«Una seconda chance alla persona caduta»
Parla il cardinale Walter Kasper a cui è stato affidato il compito di tenere ai cardinali riuniti in concistoro la relazione introduttiva sul tema della famiglia: «Non è immaginabile che se uno cade in un buco, non c’è nessuna uscita. Questa immagine non è conciliabile con la misericordia». A riguardo del Sinodo: «Ci sono attese buone ma anche esagerate. Speriamo che il papa possa fare qualcosa».
Le attese, i questionari compilati in vista del sinodo della famiglia, l’ascolto del «popolo di Dio», una chiesa pronta a tendere una mano a chi è caduto. C’è un'atmosfera di grande attesa ed emozione, a Roma, attorno al concistoro convocato da papa Francesco. E a parlarne è il card. Walter Kasper a cui è stato affidato il compito di tenere ai cardinali una relazione introduttiva sul tema della famiglia. Il cardinale che ha guidato per tanti anni il pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, è a Roma anche per partecipare a un convegno internazionale della Comunità di Sant’Egidio. Ma fermandosi a parlare con i giornalisti, il pensiero si rivolge subito al momento cruciale che sta vivendo la chiesa e alla ventata di novità portata da ìapa Francesco.
«Grandi attese che non possiamo deludere». Il cardinale ammette subito: «Ci sono grandi attese. Ci sono attese buone ma anche esagerate. Speriamo che il papa possa fare qualcosa perché non si possono deludere tutte queste attese, soprattutto sulla famiglia. La famiglia è al centro di una crisi ma è anche la cellula della chiesa e della società. E qui è il vero problema di oggi». Grande sostenitore della collegialità nella chiesa, ancora oggi il cardinale si augura per la chiesa del futuro «più di sinodalità. Non si può fare tutto da Roma – dice – Si deve ascoltare e solo alla fine deve decidere il papa. Ma prima bisogna ascoltare. E questa sinodalità mi pare sia molto importante per prendere sul serio le decisioni e le opinioni degli altri». D’altra parte c’è un popolo che spinge: è quanto emerge dai primi risultati che da alcune conferenze episcopali stanno giungendo dai questionari diffusi in tutto il mondo dalla santa sede in preparazione del sinodo sulla famiglia di ottobre. Ma quanto può essere ascoltato il popolo? «Tramite il questionario – risponde Kasper – è ascoltato. Conosco soltanto i questionari della Germania, della Svizzera e dell’Austria. Per esempio non conosco i risultati dell’Italia e sarebbe comunque importante sapere che cosa pensano gli africani, o gli asiatici».
La dottrina «non è un lago stagnante». Non è facile per la chiesa navigare in mezzo a voci così diverse. È tutta una questione di equilibrio. «Dobbiamo ritenere la sostanza della dottrina – spiega il cardinale tedesco – ma le applicazioni possono essere un po’ diversificate perché le culture sono tanto diverse. Penso che il matrimonio ma anche tutta la vita cristiana siano un cammino e l’ideale cristiano è spesso presentato come un punto di arrivo e non un punto di partenza. Anche i santi non sono caduti dal cielo. Hanno fatto un cammino ed è compito della Chiesa accompagnare e consigliare il popolo su questo cammino. È il popolo di Dio in cammino». La dottrina quindi, prosegue Kasper, «non è come un lago stagnante. Anche la tradizione è viva, un torrente. E le esperienze del popolo di Dio devono essere rispettate».
La parabole del buon samaritano. Si delinea sempre più l’immagine di una chiesa con le porte aperte. «Sì – annuisce Kasper – è il messaggio di questo papa che spinge la chiesa ad andare fuori, a uscire nelle periferie, non soltanto delle città, ma anche nelle periferie dell’esistenza umana. Questo mi pare molto importante». Poi facendo riferimento alla parabola del buon samaritano, il cardinale Kasper aggiunge: «La chiesa deve essere un po’ come il samaritano anche nell’ospedale che è la famiglia. Deve cioè guarire le ferite che ci sono e aiutare». Papa Francesco – fanno notare a questo punti i giornalisti – dice che i sacramenti non devono essere vissuti come un premio. Perché allora chi ha patito una sconfitta nella vita deve sentirsi ai margini del popolo di Dio? «Ognuno che si pente e si converte – risponde il cardinale – può essere assolto. Crediamo nella remissione dei peccati. Noi veramente crediamo che ogni peccato possa essere assolto se il penitente si converte. Questo per me è il punto di partenza». E aggiunge: «Non è immaginabile che se uno cade in un buco, non c’è nessuna uscita. Questa immagine non è conciliabile con la misericordia. C’è una uscita per colui che si pente e si converte. Ma un buco senza uscita è per me impossibile». Dunque c’è una seconda chance? «Sì, certamente c’è una seconda chance se la persona è aperta”.