Domenica 27 dicembre a Cona la comunità celebra in inglese con i profughi
La messa dell’accoglienza. Così si potrebbe definire quella che viene celebrata domenica 27 dicembre, festa della Sacra Famiglia, alle ore 15.30 nella chiesa parrocchiale di Cona insieme ai profughi ospitati nella base militare di Conetta.
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Sarà una celebrazione comunitaria natalizia, a cui è invitata l’intera unità pastorale composta dalle parrocchie di Cona, Cantarana, Monsole e Pegolotte. La lingua della liturgia non sarà però l’italiano, ma l’inglese, in segno di benvenuto ai profughi ospitati da qualche mese nella base militare di Conetta. «Già da fine luglio – spiega il parroco moderatore don Stefano Baccan – quando sono arrivati i primi giovani ci siamo posti il problema di come accoglierli, perché si sentissero “chiamati per nome”, accompagnati nel loro cammino. Il punto di incontro che abbiamo ritenuto di usare è rappresentato dai cristiani, una ventina, che vengono a messa la domenica, perché nella base nessuno può entrare senza autorizzazione. Circa l’8 per cento dei presenti nella base sono cattolici, in maggioranza nigeriani di lingua inglese, anche se ce ne sono alcuni di lingua francese. Quindi abbiamo cercato su internet le letture della domenica in inglese e francese e le abbiamo distribuite all’inizio di due celebrazione eucaristiche domenicali: alle 8.30 nella chiesa di Conetta e alle 11.15 in quella di Cona. Celebriamo la messa in italiano, gli ospiti del campo seguono le letture nella loro lingua e, alla fine, uno di loro dall’ambone proclama il vangelo in inglese, in modo che possano ascoltare la parola di Dio e non solo leggerla nel foglietto».
Alla fine di ogni messa con alcune persone che parlano bene l’inglese ci si ferma per fare un po’ di conversazione, chiedere se hanno qualche necessità. Ogni aiuto comunque passa attraverso la cooperativa che gestisce la base, in modo da non fare differenze e non creare problemi a una convivenza già difficile in un centro che ospita etnie, nazionalità, religioni diverse.
«A noi – precisa il parroco – sembra che vengano tutti da “l’altro mondo”, ma in realtà vengono da molti luoghi diversi e gli stessi africani non hanno in comune la stessa cultura perché chi viene dalla Nigeria ha poco da spartire con chi viene dall’Etiopia o dall’Eritrea. Figuriamoci con quelli che vengono dal Bangladesh o dall’India».
La comunità ha accolto bene questa presenza. Un po’ alla volta, conoscendoli e incontrandoli per la strada o a messa, ci si è resi conto che hanno solo bisogno di essere accolti. Allora la gente, accompagnata dai sacerdoti e dal gruppo Caritas, si è aperta all’accoglienza, cercando di parlare con loro, di metterli a loro agio nelle piccole occasioni che aveva per avvicinarli.
«Per estendere l’accoglienza a tutti – continua don Baccan – abbiamo pensato di chiedere che quelli che vengono a partecipare all’eucaristia si facessero portavoce con gli altri della base, in gran parte musulmani, che qui potevano incontrare un ambiente accogliente e ospitale, che comprendeva le loro difficoltà, a volte i loro drammi, e si adoperava per rendere possibile qualche forma di fraternità. Abbiamo scelto di tenere un profilo basso in modo da rispettare le competenze e i desideri di ciascuno, senza forzature».
Nella messa di domenica 27 dicembre don Raffaele Coccato, parroco di Agna e buon conoscitore della lingua inglese, presiederà la concelebrazione dei sacerdoti di tutta l’unità pastorale. Saranno gli africani i protagonisti della celebrazione, nella preghiere e anche in alcuni canti eseguiti nella loro lingua e concordati la domenica precedente. La Parola di Dio sarà letta anche in italiano e l’omelia sarà detta in inglese e poi riassunta in italiano. Dopo la messa ci sarà una semplice festa in patronato. Sarà un passo avanti per incoraggiare la partecipazione degli ospiti. «Non vogliamo fare forzature, ma pensiamo che diventerà l’inizio di un’apertura maggiore nei confronti di questi nostri fratelli. Vorremmo poter fare un incontro in cui chi se la sente venga a raccontare la sua storia, in forma di condivisione».