8 marzo 2017: un giorno all’insegna di donne concrete
Vorrei che questo 8 marzo fosse all’insegna di donne concrete, quelle di cui la cronaca di questo periodo ci ha mostrato il volto, ci ha consegnato le storie. Sono tante le immagini che passano davanti agli occhi: quella di molte donne comuni, con la loro vita di corsa, animata dal desiderio e dalla responsabilità di prendersi cura, di avere la testa a tutto, di tenere insieme una quantità di mondi che chiedono attenzione, competenza, parole, silenzi, misura. E tutto animato dalla stessa attitudine a uscire da sé per farsi attente agli altri. E se si allarga lo sguardo, si vedono folle di donne coinvolte in situazioni drammatiche…
Confesso che mi capita talvolta di essere infastidita dal fatto che l’8 marzo è diventata una delle ricorrenze che si aggiunge al calendario laico del consumismo. Ma poi penso che se anche solo per un giorno le donne possono passare qualche ora spensierata, libere delle tensioni quotidiane, tra famiglia, figli, lavoro, nonni, impegni vari, questa è una bella cosa!
È un giorno che è anche occasione per fare qualche riflessione che non faccia perdere la consapevolezza di quanto complessa sia la condizione della donna, nonostante conquiste e battaglie di lungo tempo. Ogni tanto papa Francesco ci ricorda che la vita delle donne continua ad essere segnata da discriminazioni e ingiustizie: lavorano di più degli uomini, sono pagate di meno, nei periodi di crisi perdono il lavoro per prime, sono costrette a scegliere tra maternità e lavoro e spesso sono sole a far fronte a tutto.
Vorrei che questo 8 marzo fosse all’insegna di donne concrete, quelle di cui la cronaca di questo periodo ci ha mostrato il volto, ci ha consegnato le storie. Sono tante le immagini che passano davanti agli occhi: quella di molte donne comuni, con la loro vita di corsa, animata dal desiderio e dalla responsabilità di prendersi cura, di avere la testa a tutto, di tenere insieme una quantità di mondi che chiedono attenzione, competenza, parole, silenzi, misura.
E tutto animato dalla stessa attitudine a uscire da sé per farsi attente agli altri.
E se si allarga lo sguardo, si vedono folle di donne coinvolte in situazioni drammatiche: quelle che sono vittime della violenza di uomini che dicono di amarle; quelle che sono state travolte dagli eventi della vita e nella solitudine non riescono più a trovare la strada del riscatto; quelle che, con i loro bambini in braccio, affrontano i “viaggi della speranza” fuggendo dalla guerra per raggiungere le frontiere chiuse di molti Paesi europei.
La lotta delle donne per la vita sembra non avere fine. E parla del loro coraggio,
quello elogiato da papa Francesco nella catechesi di qualche settimana fa, parlando della figura di Giuditta. Donna di grande bellezza e saggezza ma soprattutto di coraggio, Giuditta parla con la forza di un profeta e indica agli uomini il cammino della fiducia in Dio. In un momento drammatico per la vita del suo popolo, questa donna va avanti perché è coraggiosa e – soggiunge papa Francesco – «questa è un’opinione mia: le donne sono più coraggiose degli uomini».
Il coraggio delle donne è quello che le ha portate a quel cammino di emancipazione di cui Papa Giovanni Paolo II ebbe a riconoscere il valore in un bellissimo e quasi sconosciuto testo, intitolato Lettera alle donne. In esso si legge: «Non posso non manifestare la mia ammirazione per le donne di buona volontà che si sono dedicate a difendere la dignità della condizione femminile attraverso la conquista di fondamentali diritti sociali, economici e politici, e ne hanno preso coraggiosa iniziativa in tempi in cui questo loro impegno veniva considerato un atto di trasgressione, un segno di mancanza di femminilità, una manifestazione di esibizionismo, e magari un peccato!» (n. 6).
Qualcuno potrebbe pensare che ora donne e uomini abbiano uguali opportunità, che non ci siano più problemi di emancipazione. Purtroppo non è così; la cronaca ci ricorda che per tante donne il cammino verso il riconoscimento della propria dignità passa per percorsi tortuosi e non scontati, faticosi, duri, carichi talvolta di sofferenza, di rischio e di umiliazione.
Che questa giornata sia l’occasione per prendere coscienza di ciò che ebbe a dire Papa Francesco l’8 marzo 2015: «Un mondo dove le donne sono emarginate è un mondo sterile, perché le donne non solo portano la vita ma ci trasmettono la capacità di vedere oltre – vedono oltre loro – ci trasmettono la capacità di capire il mondo con occhi diversi, di sentire le cose con cuore più creativo, più paziente, più tenero».