L'Arcella abbraccia don Claudio nell'ottava tappa della visita pastorale
Il futuro? Una pastorale incisiva e di testimonianza più che di conservazione. Desideriamo entrare in dialogo con tutte le confessioni religiose del territorio. Il vescovo approda per la prima volta in città, lungo il suo percorso che lo condurrà in tutte le parrocchie della diocesi. All'Arcella lo attendono le undici parrocchie del vicariato.
Si scrive Arcella, si legge vicariato. La tappa numero otto della visita pastorale del vescovo Claudio porterà per la prima volta il pastore in città per incontrare il gruppo più numeroso di parrocchie, almeno per quanto riguarda l’anno 2018-19. Ma non è tutto qui. Le undici comunità, infatti, compongono il vicariato dell’Arcella. E non si tratta di una casualità. Anzi. «Questo approccio vicariale ci piace proprio – afferma don Daniele Marangon, parroco a Sacro Cuore di Altichiero e vicario foraneo – Tutte le comunità hanno potuto camminare insieme nella preparazione e condivideranno lo svolgimento di questa visita. Mantenendo lo stesso passo, possiamo pensare il futuro. Si tratta di un importante valore aggiunto: nessuna comunità rimane indietro».
Da queste parti è viva l’eco della recente marcia della pace diocesana, che ha indicato i numerosi “Fatti di pace” presenti in questa “periferia”. La comunione che si respira tra le comunità cristiane, che si fanno interrogare dal territorio – multietnico e a volte complesso – ne è una riprova ulteriore. Lo confermano le parole di padre Simone Milani, frate conventuale, vicario parrocchiale a Sant’Antonino: «Sono qui da due anni e percepisco una comunità di chiese e di preti che si vogliono bene e che collaborano molto insieme, c’è un bel clima nel vicariato e nel clero e credo che si percepisca in tutto quello che proponiamo». E snocciolando il programma della visita, che si svilupperà tra il 15 e il 24 febbraio, balzano subito agli occhi gli appuntamenti di livello vicariale. Il gruppo giovani, gli operatori della catechesi e delle missioni, oltre ai gruppi Caritas, avranno essi stessi l’opportunità di incontrarsi, vedersi e raccontarsi vicendevolmente e a don Claudio, che da figlio, fratello e padre giunge anzitutto per ascoltare e accogliere.
Qui c’è un vicariato i cui confini superano quelli del quartiere. Sacro Cuore e Altichiero, come la stessa Pontevigodarzere, appaiono isolate dal nucleo storico arcellano, anche per il passaggio di importanti infrastrutture come la ferrovia e la tangenziale. I fenomeni sociali si stanno però sempre più omologando, rendendo sempre più opportuno il cammino condiviso delle parrocchie. L’Arcella rimane dunque un “laboratorio”. Non solo per osservare il meltin’ pot – il crogiolo di fedi, etnie e culture – direttamente dal poggiolo di casa nostra, ma soprattutto per immaginare la pastorale di domani. Proprio questo il vescovo Claudio ha chiesto ai sacerdoti del vicariato alcune settimane fa, dopo averli chiamati in episcopio per un dialogo: «Quale profezia è presente oggi in questo territorio? La domanda chiave è questa – riprende don Daniele – Siamo certi che una pastorale incisiva e di annuncio, anziché di conservazione, sia necessaria ormai ovunque. Abbiamo iniziato interrogandoci, analizzando il nostro territorio e non solo. Complice anche la marcia della pace sta nascendo un piccolo laboratorio, oggi ancora in forma embrionale, che si interessa delle questioni sociali e religiose: per arrivare alla conoscenza delle confessioni e delle religioni che si trovano in Arcella e per arrivare a un dialogo con esse, noi preti stiamo vivendo anche un percorso di formazione con don Giulio Osto. L’auspicio poi è di far nascere un’équipe per l’ecumenismo e l’incontro con le altre culture, formata anche dai laici».
Nel frattempo ci sono un territorio che interroga e una Chiesa che risponde. A Sacro Cuore, da due anni, un grande appartamento con 14 posti letto è aperto nel periodo invernale per chi non ha una casa dove andare. Ad Altichiero l’accoglienza invernale è consolidata. In tutte le parrocchie sono attivi doposcuola a cui accedono ragazzi in difficoltà segnalati direttamente dalle scuole. A San Carlo sono aperte da alcuni mesi alcune aule studio in collaborazione con l’università, entrate ora anche nell’orbita di un progetto più ampio di “rammendo delle periferie” che porta la firma dell’archistar Renzo Piano. Nell’unità pastorale all’Arcella, che unisce San Bellino, Santissima Trinità e San Filippo Neri, tre sono gli appartamenti che intercettano situazioni di necessità in collaborazione con Caritas e uno per la prima accoglienza gestito con i servizi sociali del comune. Accoglienza è anche la parola chiave su cui si regge Casa Enselmini, a Sant’Antonino, dedicata alla beata Elena, monaca e amica del Santo, che in un’ala del convento ospita malati oncologici e rifugiati. Qui agisce anche lo sportello lavoro, aperto nei sabati pomeriggio da un gruppo di laici con lo scopo di fare rete, attraverso il passaparola, redigendo curriculum a fianco di stranieri in cerca di occupazione. A Sacro Cuore poi è attivo anche l’insegnamento dell’italiano, frequentato oggi da un gruppo di nove mamme. In tutte le parrocchie si organizzano i pranzi di solidarietà domenicali come gesto di grande carità, nutrito all’Arcella dalla presenza costante della San Vincenzo che sostiene i bisognosi con grande attenzione e discrezione.
