Turismo sociale: cento proposte per una vacanza che sia veramente ricca. Di senso
Nella definizione di turismo sociale stanno oggi tante cose: un tempo era l’attenzione alle ferie estive delle famiglie dei lavoratori, nella società attuale è soprattutto il bisogno di aggregazione, di ritrovare contenuti, di essere solidali e attenti ai bisogni di famiglie, anziani, disabili e tanto altro.
Scoprilo scaricando gratuitamente lo speciale in allegato al servizio.
Viaggi e vacanze, un sogno.
Che il mondo, tra crisi economiche, crisi politiche, crisi umanitarie e terrorismi vari, sembra fare di tutto per impedire. Eppure, nonostante tutto, la gente che può viaggiare per turismo – perché c’è anche chi emigra e di quel viaggio farebbe volentieri a meno – appena può, lo fa. Magari cambiando meta, durata, mezzo di trasporto. Si viaggia. E con le difficoltà cresce la sensibilità verso quello che si usa ormai chiamare “turismo sociale”.
Nulla di nuovo, ma cambiano modalità e motivazioni delle vacanze.
«Da oltre 40 anni il Centro turistico Acli (Cta) si occupa di turismo sociale – spiega Matteo Altavilla, padovano, vicepresidente nazionale Cta e responsabile della cooperativa Rosa Blu che ha sede a Veggiano – Negli anni Sessanta l’associazione era nata per dare risposte concrete alla crescente domanda di turismo da parte dei lavoratori e degli operai: si offrivano occasioni di nuova socialità e crescita umana e culturale. Dagli anni Novanta il Cta si è trasformato in una vera associazione di turismo sociale impegnata, sull’intero territorio nazionale, a gestire la complessità della nuova domanda di tempo libero, generata dai nuovi modelli di lavoro e dai diversi stili di vita».
“Turismo sociale”, quindi, oggi è qualcosa di differente. Che vuole dire tutto e nulla.
Significa vacanze “popolari” ma anche attenzione ai bisogni di chi ha necessità particolari, che non sono necessariamente quelle di chi è disabile: sono quelle delle famiglie con bambini, degli anziani e, perché no, anche dei giovani che hanno necessità di reperire “senso”, esperienze che li aiutino a comprendere, a scegliere, ad appassionarsi.
Significa anche, nella società dell’individualismo, rispondere a bisogni che tutti abbiamo: di aggregazione, di riqualificazione del nostro tempo libero, di occasione per rendere concreti alcuni valori attraverso l’esperienza della socialità e della conoscenza.
«Insisto sempre perché nei nostri centri si canti – rivela Giuseppe Marangoni, presidente nazionale del Centro Turistico Giovanile (Ctg) – che è una cosa che oggi quasi non si fa più. E nelle nostre case vi sono tavolate, non tavolini, per favorire l’incontro tra chi non si conosce, magari partendo dal semplice farsi passare il sale».
E continua: «Turismo sociale è tante cose ma soprattutto non è “turismo povero”, di chi non può permettersi un altro tipo di vacanza. Al contrario, è un turismo ricco ma di contenuti. Vi sono dentro socializzazione, sostenibilità, solidarietà e molto altro».
«Il tema forte di un nostro recente congresso – conclude Altavilla – era “Turismo sociale, strumento educativo di conoscenza per un nuovo umanesimo”. Perché viaggiare è uno strumento che veramente attiva un nuovo umanesimo: fa incontrare nuove culture con cui si creano contaminazioni. Certo, non stiamo parlando di un “turista-consumatore” alla scoperta del mondo».
Un esempio sono i viaggi della memoria che proprio il Cta promuove, come quello ormai tradizionale pensato e organizzato assieme alla comunità ebraica, nei luoghi della Shoah. Fatto volutamente in pullman perché è un mezzo i cui tempi e spazi permettono di creare occasioni di scambio e approfondimento, con un esperto che aiuta a capire e un testimone che racconta.
Scopri i tanti volti del turismo sociale nello speciale allegato al servizio e scaricabile gratuitamente.