Campodarsego, la comunità "rispolvera" la fede, grazie ai sacramenti dell'iniziazione cristiana
Ragazzi, catechiste, genitori, accompagnatori: la Pasqua 2017 segna una tappa importante nel cammino di fede di ciascuno. Anche della comunità parrocchiale! Tutti rinnovati dal Risorto. Il nuovo modello di iniziazione cristiana, partito nel 2014, è stato un po’ come salire su un treno in corsa. Ma ha portato, e sta portando, molti frutti per tutti
Verso i sacramenti della cresima e dell’eucaristia in un clima di famiglia e di comunità.
La veglia pasquale del 2017 segna un cambiamento anche per la parrocchia di Campodarsego: 49 ragazzi (29 femmine e 20 maschi) completano il terzo tempo del cammino di iniziazione cristiana, accompagnati negli ultimi due anni e mezzo dalle catechiste e dai loro genitori.
«Siamo partiti nel 2014, quando i nostri ragazzi avevano già otto anni – spiega Sonia Fungeri, una delle catechiste che con Giliola, Sara, Caterina e Ilaria in questi anni hanno accompagnato i gruppi di ragazzi – ed è stato un po’ come salire su un treno in corsa, dovendo cambiare metodo, approccio e prospettive. Ma siamo contente del cammino fatto finora».
Gli incontri hanno avuto cadenza quindicinale, con la suddivisione in tre gruppi di lavoro, sempre con metodo esperienziale, avendo cura di utilizzare modalità semplici, belle e coinvolgenti, per generare la fede per contagio.
«Questo contagio è arrivato anche a noi – aggiunge Enrico Cavinato, papà di uno dei bimbi coinvolti, e anche accompagnatore degli altri genitori insieme a Roberta e Sabrina nel cammino di iniziazione cristiana – Prima il catechismo voleva dire “parcheggiare” i bambini in patronato, tornare un’ora dopo per riprenderli, come fosse una qualsiasi altra attività della giornata. Coinvolgere anche i papà e le mamme è stata una rivoluzione, molto ben accolta, anche al di sopra delle aspettative. Non è stato facile mettersi in gioco come genitori perché abbiamo dovuto entrare nel cuore dei temi della fede e metterci in discussione».
Per i genitori il percorso ha avuto frequenza mensile: l’incontro si svolgeva in contemporanea a quello dei ragazzi, sviluppando gli stessi argomenti, su cui si è potuto innestare un dialogo anche a casa. Anche Roberta Turra conferma che
«il percorso ha spostato il focus sulla famiglia, rendendola protagonista e partecipe della preparazione ai sacramenti. Anzi, proprio i ragazzi hanno fatto da stimolo, perché negli adulti cercano conferme sulla coerenza e sui valori di cui si parla durante gli incontri. Anche concludere una volta al mese con la partecipazione collettiva alla messa è stato significativo».
«È stata una specie di evangelizzazione a doppio senso, andata e ritorno – aggiunge Sara Bettiati, che solo da qualche mese svolge il servizio di catechista – perché i ragazzi li abbiamo scoperti particolarmente motivati e ricettivi, più di quanto ci aspettassimo. Tutti quanti siamo stati costretti a rispolverare la nostra fede».
La “casa degli incontri” per i ragazzi è stata il centro parrocchiale “Chiara”: dopo il canto iniziale e una breve preghiera si arrivava al cuore dell’incontro, accompagnati anche dalla lettura di un brano evangelico e soprattutto con attività pratiche, capaci di far passare il messaggio con gesti e simboli più che con le parole.
«Abbiamo avuto sempre con noi pane, vino e olio – spiega Sonia – dei segni concreti e tangibili che rimandano ai sacramenti dell’eucaristia e della confermazione. E una delle nostre attività è stata particolarmente efficace e significativa: parlando di essenzialità, abbiamo chiesto ai ragazzi di scegliere da una lunga lista gli elementi fondamentali per una festa di compleanno. Dopo aver eliminato le cose superficiali e perfino i regali, hanno lasciato solamente: gli amici, la torta e qualcosa da bere. Loro stessi hanno capito che nell’ultima cena di Gesù in tavola c’era l’essenziale e che i segni che restavano (pane e vino) erano quelli importanti, la sua presenza. Come quando una persona cara ci lascia in ricordo qualcosa di sé».
Anche per i genitori il metodo è stato esperienziale, arrivando in un’occasione anche a preparare e cucinare il pane, condividendolo in occasione dell’incontro successivo.
«Le porte delle nostre case si sono aperte – racconta Enrico – durante l’avvento, quando ci siamo incontrati a gruppi di 3-4 famiglie al completo per un’attività incentrata sui personaggi del presepe: ciascuno, dai più piccoli ai più grandi, ha avuto un ruolo nella serata e questo ci ha aiutato a capire un po’ meglio il mistero del Natale e dell’incarnazione».
L’aria che si respira a Campodarsego è di fraternità: anche coloro che solitamente erano lontani dalla vita di fede, hanno avuto occasione di riavvicinarsi, non tanto per dovere, ma per aver trovato un ambiente capace di creare relazioni autentiche, che ha fatto crescere la partecipazione e la voglia di affrontare le questioni cruciali della vita.
I ragazzi, che dopo la veglia ricevono un oggetto ricordo dalle catechiste, non hanno fatto una preparazione specifica sullo svolgimento della veglia pasquale. «I segni dei sacramenti – dice Sara – li sperimenti senza spiegarli: luce, acqua, Parola ti fanno arrivare direttamente al cuore della fede».
Dopo questo terzo tempo (visto anche in senso rugbistico, come spazio di interiorizzazione e di sosta) arriverà il quarto, la mistagogia – chiamato Tempo della fraternità – con l’auspicio di sviluppare maggiormente il tema dello Spirito santo e “aggiustare” alcune difficoltà oggettive di incrocio tra catechisti e accompagnatori dei genitori. Ma la strada è ben segnata: una sfida che smuove vecchi schemi e mette in relazione molte dimensioni parrocchiali: consiglio pastorale, Azione cattolica, scout. Perché i sacramenti non siano questioni private, ma davvero di comunità.