Via Duprè, immigrati che curano italiani nel cuore di Padova
I primi poveri a chiedere aiuto sono proprio gli italiani (38 per cento). In un anno oltre 500 persone curate, protesi dentarie e occhiali compresi. «Non facciamo differenze di nazionalità, di pelle, di religione – spiega l’assistente alla poltrona Michela Tommasin – trattiamo tutti con la stessa attenzione. Vengono a curarsi qui anche detenuti del carcere di Padova. Fa un effetto particolare vederli arrivare con la scorta e in manette, poveri in tutto. Ed è proprio qui che si deve dare il servizio migliore possibile, perché le persone non si sentano umiliate».
Tanti italiani e tanti minori per chiedere un aiuto per ciò che hanno di più prezioso: la salute. E a curarli, molto spesso, ci sono medici stranieri. È un miracolo di volontariato e di sussidiarietà l’ambulatorio gestito dalla Caritas in via Duprè 26, nel cuore della città di Padova.
L’ambulatorio, che fornisce prevalentemente cure odontoiatriche, ha visto negli scorsi dodici mesi l’arrivo di 525 persone: di questi, 240 erano nuovi pazienti. «La nazionalità prevalente – spiega Sara Ferrari di Caritas Padova – è quella italiana, col 38 per cento. Seguono marocchini, albanesi e romeni: gli stranieri sono il numero maggiore, ma non di tanto». 56 per cento i maschi, 28 per cento i minorenni.
Il servizio è attivo dal 1998, in uno spazio fornito dal comune di Padova in comodato d’uso gratuito, con un rinnovo di tre anni in tre anni. Oltre al comodato d’uso, il comune garantisce anche il pagamento delle utenze. «Accedono al nostro ambulatorio persone con Isee inferiore agli otto mila euro e una condizione socioeconomica che non permette loro l’accesso a cure private».
Ogni venerdì mattina una volontaria controlla i documenti e avvia alle cure, gratuite per un anno intero, alla scadenza del quale si verifica se le condizioni economiche siano migliorate.
«I medici al momento sono sette, tutti già con una loro attività avviata e che mettono a disposizione alcune ore del loro tempo a chi è in difficoltà. Di questi medici, ben quattro sono stranieri, per cui spesso capita che stranieri immigrati a Padova curino cittadini italiani in situazioni di disagio».
Oltre alle cure odontoiatriche, l’ambulatorio fornisce protesi dentarie gratuite grazie al contributo degli studi odontotecnici Ceramodent e Mavident: «Persone senza fissa dimora, con scarsa igiene dentale, si ritrovano anche da giovani a non avere più denti. Queste aziende ci aiutano a fornire protesi su misura che sul mercato sono costosissime». Da due anni queste concessioni gratuite riguardano anche gli occhiali, grazie alla collaborazione con Cbm Italia onlus e il consorzio Opto più: in totale sono 214 le paia di occhiali consegnate.
«Non facciamo differenze di nazionalità, di pelle, di religione – ricorda l’assistente alla poltrona Michela Tommasin – trattiamo tutti con la stessa attenzione. Vengono a curarsi qui anche detenuti del carcere di Padova. Fa un effetto particolare vederli arrivare con la scorta e in manette, poveri in tutto. Ed è proprio qui che si deve dare il servizio migliore possibile, perché le persone non si sentano umiliate».
Ogni giorno c’è una nuova storia da fissare nella memoria: «L’altro giorno, quando abbiamo comunicato a una mamma che finalmente potevamo applicare un apparecchio ortodontico a suo figlio, si è messa a piangere al telefono per la commozione. Lavorando qui dentro mi accorgo di quanta povertà ci sia a Padova, ma anche di quanta gratitudine siano capaci le persone».
Ma cosa cambia a chi viene aiutato, anche una volta sola? «Che le persone si sentono prima di tutto persone, appunto, non numeri o cose. C’è chi si stupisce del fatto che qui ci ricordiamo come si chiamano i pazienti, questo li mette a proprio agio e aiuta a ricordare il valore insito dentro ciascuno di loro». «È davvero un servizio prezioso quello che la chiesa sta facendo per Padova – conclude Michela Tommasin – anche per la qualità dei professionisti che lo concedono. E se ci fossero fondi maggiori si potrebbe immaginare di aumentare gli orari di apertura, diminuendo le liste d’attesa e servire più utenti».