Settant'anni di Ucid: Orielle Favaro, presidente padovana nel biennio '85-'86
Comincia con l'intervista a Orielle Favaro, presidente dell'Ucid padovano nel biennio '85-'86, il percorso nella storia dell'Unione cattolica imprenditori e dirigenti che nel 2017 compie 70 anni.
In occasione dei settant’anni dell’Ucid nazionale, inauguriamo una piccola rubrica settimanale dedicata alla storia dell’associazione a livello locale. Fra le figure che hanno accompagnato la storia recente di Ucid Padova, c’è anche Orielle Favaro, presidente per il biennio ’85-’86. Imprenditrice nel settore edile, 88 anni, ha alle spalle una storia di oltre 60 anni di lavoro: solo l’anno scorso ha deciso di abbandonare l’attività gestita assieme ai fratelli, la Favaro Berto snc, e concedersi finalmente un po’ di meritato riposo.
La incontriamo nella sua casa di Altichiero: al piano terra gli ex uffici, al piano superiore il suo appartamento e quello del fratello, quasi a rendere ancor più evidente la contiguità fra la famiglia e l’azienda a cui ha dedicato tutta una vita. E Le imprenditrici sono ancor oggi una minoranza rispetto ai colleghi maschi, specie in un settore come quello edile...
«Mi sono trovata improvvisamente a fare l’imprenditrice a 23 anni, con la scomparsa di mio padre. Ero la figlia maggiore e non mi sono tirata indietro. Da tempo conoscevo l’azienda, fin da quando avevo 14 anni avevo dato una mano nella contabilità, dopo il diploma avevo iniziato a impegnarmi a tempo pieno. All’inizio (erano i primi anni Cinquanta, ndr) il mio ruolo suscitava un po’ di sorpresa. C’era chi tratto in inganno dal mio nome di battesimo poco comune fissava un appuntamento con me in cantiere convinto di trovarsi di fronte a un uomo e restava letteralmente a bocca aperta quando mi presentavo. Sorpresa iniziale a parte, sono stata sempre accolta bene».
Cosa ha rappresentato per lei l’esperienza dell’Ucid?
«Un’occasione di confronto importante con altre persone che vivevano i miei stessi problemi. Ci incontravamo, allora come oggi, al centro Antonianum. Momenti belli, in un clima conviviale, di amicizia: insomma, insieme si stava davvero bene. Un’esperienza che mi ha aiutato anche a “vivere” davvero nel mio ruolo di imprenditrice i valori in cui credevo».
In che modo?
«Negli anni della guerra e dell’immediato dopoguerra ho frequentato l’istituto Calvi a Padova. Ho avuto la grande fortuna di avere come professore di religione mons. Giovanni Nervo. È stata per me una figura di riferimento importante, che ha inciso nella mia formazione. Alcune scelte che poi ho fatto come imprenditrice nascono anche dal suo esempio. La partecipazione all’Ucid è stato un modo per mantenere vive quelle scelte».
Cosa ha significato per lei essere imprenditrice cristiana?
«Molto semplicemente rispettare i lavoratori, che negli anni più “felici” erano una quarantina. Conservo ancora tutti i libri paga. Ci siamo sempre impegnati a saldare con regolarità gli stipendi, in tanti anni non abbiamo mai avuto una controversia. Con i miei fratelli abbiamo cercato di essere seri nell’approccio al lavoro. Il settore dell’edilizia nel corso dei decenni è cambiato profondamente. Me lo lasci dire: negli ultimi anni, oltre alla crisi, abbiamo assistito a tanti comportamenti spregiudicati da parte di imprese nel nostro settore: quante speculazioni, quanti comportamenti sregolati! Il mondo era completamente cambiato e io proprio non mi ci ritrovavo più...».