La nuova vita delle suore Visitandine a casa Madre Teresa di Calcutta
Suor Angelica è entrata nella congregazione delle monache della Visitazione di Santa Maria nel 1954, a vent’anni. Allora nel monastero padovano di riviera San Benedetto c’erano 45 religiose di clausura. Oggi, nel secondo anniversario del trasferimento della comunità a Sarmeola, al terzo piano della casa Madre Teresa di Calcutta, è superiora di una comunità di sette sorelle, una delle quali è in cura all’Opera della Provvidenza.
«Tutte e sette – dichiara con un giovanilissimo sorriso, moltiplicato dalle spesse lenti degli occhiali – siamo “over 75” e la più anziana di noi di anni ne ha 87, ma è abilissima nel confezionare rosari con i semi del nostro vecchio brolo».
«Per quanto “giovanili”, non riuscivamo però più ad accudire il grande, antico monastero di San Benedetto, dove la nostra congregazione si era trasferita più di 150 anni fa. Però ogni tanto ci torniamo ancora, per respirare l’aria della nostra storia...».
«Non che qui – precisa subito – a casa Madre Teresa non si stia bene, anzi. I responsabili, don Roberto Bevilacqua anzitutto, ma anche gli operatori, il personale, gli ospiti, tutti hanno accolto con grande amore e provvedono alle nostre necessità con una sollecitudine commovente. La cappella, dove frequentiamo la messa mattutina (celebrata da mons. Mario Morellato) e preghiamo insieme, è accudita dalle suore indiane che sono al servizio dell’Opsa, così sollevate da questa pur piacevole incombenza, ci dedichiamo ancor di più alla preghiera per tutti coloro, e sono tanti, che ne hanno bisogno. Non abbiamo più l’orto e il frutteto, è vero, alla cui cura ci dedicavamo con passione e fatica; ma qui non dobbiamo nemmeno cucinare e il parco della Provvidenza, per chi le sa cercare, è ricco di sorprese. Io sono montanara di Enego e trovo gusto a camminare tra queste piante, benché le gambe non siano più quelle di una volta...».
Per il resto, la giornata delle monache visitandine non è mutata di una virgola rispetto a due anni fa.
Ci si alza prima delle 5 per essere alle 6 in cappella, dove si partecipa alla messa e si prega con la liturgia delle ore; alle 8 si esce e dopo la colazione si lavora fino all’ora di pranzo.
Le monache aiutano l’Opera con interventi di cucito richiesti dal guardaroba e realizzano per la basilica del Santo piccoli reliquiari che confezionano con grande abilità e pazienza, servendosi di piccoli attrezzi da sempre in dotazione al monastero. Il pomeriggio trascorre allo stesso modo, tra lavoro e preghiera, prima della cena e del raduno comunitario serale.
«I nostri due fondatori – conclude madre Angelica – san Francesco di Sales e santa Giovanna Francesca di Chantal, hanno voluto aprire la congregazione anche alle vedove e alle donne deboli e inferme di salute che vogliono adorare il Signore in spirito e verità. Uno spirito di umiltà profonda, che cerca Dio solo e tende continuamente all’unione con Lui. Uno spirito che, pur non mettendo l’accento sulle austerità esteriori, ci impegna alla rinuncia interiore, con semplicità e gioia, nella vita comune, nella dolcezza verso il prossimo».