La storia di Carrara Santo Stefano
La storia di Carrara Santo Stefano
Il documento con il quale Litolfo del fu Gumberto, probabile capostipite dei Carraresi, elargì alla chiesa di Santo Stefano una consistente donazione di terreni si conclude accennando alla presenza nel luogo di numerosi Benedettini. Si trattava di monaci di Cluny che avevano edificato la chiesa di Santo Stefano martire sopra la chiesetta sotterranea di Sant’Andrea, andata distrutta nel 1793. Dell’antico edificio rimangono preziose testimonianze nelle Memorie della chiesa ed abbazia di Santo Stefano di Carrara nella diocesi di Padova, scritte nel 1802 dall’abate Pietro Ceoldo. A partire dal 1293, l’architettura della chiesa fu modificata con la riduzione della struttura a una sola navata, e la costruzione di campanile adiacente. Gli estimi papali del 14° secolo parlano di tre cappelle annesse alla chiesa, la cappella di Santo Stefano di Carpanedo, di San Giorgio di Padova, e di San Giorgio cosiddetto “delle chiusure”. Quest’ultima fu in seguito annessa alla parrocchia di Lion. Nel 1406, il doge Michele Steno affidò la commenda dei beni di Santo Stefano all’arciprete di Cittadella, il cui intervento era stato determinante nella resa dei Carraresi alla Serenissima. Nel 1585, il commendatario cardinale Ferdinando de’ Medici ottenne da papa Sisto V l’affidamento della parrocchia a un vicario perpetuo. Nel 1793 il veneziano Nicolò Erizzo dispose la demolizione di tutti i fabbricati dell’abbazia a esclusione della chiesa con l’annesso campanile, delle case del vicario e del campanaro. Ciò fu possibile perché nel 1769 l’abbazia era stata demaniata dalla Repubblica di Venezia. Le costruzioni risparmiate dalla demolizione furono restaurate dall’abate Ceoldo l’anno seguente. I restauri successivi, diretti da Camillo Boito tra il 1877 e il 1877, e la successiva ristrutturazione a opera della Sovrintendenza delle belle arti restituirono all’edificio almeno parte del perduto splendore.