IV domenica del tempo ordinario *Domenica 29 gennaio 2017
Matteo 5, 1.12a
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Beati?
Seguendo Gesù nelle ultime settimane abbiamo visto come lui non sia sceso dal cielo con un suo bel programma pronto da mettere in pratica, ma come invece abbia preferito guardare, informarsi, conoscerci, lasciarsi stimolare, e poi reagire e agire di conseguenza. Tutto quello che Gesù ha detto e ha fatto ha questa radice. Anche le pagine più famose nascono come una reazione a quanto Gesù andava scoprendo sulle persone che veniva a conoscere. Cosa aveva visto fino al momento in cui sale sul monte sul lago di Tiberiade e proclama le beatitudini?
Poco lontano c’era la città di Tiberiade, città nuova, fatta costruire da Erode come omaggio all’imperatore romano Tiberio. Tutto nuovo, tutto splendido, ma tutto simbolo di un potere che domina e sfrutta deboli e indifesi; chi protesta, come aveva tentato di fare il Battista, viene eliminato. Niente libertà e nemmeno dignità. Tiberio aveva dato il potere a Erode per mantenere tutto questo. Dall’altra parte del lago una robusta fortezza, sede principale del movimento degli zeloti, quelli che si opponevano in ogni modo allo strapotere dei romani. Non erano pochi: spesso appaiono anche nei vangeli, un paio di zeloti sono finiti anche tra i dodici apostoli. Il loro scopo è nobile, ma l’essere sempre ai ferri corti con i romani ha generato un clima di violenza, paura, repressione e sangue. Il pericolo si respirava forte. L’orizzonte mostra poi l’inizio della regione della Decapoli, dove si trovavano città greco-romane per usi e costumi. Era un mondo anche di ebrei, ma era ormai del tutto simile alle grandi città greche, quel mondo che tanto affascinava con la sua modernità, il lusso, i piaceri, quel mondo verso il quale era stato attirato il figliol prodigo.
Infine c’erano le piccole città e villaggi che Gesù aveva appena percorso. Da qui venivano di solito persone semplici, povere e umili. Gente sfruttata fino all’osso dal potere politico, annientata per la paura dall’arroganza dei romani, e costretta al formalismo da un potere religioso stanco. A tutti questi Gesù si rivolge e incredibilmente li chiama beati. Tutti sono venuti per sentirlo parlare e quando apre la bocca lui dice loro: beati voi. Gesù non fa teologia, constata. Si mette a proclamare beati i poveri: quelli che vivono in uno stato di insufficienza, che sia economica, sociale, culturale o spirituale. Proclama beati quelli che conoscono per esperienza diretta e personale il pianto. Proclama beati quelli che non sono prepotenti, che non usano violenza per farsi spazio. Che non calpestano nessuno per emergere. Proclama beati quelli che soffrono perché il mondo non procede seguendo i dettami di Dio. Proclama beati quelli che sanno perdonare. Proclama beati quelli che hanno il cuore semplice, che non dicono una cosa pensandone un’altra. Mi immagino la faccia di queste persone che stavano davanti a Gesù, non molto diversa dalle nostre facce se queste parole venissero indirizzate a noi oggi.
Penso a quelle persone che ho visto piangere perché tutto quello per cui avevano pregato giorno e notte non si è avverato e Gesù viene a dirmi che quelle persone sono beate? Come è possibile? Penso a quelle persone che hanno provato a portare un po’ di pace, comprensione o dialogo negli ambienti di lavoro, riuscendo solo a essere disprezzati da tutti, perché ognuno alla fine pensa che stiano dalla parte degli altri, e Gesù adesso mi viene a dire che sono beati? Come è possibile? Penso a quelle famiglie dove qualcuno per assicurare il vivere armonioso e sereno sopporta veramente di tutto, e nessuno attorno sembra ringraziare e neanche rendersene conto, ritenendo che tutti i sacrifici degli altri siano dovuti, e Gesù viene a dirci che costoro sono beati? Come è possibile?
A noi istintivamente viene da pensare che non è possibile, che Gesù si sta sbagliando alla grande, che non ha capito proprio fino in fondo quello che sta dicendo. Anche l’evangelista Matteo ha qualche difficoltà nel presentare questo discorso alle sue comunità, infatti è un po’ diverso da come lo riassume invece Luca. Luca dice «beati voi poveri», Matteo aggiunge «in spirito»; Luca scrive «beati voi che avete fame», Matteo aggiunge «di giustizia». Il senso profondo delle beatitudini non cambia, ma Matteo lo rende meno brutale, più facile da digerire. Aggiunge una dimensione più ampia, spirituale, che va oltre la crudezza del fatto materiale in sé. Lo stesso però ci sembra che Gesù si stia sbagliando.
Istintivamente a tutti sorge il dubbio che Gesù dovrebbe prendere le difese di queste persone e prendersela con chi li tiene in quelle condizioni. Forse però bisognerebbe smetterla di pensare e cercare di contemplare la realtà con gli occhi di Gesù. Che cosa aveva visto di così particolare da proclamare quelle parole? Aveva visto le persone dei villaggi visitati che non avevano lusso o potere da offrire e allora offrivano quei tesori inestimabili che erano loro stessi. Ed era la cosa più bella del mondo, qualcosa che faceva veramente sentire la beatitudine per la semplicità, la verità e la profondità del vissuto.
Poveri
Quando rileggo le beatitudini spesso mi torna alla mente una scena che ho vissuto in una favela in Brasile, quando da seminarista sono stato in visita alla nostra missione in quel paese. Entrati in una delle baracche, il prete che ci accompagnava presenta me e i miei compagni come futuri sacerdoti. La signora che abitava in quel luogo senza pavimento e con teli su dei fili che fungevano da muri mi prende le mani e mi dice: «Il Signore ti benedica». Quando nelle nostre case arrivano degli ospiti gli offriamo tante cose: caffè, dolcetti, da bere, magari un bagno. Dubito che offriamo mai una benedizione, il Signore. Chi non ha altro, chi ha solo lui può però offrirlo anche agli altri questo lui. Nella bibbia i poveri delle beatitudini, i poveri che cita Sofonia nella prima lettura sono quelli che possono fare affidamento solo su Dio, e riescono a raggiungerlo prima degli altri perché non hanno niente che si frappone fra loro e lui.