambasciatore dell’Ucraina presso la Santa Sede, Andrii Yurash – racconta don Pagniello –. Vorremmo che fra i piccoli attesi nelle nostre Chiese particolari ci fossero anche i bambini rientrati dalla Russia”. Sono i giovanissimi che Kiev sostiene siano stati deportati dai territori occupati e che sono uno dei due ambiti della missione di pace affidata da Papa Francesco al presidente della Cei, il card. Matteo Zuppi.

Insieme con i prigionieri di guerra, sono proprio i bambini contesi al centro del negoziato umanitario alimentato dalla Santa Sede, fra i pochi canali che fanno dialogare direttamente Kiev e Mosca. “Quanto accade in Ucraina ci conferma che sono i ragazzi a pagare un prezzo altissimo nei conflitti. Un’intera generazione sta crescendo sotto le bombe, fra i lutti e la distruzione, in mezzo al rancore. Ecco perché il futuro si costruisce partendo dalle relazioni e dall’amicizia sociale. Soprattutto fra i giovani”, chiarisce don Pagniello.

Fin dall’inizio dell’invasione russa, Caritas Italiana è accanto alla gente dell’Ucraina. “A nome della Chiesa italiana”, dice il direttore. Una vicinanza che adesso si fa anche appello a non dimenticare la popolazione aggredita.

“Si rischia di abbandonare il Paese dal punto di vista umanitario. L’attenzione internazionale si concentra sul versante politico o militare, ma non si guarda ai bisogni sempre più rilevanti”,

afferma Ettore Fusaro. È uno dei quattro operatori di Caritas Italiana che si trovano in Ucraina. E da Kiev lancia l’allarme sul taglio dei fondi per la cooperazione. “È già pesante l’impatto dello stop decretato da Trump e dall’amministrazione statunitense. Però anche i governi europei vanno nella stessa direzione: meno 12 miliardi di euro di aiuti umanitari all’Ucraina da parte del nostro continente”. Da qui il monito di don Pagniello:“Le annunciate spese per il riarmo sono un controsenso rispetto alla storia dell’Unione europea. Serve una difesa comune, ma la pace non si raggiunge solo con le armi”.

Lo sa bene il gruppo di lavoro di Caritas Italiana che in Ucraina scommette sulla “solidarietà come via di rinascita” e che vede la Chiesa italiana a fianco delle due Caritas nazionali: Caritas Spes, espressione della Chiesa cattolica di rito latino, e Caritas Ucraina, organismo della Chiesa greco-cattolica. “Insieme rappresentano il primo attore umanitario presente nel Paese”, riferisce Ettore.

Emergenza e sviluppo sono oggi le due direttrici Caritas in quella che resta la “più grave crisi umanitaria degli ultimi decenni in Europa” e che “sta crescendo in modo esponenziale”. A contribuire all’escalation sono gli “effetti che tre anni di conflitto producono sulla società: l’impoverimento del Paese, la disoccupazione, gli sfollati di guerra da integrare, il collasso del sistema socio-sanitario, il disagio mentale”. Con il supporto dell’Agenzia italiana per la cooperazione e lo sviluppo del ministero degli Esteri, sono stati promossi due progetti di supporto e risposta integrata alla popolazione. Compresa quella che resta lungo la linea del fronte.

“Fra Kharkiv, Poltava, Dnipro garantiamo nei villaggi dove sono venuti meno i servizi essenziali non solo i kit di sopravvivenza, ma anche la presenza di cliniche mobili, la telemedicina, i percorsi di salute mentale”, dice Ettore.

Poi c’è l’altro grande capitolo targato Caritas Italiana: quello della cura e dell’inclusione dei disabili.

“Disabili intesi come persone che devono la loro disabilità al conflitto e che hanno urgenza di riabilitazione fisica e mentale. Il loro recupero psico-motorio sarà una delle maggiori sfide nel dopo-guerra. Perché le cifre di chi ha subito traumi sono enormi”.

Una pausa. “Ciò di cui ha bisogno l’Ucraina non è solo la ricostruzione delle infrastrutture, ma del suo tessuto sociale”, sottolinea Ettore. E don Pagniello conclude: “Caritas Italiana accompagnerà la ricostruzione e sta già lavorando per rafforzare le due Caritas nazionali in vista di quella fase nuova che speriamo arrivi al più presto”.

Giacomo Gambassi

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Fonte: Sir