Sempre più poveri, sotto un tetto precario
A Padova più di 300 persone vivono in strada o in auto. Sono la punta dell’iceberg di un disagio sociale crescente, che tocca in Italia almeno quattro milioni di persone e che il nuovo rapporto di Caritas diocesana analizza partendo dal lavoro dei 26 centri d’ascolto vicariali.
«Maestro dove abiti? È significativo e provocatorio che questo terzo report delle povertà e delle risorse, titoli con questa domanda rivolta dai discepoli a Gesù.
Subito dopo il maestro risponde “Venite e vedrete” e da lì nasce tutto un percorso di riconoscimento e sequela. È significativo riprendere questa dinamica del riconoscimento: ci dice quanto la dimora segni il nostro essere, la nostra identità, la nostra storia, il nostro futuro, la nostra presenza sociale. È provocatorio se pensiamo al disagio di quanti vivono la situazione di perdita o assenza della casa o comunque una precarietà o promiscuità abitativa».
Con queste parole iniziali, il vescovo Claudio presenta il terzo rapporto (2015) della Caritas diocesana sulle povertà e gli interventi che si mettono in campo.
Un dossier prezioso, perché frutto non solo di elaborazioni statistiche, ma dei dati (anzi del vissuto) raccolto da quanti operano in Caritas (26 centri di ascolto su 38 vicariati, 8 in più della scorsa edizione).
La povertà diffusa
“Povertà plurali”, le chiama Caritas nazionale nel suo rapporto 2015
Perché «la povertà ha molte facce», specie da quando la crisi si è rivelata, e continua a rivelarsi, un meccanismo perverso che allarga la forbice tra i pochi che hanno sempre di più, e i tanti che hanno sempre di meno.
Gli sportelli Caritas sono uno dei luoghi in cui più evidente appare questa inquietante deriva; oltretutto con una tendenza all’aumento degli italiani, in seguito alla crisi occupazionale.
Oggi nel nostro paese, segnalano i dati Caritas, gli indigenti assoluti hanno superato quota quattro milioni, una cifra più che raddoppiata nel giro di soli sette anni.
Non è certo esente da questo degrado l’ormai ex Veneto del miracolo economico; la crisi sta colpendo in modo pesante tutte le categorie, dai dipendenti agli autonomi, e perfino non pochi imprenditori. Contestualmente, diminuiscono le capacità di risposta della parte pubblica, in particolare dei comuni, mentre vengono chiamate sempre più in causa le organizzazioni non profit: diventa sempre più difficile fare fronte alla marea delle richieste.
Mutui e affitti insostenibili
Una simile situazione sta innescando un fenomeno decisamente preoccupante.
Mentre le reti esistenti, sia associative che parentali e amicali, riescono in qualche modo a garantire la soddisfazione di esigenze primarie (mangiare, vestire, curarsi, pagare le bollette), il progressivo impoverimento delle persone spinge molte di loro a perdere l’abitazione: l’impossibilità di far fronte all’affitto mensile o alla rata del mutuo porta un po’ alla volta allo sfratto o alla requisizione dell’alloggio, con esiti anche paradossali.
Gli istituti di credito, ad esempio, dispongono di un numero elevato di appartamenti pignorati in seguito al mancato pagamento del mutuo; un patrimonio edilizio in realtà sempre più deprezzato e di fatto invendibile.
L’indicazione più allarmante è che il disagio abitativo, nelle sue diverse configurazioni, ha raggiunto e superato la soglia dell’emergenza sociale, anche in conseguenza della carente o del tutto assente risposta pubblica nel settore: risultano sempre più ridotte le risorse destinate all’edilizia residenziale e al sostegno alle famiglie con basso reddito, così come quelle per il sostegno all’affitto.
Solo il 23 per cento degli interessati usufruisce infatti di una qualche misura socio-assistenziale; ad esempio, appena il 10 per cento ha potuto valersi della misura più diffusa, vale a dire il Fondo sociale affitto.
Così un numero crescente di persone sta perdendo la casa, con conseguenze estreme, che in alcuni casi possono arrivare alla perdita della residenza: il che significa rendere gli individui dei fantasmi, privi dei diritti più elementari.
In tutto il Nordest aumenta l’emergenza
Nello specifico, la situazione esistente a Nordest è documentata in uno studio dell’Osservatorio delle povertà e delle risorse delle 15 Caritas del territorio, riferito all’intero 2014 e dedicato all’accoglienza delle persone che versano in situazioni di marginalità gravi, sistemate nelle 108 residenze a disposizione: si tratta di poco meno di cinquemila persone, raggiungendo mediamente l’85 per cento dei posti; in larghissima maggioranza maschi (86), e stranieri (77).
All’inizio del 2015, le presenze consistevano in 1.097 soggetti, il 70 per cento dei quali straniero. Un terzo delle persone accolte erano al di sopra dei 50 anni, un terzo tra i 30 e i 40, e il rimanente al di sotto dei 30. In larga maggioranza (sette casi su dieci) si trattava di persone sole. Nel complesso, solamente poco più della metà risultavano in carico ai servizi socio-sanitari del territorio.
Dall’esame dei dati relativi alle accoglienze emergono sostanzialmente tre macro-aree di criticità
In primo luogo la casa, problema che riguarda la quasi totalità (93 per cento); quindi il reddito, che riguarda anche qui una fascia altrettanto estesa (95), oltre metà della quale priva di una qualsiasi fonte di entrata; infine il lavoro, che investe una quota estesa (90 per cento), per un terzo rappresentata da disoccupati.
Padova, 350 persone vivono per strada
Nella città di Padova si stima vi siano 300-350 persone che vivono in strada; tra queste, circa 15 famiglie vivono in auto.
Si tratta per lo più di persone sole, molto spesso italiane, o di nuclei familiari che non sono più in grado di pagare un affitto o di sostenere le spese del mutuo. I fondi regionali in favore della marginalità grave in pochi anni si sono ridotti del 90 per cento.
Ne consegue che solo una parte di queste persone riesce ad avere accesso ai servizi. In città sono presenti 82 posti letto di cui 12 per donne al Torresino, a questi si aggiungono alcuni posti dai Comboniani e 11 dai Rogazionisti, mentre Caritas mette a disposizione 32 posti letto: 16 in appartamento e altri 16 per donne attraverso Centro mondo amico e suore della Divina volontà.
Altre accoglienze sono gestite direttamente dai servizi sociali in convenzione con il privato.
Mettendo insieme tutte queste risorse si arriva a un totale di disponibilità nell’intera città che si avvicina ai 200 posti.
Questo significa che la restante quota di persone dorme in ripari di fortuna, case abbandonate o in costruzione o in case occupate (Razzismo stop, ad esempio, gestisce 60 posti letto a Casa don Gallo, in una struttura occupata), sotto i portici, nei pressi della stazione o di alcune costruzioni.