Né eutanasia né accanimento. Al fine vita serve una "pianificazione condivisa"
Né eutanasia né accanimento terapeutico. ma una “Pianificazione terapeutica condivisa”. È la terza via che propone l’associazione Scienza & Vita, nel documento “Con dignità, fino alla fine. Paziente e medico alleati per la vita”, presentato a Roma presso la sala stampa della Camera dei deputati.
Ad illustrare il testo il bioeticista Maurizio Calipari, responsabile ufficio stampa Scienza & Vita.
“Ciò che proponiamo ed auspichiamo” è “la virtuosa scelta di una pianificazione terapeutica condivisa che – si legge nel documento – nella situazione clinica concreta, dal momento dell’instaurazione dell’alleanza paziente-medico, veda entrambi i soggetti come coprotagonisti, nel rispetto reciproco dei propri ruoli e doveri specifici, nella gestione del percorso di cura per il raggiungimento degli obiettivi comuni di volta in volta prefissati”.
I doveri del medico, i diritti del paziente
Resta in carico al paziente “il diritto/dovere di assumere in coscienza la responsabilità ultima delle decisioni circa gli interventi medici cui sottoporsi”.
Spetta invece al medico “il dovere etico e deontologico di mettere il paziente – attraverso un’adeguata e completa informazione – nelle migliori condizioni per poter esercitare questa sua responsabilità etica”. A tale fine “sono da incoraggiare e diffondere possibili iniziative – per esempio, l’istituzione in ospedale della figura del medico tutor – che facilitano e migliorano il dialogo tra paziente e medico curante”.
Serve un quadro di valori condiviso
Ma perché l’adozione di una prassi di pianificazione terapeutica condivisa possa essere concretamente applicabile nella pratica clinica quotidiana, è necessario che essa faccia riferimento ad un “coerente quadro valoriale ed antropologico, con cui possano armonizzarsi, passo dopo passo, le singole scelte terapeutiche operate concordemente da paziente e medico”.
Un rapporto, in altre parole, che non deve “essere ridotto a un puro accordo contrattualistico tra i due”, ma deve rimanere “coerente con le finalità fondamentali dell’arte medica e la prospettiva del bene integrale del paziente”.
Scienza & Vita richiama al riguardo il valore imprescindibile della vita di ogni essere umano, che “mantiene la sua dignità indipendentemente dalle condizioni concrete in cui essa si svolge. Essa costituisce un bene primario della persona perché precede e consente lo sviluppo di tutti gli altri suoi beni e dimensioni, inclusa la qualità della vita stessa”. E proprio in quanto tale, “esige di essere riconosciuta e rispettata sia dal paziente sia dal medico”.