Le parrocchie intanto si preparano alla visita pastorale. A Sacro Cuore attraverso la preghiera e gli incontri a maggior frequenza del consiglio pastorale e del consiglio per la gestione economica. Al centro, l’analisi delle relazioni tra componenti, come pure la loro suddivisioni all’interno dei diversi gruppi associativi della comunità, per promuovere un cammino sempre più di comunione.
«Nella nostra unità pastorale – spiega don Gilberto Ferrara – viviamo questa visita secondo tre parole: attesa, curiosità per quanto il vescovo ci rimanderà leggendo la nostra quotidianità e prospettive. Gli organismi di comunione che nel 2018 hanno terminato il loro servizio ci hanno lasciato il compito di valorizzare ciò che accomuna le tre parrocchie e di comprendere cosa va sostenuto o rivitalizzato».
Dopo otto anni, la prima unità pastorale sorta in città coglie dunque i primi frutti: «Chi ha accettato la sfida vede tutta la positività di questa esperienza – continua don Gilberto – Soprattutto in termini di relazioni o nelle attività o iniziative per giovani e giovanissimi: se ogni parrocchia fosse rimasta a sé, non avremmo avuto animatori o ragazzi per dare vita a ciascun gruppo. Insomma, la visita è stata l’occasione per rileggere la nostra storia, abbiamo rivisto la fatica fatta, ma ne è valsa la pena. Ora vediamo quali punti di vista ci indicherà il vescovo per continuare il cammino, tenendo presente la nostra volontà di entrare in relazione con tutto il grande mondo di chi non frequenta la parrocchia o non crede, ma trova nei nostri patronati, attraverso i servizi che offrono, una porta aperta».
Padre Simone Milan da un lato racconta un consiglio pastorale giovane ed entusiasta, che si sta formando e informando su tutte le attività presenti alla parrocchia-santuario dell’Arcella, e desidera condividere come in famiglia tutte le impressioni, i desideri e le difficoltà di questa “periferia esistenziale”. Dall’altro ha negli occhi i numerosi giovani che frequentano il centro parrocchiale che dirige. E con loro si chiede: ma come raggiungiamo tutti questi giovani che vivono qui? La domanda è assai stimolante anche per Margherita Bordin, animatrice di San Carlo: «Sogno una Chiesa che sappia testimoniare, che sappia trasmettere gioia e curiosità anche alla maggioranza che non crede, o ha altre fedi, o crede in forma blanda. Però confesso che anche per noi giovani di oggi, testimoniare la fede non è semplice tra i nostri coetanei». Il collegamento tra Sinodo dei giovani e visita pastorale per Margherita, che compirà 22 anni proprio il giorno dell’incontro tra il vescovo e i giovani dell’Arcella (il 22 febbraio), è evidente: «Don Claudio prima ci ha dato la parola, ora viene a fare un tratto di strada con noi, a conoscere la realtà in cui viviamo».
La domanda sul futuro delle comunità dell’Arcella è chiara anche nella testa di don Marco Galletti, anche lui parroco nell’unità pastorale. «Quali forme di collaborazione saranno possibili? È Difficile da dire, certamente la sfida di condividere scelte e cammini non è mai vinta o persa, è un’attenzione costante da avere, tenendo presenti le differenze che esistono tra zone differenti anche dello stesso vicariato».
Il futuro però non è una questione dei soli giovani, che sono l’adesso di Dio, come ha detto papa Francesco alla Giornata mondiale della gioventù di Panama. Si tratterà di avere anche adulti credenti e credibili, come scritto nella lettera post-sinodale dei giovani. A questo punta il gruppo biblico, vicariale, condotto quest’anno proprio da don Marco, sugli Atti degli apostoli e sul tema della comunità. C’è un momento di preghiera in stile Taizè, una volta al mese. C’è “Talitha Kum”, gruppo nato per affidare al Signore persone che stanno attraversando fasi complicate della propria esistenza. E infine l’adorazione, che a San Filippo è perpetua.
La gente dell’Arcella dunque attende il proprio vescovo: per raccontarsi a un figlio, un fratello e un padre. Ma anche per ricevere l’incoraggiamento necessario per continuare a sperimentare la società e la pastorale del domani.