Come comunicano le parrocchie? Carta e bollettini rimangono i mezzi preferiti
È uno dei dati che emergono dalla ricerca Sonar, promossa dall'ufficio per le comunicazioni sociali della diocesi di Padova e realizzato in collaborazione con l'Osservatorio socioreligioso del Triveneto. Barbara Vettorato, coordinatrice vicariale di Maserà per la comunicazione, sottolinea come l’utilità del bollettino parrocchiale cartaceo, ma anche agli avvisi dei parroci a fine messa, abbiano colpito i presenti alla presentazione della ricerca. La difficoltà resta però raggiungere chi ha ruoli attivi in parrocchia
Il coordinamento pastorale del vicariato di Maserà ha accolto con interesse i risultati della ricerca Sonar sulla comunicazione nella diocesi di Padova, promossa dall’ufficio delle comunicazioni sociali e realizzata dall’Osservatorio socioreligioso del Triveneto. L’occasione della presentazione è stata motivo di confronto ulteriore tra laici e preti, come pure di rilancio e di approfondimento sulla ricerca alle singole comunità parrocchiali.
«I principali aspetti che hanno colpito e sorpreso la maggior parte delle persone a cui sono stati presentati i risultati – afferma Barbara Vettorato, coordinatrice vicariale per la comunicazione – sono stati due: il dato sull’utilità, riconosciuta dalla maggioranza degli intervistati, del bollettino parrocchiale e del persistere della richiesta del cartaceo; e l’estrema positività, sottolineata da tanti, degli avvisi e comunicazioni dei parroci al termine della messa. Gli strumenti tradizionali dunque, scritto e parlato, rimangono in cima alle preferenze degli ambienti di chiesa, anche se i più giovani evidenziano da parte loro la stringente necessità di essere più presenti in rete».
Il riscontro dell’uniformità delle risposte tra laici e preti viene letta sotto due aspetti diametralmente opposti. «Da un lato rappresenta una risorsa e rende le comunicazioni e relazioni più fluide e allineate, dall’altra un limite perché non genera diversità di pensiero e dunque cambiamento e novità.
Si è percepito e si sente lo scollamento e lontananza tra laici impegnati e fedeli: risulta difficile il coinvolgimento e la comunicazione con chi non ricopre ruoli attivi all’interno della comunità. Un dato che ha colpito, ed è risultato interessante, è rappresentato dal fatto che la ricerca ha messo in evidenza come chi appartenga a gruppi, come Azione cattolica, Agesci, Caritas, esprima giudizi più critici e meno positivi circa lo stato della comunicazione, quasi a dire che l’indipendenza che caratterizza le associazioni consente di conservare uno spirito critico che potrebbe essere utile perché porta contraddittorio e novità».
Dal confronto sui dati emersi dalla ricerca sono nate anche nuove idee e progetti da mettere in campo. «Primo: sensibilizzare i consigli pastorali – riporta la coordinatrice – a dedicare un tempo specifico all’interno delle riunioni per dare spazio alla condivisione delle comunicazioni e iniziative presenti nel vicariato e nella diocesi, per avvicinare maggiormente il centro con la periferia e far respirare una dimensione più ampia della sola realtà parrocchiale. Suggeriremo, inoltre, di allegare i verbali del coordinamento vicariale ai bollettini parrocchiali e di valorizzare maggiormente il sito vicariale, cercando di aggiornarlo e vivacizzarlo con le principali notizie che riguardano la vita delle comunità».
Il lavoro che spetta al coordinamento è migliorare le relazioni interpersonali tra le diverse parrocchie, soprattutto quelle vicine, e tra sacerdoti: «Una buona comunicazione non è solo questione di mezzi, di contenuto, ma spazio anche a pensieri, riflessioni, contenuti di fede». E il coordinatore vicariale per la comunicazione in questo riveste un ruolo
«che sta nel favorire soprattutto un maggiore collegamento tra diocesi e vicariato. L’urgenza però che sentiamo è approfondire e definire il significato che si vuole dare alla comunicazione in vicariato, perché si percepisce che è giunto il tempo di avviare una riflessione su come migliorare le relazioni, favorire momenti di confronto e occasioni di crescita come adulti nella fede».