Fine vita, presto in aula le Dichiarazioni anticipate di trattamento
A dieci anni dal caso Welby, otto da quello Englaro, tre anni e mezzo dal deposito della legge di iniziativa popolare dell’associazione Luca Coscioni e dopo un anno di dibattito in Commissione Affari sociali della Camera con dodici sedute di audizione, il prossimo 20 febbraio – se la data non slitterà ancora una volta – il progetto di legge relativo alle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) dovrebbe arrivare in aula. Dalla chiesa la richiesta di evitare soluzioni semplicistiche e affrettate.
A dieci anni dal caso Welby, otto da quello Englaro, tre anni e mezzo dal deposito della legge di iniziativa popolare dell’associazione Luca Coscioni e dopo un anno di dibattito in Commissione Affari sociali della Camera con dodici sedute di audizione, il prossimo 20 febbraio – se la data non slitterà ancora una volta – il progetto di legge relativo alle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) dovrebbe arrivare in aula.
Non sarà una passeggiata perché ci sono da esaminare i 288 emendamenti ammessi dei 3.200 che erano stati presentati.
Così in questi giorni il dibattito sul testamento biologico si sta accalorando ed è ripartita la polemica tra chi chiede “tutela della vita sempre e comunque” e chi ritiene sia un diritto del paziente rifiutare i trattamenti, alimentazione e idratazione artificiali compresi.
«Il problema è che ci sono dei temi sui quali nessun partito ha da guadagnare potere, e sono proprio quelli i temi che, alla prima occasione utile, finiscono in fondo all’agenda. Uno di questi è il diritto dei malati ad essere liberi di decidere fino alla fine, anche attraverso il testamento biologico» ha dichiarato Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e promotore della campagna Eutanasia legale.
La relatrice Donata Lenzi, durante la discussione ha precisato che «l’oggetto delle cure e delle terapie non sono i corpi o le patologie, ma le persone. Persone che hanno proprie opinioni, una propria fede religiosa, che possono anche essere contrarie alla medicina tradizionale. Tutte queste convinzioni non possono essere trascurate, né in base alla nostra Costituzione, né in base alla modalità in cui viviamo la nostra società pluralista».
Molto critica la posizione di Gian Luigi Gigli, del gruppo parlamentare Democrazia Solidale-C: «La possibilità di sospendere idratazione e nutrizione assistite introduce, nei fatti, l’eutanasia in forma omissiva all’interno dell’ordinamento italiano», mentre l’associazione Pro Vita ha lanciato una petizione per chiedere ai deputati di bocciare il disegno di legge in discussione.
Fiducioso il capogruppo Pd Ettore Rosato:a suo parere, quello che arriverà all'esame dell'aula è un «testo di grande valenza culturale, sociale e politica, in commissione si sta facendo un ottimo lavoro, confidiamo possa esserci un’ampia maggioranza».
Ma i nodi da sciogliere sono ancora numerosi e decisivi.
Come ha ricordato il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, nella recente prolusione al Consiglio generale della Cei, non si può non nutrire preoccupazione per «le proposte legislative che rendono la vita un bene ultimamente affidato alla completa autodeterminazione dell’individuo, sbilanciando il patto di fiducia tra il paziente e il medico. Sostegni vitali come idratazione e nutrizione assistite, verrebbero equiparate a terapie, che possono essere sempre interrotte. Crediamo che la risposta alle domande di senso che avvolgono la sofferenza e la morte non possa essere trovata con soluzioni semplicistiche o procedurali. La tutela costituzionale della salute e della vita deve restare non solo quale riferimento ideale, bensì quale impegno concreto di sostegno e accompagnamento».