La Quaresima dell'Acr: non c’è guasto-peccato che il Padre non sani
In un viaggio l’imprevisto è sempre dietro l’angolo e il guasto al mezzo che si sta usando per muoversi non è una situazione così improbabile. I ragazzi dell’Acr in questa quaresima 2016 stanno appunto scoprendo come un inghippo, un guasto possono sì rallentare il cammino della propria crescita e vita quotidiana, ma c’è sempre la possibilità di ricominciare.
«Grazie all’intervento fatto di forza e tenerezza che Dio ci offre – sottolinea don Stefano Manzardo, assistente diocesano dell’Acr – E per restare nella metafora del viaggio, non c’è guasto né peccato che il Padre non possa farci sanare per ripartire. È giusto riconoscere i propri errori, sbagliare fa parte della vita, ma si può sempre ripartire. Questa è la misericordia ricevuta da Dio».
E quella che noi viviamo nei confronti degli altri come si traduce?
«Nell’accogliere l’altro come un fratello, come un dono che viene, senza pregiudizi, riconoscendo in chi è più povero il fratello amato e da amare».
Bambini e ragazzi sono capaci di misericordia?
«Certo! In primis perché sanno superare il rancore. Sono più puri di cuore degli adulti, hanno una memoria più sana e più libera. Non temono di ridare una possibilità all’altro di essere quello che è. Vivono senza pregiudizi il perdono, nell’accoglierlo e nel donarlo».
E per un educatore dell’Acr cosa significa avere misericordia nei confronti di ciascuno dei propri ragazzi?
«Significa saper guardare negli occhi all’altezza del suo cuore e saperlo educare, quindi crescere umanamente e spiritualmente, senza la pretesa di definire il tutto, o che il ragazzo sia e si comporti solo come vuole l’educatore! Dobbiamo lasciare il tempo a ciascuno di loro di crescere e fargli fare passi di cui è capace. Prendersene cura, facendolo camminare, ma con tenerezza e rispetto. Si attua così un doppio movimento: spingere avanti e tirare fuori dal ragazzo la ricchezza e la potenzialità che ha dentro, ma lasciare che abbia il suo passo. Senza pretendere».
Il metodo dell’Acr come aiuta in questo senso?
«Innanzitutto nel puntare molto su uno stile di relazione educativa anche nell’incontro personale con il ragazzo. In ogni Tackle da quest’anno c’è l’esplicito invito come educatori a muoversi in questa direzione. Altro aspetto è il cercare di mettere sempre al centro il ragazzo e renderlo protagonista dalla sua vita e delle attività che si propongono. Infine il favorire una dinamica di gruppo e tradurre davvero in pratica il progetto formativo e il cammino proprio dell’Acr, che è di qualità».
In questa quaresima 2016 cosa stanno scoprendo gli acierrini della diocesi?
«Nelle due scorse settimane hanno preso contatto con la propria vita e l’hanno letta, scoprendovi gli atteggiamenti che li allontanano dalla meta, e cioè dal seguire Gesù. Si sono quindi confrontati con gli altri e hanno imparato a chiedere aiuto. Adesso ascolteranno la voce di testimoni, adulti della propria comunità, che racconteranno la loro esperienza di “guasto” e poi di ripartenza... ma soprattutto impareranno a riconoscere lo sguardo d’amore e di conforto di Dio. Il tutto sotto la parola chiave di questo tempo che è “Sos”: la richiesta di aiuto a Dio e agli altri».
La quaresima si chiude come da tradizione con la festa delle palme che quest’anno coinciderà anche con il giubileo diocesano dei ragazzi.
«Domenica 20 marzo vivremo entrambi gli eventi in un’unica formula. Ma non possiamo già rivelare le sorprese... Se non che il segno più emblematico sarà l’entrare tutti in Cattedrale passando per la Porta della misericordia».