Sinodo sulla famiglia/9* Prospettive e problemi aperti
Se qualcosa dai prossimi due sinodi sull’evangelizzazione della famiglia ci possiamo e dobbiamo attendere, è anzitutto la presa di coscienza dell’avvenuta separazione di molte famiglie dalla comunità cristiana e in secondo luogo il riconoscimento delle enormi difficoltà che incontrano i genitori cristiani nel compito di consegnare il vangelo ai figli.
Sono questi, a mio giudizio, i motivi che rendono attuali e urgenti i due sinodi (il primo straordinario, il secondo ordinario) convocati da papa Francesco.
Due sinodi che riproporranno sicuramente la visione cristiana della famiglia come chiesa domestica, anche se non potranno ignorare il fatto che la famiglia è pure un’istituzione sociale da cui dipende il destino della società. Sulla rilevanza della famiglia in quanto istituzione sociale non c’è attualmente fra chiesa e stato quel fastidioso contenzioso che caratterizza altri temi caldi: divorzio, interruzione di gravidanza, fecondazione eterologa, testamento biologico, ecc.
La chiesa rivendica il primato dell’evangelizzazione, ma non rinuncia a considerare la famiglia la cellula della coesione sociale. Lo stato rivendica il primato della politica, ma partendo da preoccupazioni analoghe di tenuta del tessuto sociale. La domanda che ci si può fare è perché tale convergenza sia rimasta così a lungo su un piano di principio e non abbia portato molti frutti sul piano pratico. A questa domanda si può rispondere che non può esserci significativa evangelizzazione ed efficace politica della famiglia se non si prende atto dei profondi cambiamenti culturali, prima che religiosi e politici, che la famiglia ha attraversato e sta attraversando in occidente.
Rilevante nelle giovani generazioni è la tendenza a separare la famiglia dal matrimonio negando la necessità di riconoscimenti giuridici (religiosi e non) alle libere convivenze. Cresce anche il rifiuto di legare la propria concezione ed esperienza di famiglia a ideologie (religiose e non) che ne legittimino l’esistenza e ne prescrivano orientamenti e norme.
Caduto il modello della famiglia tradizionale si moltiplicano i sintomi di fragilità e precarietà del rapporto di coppia. Non si è ancora arrestato il progressivo impoverimento delle funzioni della famiglia, trasferite ad altre istituzioni sociali. Si è ancora alla ricerca di più precisi ruoli coniugali, parentali, filiali, fraternali, da sostituire a quelli tradizionali, in gran parte spazzati via dal processo di generale democratizzazione dei rapporti sociali. La sessualità, concepita non più esclusivamente in funzione della procreazione, stenta a trovare modelli di riferimento validi. Calano i quozienti di nuzialità e natalità, i matrimoni civili sono in crescita, aumentano le libere convivenze, così come i divorzi, dove non si siano stabilizzati su livelli consistenti.
Come reagiranno i prossimi sinodi davanti a una situazione del genere? È prevedibile che non si limitino ad affrontare lo spinoso problema della comunione ai divorziati risposati e tanto meno a ribadire la dottrina cattolica tradizionale sulla famiglia. È invece probabile che allarghino il discorso in due direzioni relativamente nuove, coerentemente con la dottrina e lo stile inaugurato dal concilio Vaticano II.
Dato per scontato il discorso sui principi generali circa il significato cristiano della famiglia i sinodi dovranno, da una parte, tentare la delicata operazione di ricucitura delle molteplici smagliature verificatesi in diversi settori della morale familiare, dall’altra elaborare un sistematico recupero della famiglia nell’ambito dell’evangelizzazione.
Il compito si presenta arduo e delicato non appena si pensi quanto è stato lacerante l’effetto prodotto in molti cattolici dalle prese di posizione tenute dal magistero della chiesa su temi quali la regolazione delle nascite, il divorzio, l’aborto, la fecondazione eterologa, il testamento biologico; e come ciò abbia provocato in molti cattolici una crisi di credibilità nei riguardi della dottrina cattolica in tema di morale familiare.
Al riguardo si possono attendere e sperare interventi chiarificatori per ciò che riguarda l’argomentazione naturalistica che sottende la questione dei metodi di regolazione delle nascite e la proibizione ai divorziati e risposati di fare la comunione; meno probabili sembrano novità in tema di educazione sessuale.
Quanto al progetto di inserire la famiglia in modo organico nell’ambito dell’evangelizzazione, i sinodi non potranno ignorare quanto sia cambiata la situazione rispetto ai tempi in cui la famiglia cristianizzata, se non proprio evangelizzata, svolgeva una funzione di prima socializzazione religiosa dei bambini, almeno fino all’adolescenza.
La famiglia oggi è contrassegnata dalla frantumazione. Più che di famiglia oggi si parla di famiglie: di fatto, ricostituite, lunghe, monoparentali. Si direbbe che nel supermarket della famiglia manca solo la famiglia normale, scomparsa ormai non solo dagli scaffali dei libri di formazione o specialistici, ma anche dai pubblici dibattiti.
Come se normalità volesse dire “e vissero felici e contenti” e non una storia di conflitti, contraddizioni, effetti e insieme causa di profondi cambiamenti della famiglia e nella famiglia. Se non si tengono in debito conto questi cambiamenti che sono, ripeto, culturali prima che politici e religiosi, parlare di evangelizzazione della famiglia rischia di diventare un esercizio retorico.
E il rischio, diciamolo francamente, c’è già: sia che ne parlino i vescovi, tradizionalmente inclini a riaffermare un’astratta centralità di una famiglia altrettanto astratta; sia che ne parlino i preti, senz’altro più vicini e attenti alle situazioni concrete, ma alle prese con ingarbugliati problemi morali e inclini a logiche di azione pastorale che li portano a scaricare sulle spalle di genitori affaticati, in particolare delle donne, problemi più grandi di loro. Difficilmente, quanto meno a breve, la chiesa potrà delegare ai genitori il compito dell’evangelizzazione.
E i motivi sono due: molti genitori, come abbiamo già ricordato, non fanno più parte della comunità cristiana o, se lo sono nominalmente, non sembrano in grado di espletare tale funzione in modo adeguato in quanto non sono stati evangelizzati.
In conclusione ciò che ci si attende dai prossimi due sinodi è, da una parte, una maggiore consapevolezza della chiesa dei cambiamenti culturali, oltre che strutturali, che sono intervenuti nella famiglia; dall’altra una mappa pastorale che articoli l’annuncio cristiano della fede con la realtà dei problemi familiari, delle contraddizioni, delle conflittualità, che si vivono quotidianamente in famiglia. Magari delineando una serie di itinerari e tappe di evangelizzazione diverse, perché ciò che importa, evangelicamente parlando, è aiutare uomini e donne, soprattutto giovani, a ripartire dal punto in cui si trovano e ricominciare a risalire verso un ideale di amore che la chiesa vede realizzato in Gesù Cristo. Ma che può aprire orizzonti nuovi e risvegliare potenzialità inedite in quanti, “piccolo gregge”, scelgono di essere segno e strumento di un’alleanza, quella di Cristo con la chiesa, che si fonda sull’alleanza antica e sempre nuova di Dio con l’umanità, del Creatore con tutte le sue creature.