Bambini sempre più poveri, in Italia uno su cinque vive in famiglie senza casa o beni essenziali
Report Unicef: nel 2013, il tasso di povertà infantile in Italia è stato del 17,7%. In merito al divario reddituale relativo, l'Italia è al 35esimo posto su 41 Paesi Ue/Ocse. Guerrera: “Bisogna mettere al centro la famiglia. La reale misura dell’equità di una nazione è data dal modo in cui uno Stato si occupa degli ultimi".
Nel 2013, il tasso di povertà infantile in Italia è stato del 17,7%.
È questa una delle percentuali indicate da Unicef nell'Innocenti Report Card 13, Equità per i bambini: una classifica della disuguaglianza nel benessere dei bambini nei Paesi ricchi, classifica 41 Paesi dell'Unione Europea e Ocse sul divario tra i bambini che si trovano nella fascia più bassa della distribuzione e quelli nella fascia media. Il rapporto analizza la disuguaglianza in termini di reddito, istruzione, salute e soddisfazione nei confronti della vita.
In merito al divario reddituale relativo, l'Italia è al 35esimo posto su 41 Paesi Ue/Ocse.
In particolare, i dati mostrano che più di un quarto (27%) dei bambini del Paese viveva in famiglie ritenute soggette a deprivazione materiale perché non potevano permettersi tre o più dei nove beni essenziali, tra cui l'alloggio, il riscaldamento, un pasto proteico al giorno, un televisore a colori, una lavatrice o un'automobile.
Nel periodo 2008-2013 il divario di disuguaglianza reddituale è aumentato di 8 punti percentuali in quanto il reddito del 10° percentile è diminuito più velocemente di quello della mediana. Tuttavia, c'è stata una leggera riduzione del 6% nel divario grazie a prestazioni sociali. La posizione media dell'Italia per tutte le dimensioni relative alla disuguaglianza totale è 32 su 35 Paesi Ue/OCcse.
Contro la povertà, mettere al centro la famiglia
Analizzare il divario tra bambini poveri e ricchi per dare delle risposte concrete al problema della disuguaglianza. È quello che si propone di fare il primo rapporto sull’equità dei bambini realizzato dall’Unicef e presentato a Roma. La ricerca prende in considerazione 41 Paesi nel mondo ad alto reddito.
“Questo rapporto individua chi sono i bambini dimenticati, quelli più emarginati. Per sconfiggere la povertà e il divario tra i bambini che si trovano nella fascia più bassa e quelli della fascia media servono strategie condivise ma anche conoscenza. Solo conoscendo a fondo le cause si può agire in modo consapevole”, ha detto il presidente di Unicef Italia Giacomo Guerrera.
La ricerca prende in considerazione quattro variabili: reddito, istruzione, salute e soddisfazione nei confronti della vita.
Per quanto riguarda il reddito, l’Italia è al 35simo posto su 41 Paesi, nell’istruzione siamo al 22simo posto, nella salute al 28simo posto. Sulla disuguaglianza relativa in termini di soddisfazione nei confronti della vita il nostro Paese si colloca in 22sima posizione.
“Bisogna mettere al centro la famiglia. La reale misura dell’equità di una nazione è data dal modo in cui uno Stato si occupa degli ultimi. Nessun Paese fornisce la stessa base di partenza ai bambini”, ha continuato Guerrera. “Il nostro compito è quello di fornire elementi chiari e precisi alla politica che poi deve usare le risorse a disposizione per intervenire e fare qualcosa. Stiamo seguendo il piano nazionale povertà e offriamo tutta la nostra collaborazione. Siamo attenti anche a monitorare i tagli nel settore infanzia”.
Per Goran Holmqvist, direttore associato del Centro di Ricerca Innocenti dell’Unicef: “I nostri dati mostrano un aumento delle disuguaglianze economiche. I Paesi in cui il divario sull’equità dei bambini è minore sono Danimarca, Finlandia e Norvegia. Agli ultimi posti troviamo invece Italia, Israele ma anche Francia, Belgio e Lussemburgo. Questa situazione è dovuta principalmente alla crisi finanziaria: il sistema di protezione dei bambini più fragili non ha funzionato. Dobbiamo prima di tutto rendere la spesa pubblica più efficace e eliminare le disuguaglianze nella salute dei più piccoli”.
Alla presentazione del rapporto ha partecipato anche Linda Laura Sabbadini, direttore dipartimento per le statistiche sociali e ambientali dell’Istat: “Con la crisi del 2008 il problema della povertà dei minori è esploso in tutta la sua drammaticità. Mentre in passato gli anziani avevano una incidenza di povertà relativa non così diversa da quella dei minori, ora i più giovani stanno molto peggio dei loro nonni. La povertà dei bambini riguarda famiglie con un reddito solo, che hanno genitori operai o che lavorano in proprio. I bambini hanno pagato il costo più elevato. La situazione è peggiore al Sud, dove i livelli occupazionali sono più bassi”.
Per Sandra Zampa, vice presidente della Commissione parlamentare per l’Infanzia “la politica non ha saputo fare il suo mestiere e la vita dei bambini è peggiorata. Dal 2008 in poi sono stati tagliati i servizi di welfare. Non è sufficiente solo attuare politiche sulla famiglia: occorrono strumenti che arrivino direttamente ai più piccoli. I bambini più svantaggiati devono avere le stesse opportunità. Tra nord e sud il divario negli anni è diminuito perché il nord ha avuto un peggioramento. Siamo andati nella direzione contraria. In alcuni Paesi europei si è fatto il contrario: sono aumentati gli investimenti nel sociale. La politica dovrebbe guardare lontano ma siamo abituati a pensare solo al giorno dopo, a fare provvedimenti di corto respiro. Noi stiamo costruendo un Paese che spreca le sue energie perché non investe sui bambini”.