Vietnam: dietro la svolta “rosa”, il ritorno all'asse con Pechino
Svolta “rosa” per il Vietnam. Nella “tigre asiatica”, tutt’oggi stato comunista a partito unico, per la prima volta a fine marzo è stata eletta una donna a capo dell’assemblea legislativa (un parallelo dei parlamenti dei governi occidentali): è Nguyen Thi Kim Ngan, 61enne già a capo della programmazione finanziaria nell’area del delta del Mekong.
Se apparentemente il passaggio a una guida femminile potrebbe sembrare un ulteriore passo verso una maggiore apertura del paese, per altri aspetti recenti sviluppi politici potrebbero implicare un ritorno a un conservatorismo filo-cinese.
Il Vietnam conta 90 milioni di abitanti su 330 mila chilometri quadrati: una densità altissima, superiore a quella italiana.
Nel dopoguerra, la presenza di un forte partito comunista e il fatto di trovarsi sostanzialmente al confine fra le aree di influenza russo-cinese e americana hanno decretato una serie di conseguenze politiche, fino alla guerra di fine anni Sessanta.
Ma se oggi, ad Hanoi, la filosofia del partito unico è ancora dominante, come in precedenza ha fatto la Cina anche il Vietnam ha via via aperto la propria economia al mercato.
In particolare dal 2006, con l’avvento al governo del premier Nguyen Tan Dung: il primo ministro ha avviato varie riforme di stampo liberista, non ultimi l’ingresso nel Tpp (partenariato trans-Pacifico) e i negoziati con l’Unione Europea a fine 2015.
Proprio come in Cina, però, anche in Vietnam le redini del potere dipendono dal segretario del partito unico. Cioè il 71enne Nguyen Phu Trong, potente leader del partito sin dal 2011, conservatore e orientato al confinante colosso cinese.
A novembre scorso il leader cinese Xi Jinping ha visitato il Vietnam siglando con Phu Trong (e non con il premier “progressista” Tan Dung) una serie di accordi economici. Che l’“investitura” del gigante cinese sia servita o meno, è un fatto che a fine gennaio (fra il 26 e il 28) in una combattuta elezione al vertice del partito comunista vietnamita è stato riconfermato Phu Trong, considerato vicino alla vecchia guardia autoritaria, dopo un acceso dibattito con Tan Dung.
Ulteriori passaggi elettivi sono in corso in queste settimane, appunto a partire dall’elezione dei 493 membri della nuova Assemblea legislativa, ora per la prima volta con una guida al femminile.
Votata dal 95 per cento dell’assemblea, la nuova dirigente già a gennaio era entrata nella “stanza dei bottoni” del partito, il Politburo. Alla sua nomina è seguita quella del presidente della Repubblica Vietnamita, e capo delle forze armate: Tran Dai Quang, ex capo della polizia e ministro della pubblica sicurezza. Ma per il 59enne la nomina era scontata: era il candidato unico.
Infine, in questi giorni lo stesso primo ministro rimetterà il mandato. Il suo successore (è già deciso) sarà il vice Nguyen Xuan Phuc: ed entrambe le figure, presidente della repubblica e futuro premier, sono considerate vicine al segretario del partito unico.