Contro il rischio corruzione, avanti con la riforma del Terzo settore
Il "mondo di mezzo", emerso dall'inchiesta su Mafia Capitale, non è che la punta dell'iceberg di una metastasi estesa in tutto il paese, rispetto alla quale ha una grossa responsabilità la cosiddetta società civile. Sarebbe però arbitrario e anche ingiusto, estendere – come alcuni hanno fatto in queste settimane – al mondo del volontariato e del Terzo Settore, responsabilità che non ha. La riforma però va approvata in fretta.
La riforma del Terzo Settore può consentire maggiore trasparenza e controlli, per evitare che il mondo del no profit sia aggredito, com’è accaduto a Roma, dalle organizzazioni criminali.
La responsabilità della società civile
«Vicende come quella di Roma – ha detto il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone – sono la prova di un tumore per il quale i vaccini sono ben poca cosa, bisogna intervenire con meccanismi chemioterapici, c’è poco da vaccinare. Il dato certo è che il sistema della repressione non ha funzionato. Bisogna capire cosa non è stato fatto e cosa ancora si può provare a fare per risalire la china. La repressione da sola non è assolutamente utile a intervenire».
Non c’è che da concordare. Il "mondo di mezzo", quello che è venuto fuori dall’inchiesta su Mafia Capitale, non è che la punta dell’iceberg di una metastasi estesa in tutto il paese, rispetto alla quale ha una grossa responsabilità la cosiddetta società civile, che non si può contrapporre in maniera valoriale alla politica: è di 160 miliardi di euro all’anno l’ammontare della corruzione e questo denaro deve pur circolare e circola, dappertutto, nella catena degli appalti, dei subappalti e degli «affari» in genere.
Gli interessi danneggiati dalla vicenda di Roma
Se così è, sarebbe però arbitrario e anche ingiusto, estendere – come alcuni hanno fatto in queste settimane – al mondo del volontariato e del Terzo Settore, responsabilità che non ha. Una cosa, infatti, è dire che questo mondo deve usare (come tutti dovrebbero fare) più attenzione e più scrupolo nell’uso del denaro pubblico, altra è immaginare una sua contiguità con "esperienze" come quelle che sono emerse a Roma.
Sembra ragionevole, a questo proposito, quanto scrivono Ugo Biggeri e Marina Galati, rispettivamente presidente di Banca Popolare Etica e presidente del Comitato Etico, in una dichiarazione che compare sul sito www.bancaetica.it, quando sottolineano che nella vicenda che ha riguardato la Cooperativa 29 giugno, «è stato leso l’interesse generale della collettività a una sana e corretta amministrazione delle risorse pubbliche».
«Tra le parti lese – aggiungono – vanno considerati buona parte dei lavoratori della Cooperativa, persone provenienti da situazioni di disagio (ex carcerati, tossicodipendenti, diversamente abili) che grazie all’inserimento lavorativo dovevano avere un’opportunità per costruirsi un futuro diverso», oltre alle «persone che dovevano essere i beneficiari dei servizi della Cooperativa, come ad esempio migranti e richiedenti asilo, a cui evidentemente non sono arrivate tutte le risorse potenzialmente disponibili per aiutarle nei loro percorsi» e la stessa «Banca Etica, che ha dato credito, e quindi fiducia, a chi ha dimostrato di non meritarlo».
La trasparenza che può garantire la riforma del Terzo Settore
Banca Etica sottolinea che in 15 anni ha effettuato quasi 25mila finanziamenti, per un totale di 1,8 miliardi di euro.
«Possiamo dire – si legge a conclusione della dichiarazione – che nella storia di Banca Etica questo è solo un episodio, ma non vogliamo semplificazioni, vogliamo che questa vicenda sia una molla per cambiare in positivo le cose».
Non c’è dubbio che l’occasione è a portata di mano ed è fornita dalla riforma del Terzo Settore. Come sostiene Banca Etica si potrebbero «definire già in sede legislativa: parametri quantitativi e qualitativi che sottraggano le organizzazioni sociali da possibili infiltrazioni criminali; definiscano con maggiori obblighi di trasparenza il rapporto tra imprese sociali ed enti locali, eliminando le zone grigie in cui si annida la corruzione; potenzino il sistema dei controlli sulla qualità dei servizi erogati dalle realtà del privato sociale che gestiscono settori del welfare nazionale».