Caritas diocesane a convegno per una chiesa dei poveri
Si è concluso a Cagliari il 37° Convegno nazionale delle Caritas diocesane sul tema "Con il Vangelo nelle periferie esistenziali". Il direttore monsignor Francesco Soddu: «Tutti possiamo vivere la povertà come vera ricchezza del cristiano, come insegna Papa Francesco. Non dobbiamo essere tanto una Caritas che dà, quanto piuttosto comunità e famiglia che condivide, senza pretese di potenza».
«Il convegno è stato il frutto di un lavoro condiviso, nato anche dagli incontri con le 16 regioni ecclesiastiche. In questi giorni è emerso chiaro che non possiamo rinchiuderci in noi stessi o restare schiacciati sotto il mostro della crisi, ma vogliamo uscire da noi stessi verso ciò che vorremmo essere, verso la novità dello Spirito, assumendo la logica del lievito». Così monsignor Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, sintetizza il 37° Convegno nazionale delle Caritas diocesane che si è svolto a Cagliari sul tema “Con il Vangelo nelle periferie esistenziali”.
Quattro giorni di lavori segnati dalle relazioni del presidente della Caritas Italiana, monsignor Giuseppe Merisi, del priore di Bose, Enzo Bianchi e di Chiara Giaccardi, docente all’università cattolica del Sacro Cuore, accompagnati da momenti di confronto sull’Europa, da comunicazioni sul convegno ecclesiale nazionale di Firenze 2015 e da gruppi di lavoro.
Parola d’ordine “decentrare!”. Sono stati proprio questi ultimi, animati dagli oltre 600 delegati, a mostrare lo stato di salute delle 220 Caritas diocesane e che hanno permesso a mons. Soddu, in chiave di bilancio, di parlare di «una Caritas sempre più decentrata e in cammino, come i Re Magi, aperta a ciò che lo spirito ci riserva. Una Caritas in uscita per incontrare, coinvolgere ed impostare una pastorale di conversione. Vogliamo "costruire famiglia" per cercare di unirci ancora di più».
Sullo sfondo l’esigenza di «una conversione pastorale, con tutta la fatica della ricerca e dell’interpretare i segni dei tempi nella consapevolezza di voler raggiungere "la carne viva del Signore" che abita il nostro tempo».
Dalle relazioni dei gruppi di lavoro, presentate da alcuni delegati, sono emerse le richieste di maggiore formazione anche per seminaristi e sacerdoti. Una formazione continua, non improvvisata, strutturata, tesa all’essere più che al fare, fondata sulla Parola, necessaria affinché attraverso il servizio venga veicolata un’animazione più consona ai bisogni e ai tempi.
Durante il confronto i delegati si sono chiesti anche cosa sia necessario aggiungere all’azione della Caritas, cosa necessita essere lasciato e cosa cambiato. Un’indicazione importante venuta da Cagliari, secondo il direttore di Caritas Italiana, è quella di puntare sui giovani: in questa prospettiva appare importante la prossima firma del protocollo di intesa tra Caritas Italiana e Miur per educare alla pace, alla mondialità, alla legalità e al dialogo, annunciata nel corso del convegno.
Poveri come risorsa. Il decentramento auspicato deve portare l’animazione della carità a essere inclusiva ovvero a coinvolgere anche i poveri che, lungi dall’essere ridotti a coloro che usufruiscono delle risposte, devono diventare protagonisti di questi percorsi ed essere sentiti come risorse. Risorsa, infatti, non è solo il denaro, che pure il priore di Bose, Enzo Bianchi, ha invitato a non demonizzare, ma soprattutto la comunità e l’accompagnamento.
“Poveri come risorsa”, ovvero lo stile della povertà intesa come ricchezza assoluta. Chiaro su questo punto il direttore della Caritas: «Siamo la voce della chiesa che ricorda alla chiesa stessa come dobbiamo essere: testimoni della carità di Cristo, perché tutti possiamo vivere la povertà come vera ricchezza del cristiano, come insegna papa Francesco. Sarebbe utile verificare le forme del nostro agire, dallo stile del coordinamento, alla congruenza delle forme giuridiche delle nostre opere segno. Serve vivere con curiosità, apertura e volontà di ascolto, tenendo presente lo stile della povertà. Non essere tanto una Caritas che dà, quanto piuttosto comunità e famiglia che condivide, senza pretese di potenza. A partire da questo possiamo identificare nuovi luoghi dove testimoniare la carità e mi riferisco alle famiglie, ai giovani, alle parrocchie, soggetti capaci di uscire sui territori ed evangelizzare».
Un lavoro da svolgere comunque senza l’ossessione di risultati immediati, superando anche la logica delle urgenze e delle emergenze. «Iniziare processi più che possedere spazi – ha affermato mons. Soddu che ha allargato lo sguardo anche a livello europeo e mondiale – Oggi è impossibile pensare di concepire un’Europa a prescindere dalle migrazioni. L’Europa dovrà mettere al centro l’uomo e non la finanza, le comunità e non le lobby, i poveri e non i potenti» quasi a rivendicare una nuova stagione di diritti per tutti, anche a livello mondiale, in vista del 2015, quando verrà definitivamente misurato il livello di conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio.
«Rimaniamo disponibili – è stato l’invito finale arrivato dal palco – a verificare l’esistente, sperimentando modalità nuove di evangelizzazione del sociale, a partire da alleanze inedite o rilanciate, con tutti coloro che vogliono vivere questa sfida di una carità che diviene testata d’angolo di ogni percorso di vita, di ogni comunità».