Nuovo lo stile, meno i risultati
Il primo sinodo sulla famiglia si è concluso approvando la “relazione finale” a maggioranza assoluta, ma sui temi riguardanti i divorziati risposati e le coppie gay non ha raggiunto la maggioranza qualificata dei due terzi necessaria per l’approvazione. Si tratta per ora di orientamenti, non di decisioni.
Le decisioni verranno prese in un secondo momento, in un sinodo già convocato per ottobre del prossimo anno.
«Abbiamo ancora un anno per maturare soluzioni concrete alle sfide che affrontano le famiglie», ha detto papa Francesco al termine dei lavori del sinodo.
Ma intanto che dire di questa prima tornata sinodale? Le impressioni prevalenti sono positive, soprattutto in riferimento allo stile del dibattito, del confronto, che è sempre stato aperto, fraterno, ma anche franco e sincero, come aveva raccomandato il papa all’inizio dei lavori.
Un po’ deludenti invece, diciamo la verità, sono stati i risultati
Sono infatti riemerse le solite due anime del mondo cattolico: una più aperta e attenta a discernere i “segni dei tempi”; l’altra più chiusa e impegnata a difendere la “dottrina della fede”. Come previsto, per altro, trattandosi di un sinodo straordinario che aveva lo scopo di individuare i problemi e di preparare il materiale per ricercarne la soluzione.
Ritorneremo più avanti su questo materiale per un’analisi più dettagliata e approfondita. Per il momento potrebbe essere interessante illustrare la genesi dei risultati a partire dalla “relazione di sintesi” della prima settimana presentata al sinodo dal primate ungherese card. Erdo e poi rifluita nei circoli minori: dieci gruppi di lavoro suddivisi per lingua che l’hanno ripresa e discussa.
Ad accendere la miccia contro questa relazione è stato l'arcivescovo Stanisław Gadecki, presidente della Conferenza episcopale polacca, il quale alla radio vaticana ha fatto capire che era assolutamente da ritoccare: «troppo sovversiva» aveva commentato.
A dar man forte al prelato polacco sono intervenuti il card. Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede («Io non faccio parte della regia»), il card. Burke, prefetto della Segnatura apostolica («Informazione manipolata nei briefing ufficiali»), e il card. Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana durante i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI («Certe norme sono di diritto divino»).
A loro si sono poi aggiunti il card. Filoni, prefetto della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli («Quel testo così com’è non lo voterei») e il card. Napier, arcivescovo di Durban, Sudafrica («Va modificato in alcune sue parti»).
Una forza d’urto non indifferente.
Intanto i lavori del sinodo sono continuati confermando due dati: un nuovo modo di rapportarsi della chiesa con i fedeli divorziati, i conviventi, gli sposati civilmente, gli omosessuali, le coppie gay, ma anche forti resistenze al cambiamento della dottrina. Tanto più che nella “relazione di sintesi” del card. Erdo erano finiti apprezzamenti del tipo: “Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana”. Seguiti da una domanda rivolta ai vescovi di tutto il mondo: «Siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità?». E da una constatazione: «vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners».
Mai prima si erano lette frasi del genere nei documenti del magistero
Il vescovo Bruno Forte, segretario speciale del sinodo, è andato addirittura oltre entrando nel vivo di quella legge sulle unioni civili che l’Italia attende da oltre dieci anni: «Mi sembra evidente – ha dichiarato in conferenza stampa – che le persone umane coinvolte nelle diverse esperienze hanno dei diritti che debbono essere tutelati e codificati. È una questione di civiltà».
La reazione di cui abbiamo parlato non si è fatta attendere. Il più esplicito di tutti è stato il cardinale americano ultraconservatore Burke: «Non si può andare avanti in questo modo, ci saranno problemi». Parole che non potevano non avere un forte impatto sui lavori del sinodo. Tanto più che in parole tanto energiche e perentorie qualcuno aveva percepito aria di scisma.
Si spiegano così i risultati: solo qualche apertura sui divorziati risposati, ma non troppo
Su altre questioni che interpellano la pastorale e la dottrina della chiesa si attendono ora sviluppi e contributi da parte di fedeli, teologi e pastori di tutto il mondo, cui sarà presto inviato un nuovo questionario formulato a partire dal materiale raccolto ed elaborato dalla “relazione finale” di questo primo sinodo che tanto interesse ha suscitato e sta suscitando nell’opinione pubblica non solo cattolica ed ecclesiale, ma anche civile e mondiale.