Al Barbarigo un "pranzo in famiglia" assieme ai poveri
Una cinquantina di volontari, tra studenti e genitori, domenica 14 dicembre cercano di regalare un momento di famiglia e di vera gioia ai tanti amici che nella nostra città vivono situazioni di povertà o di solitudine: il Barbarigo è per quel giorno la loro casa.
L’idea è nata all’interno del GGB (gruppo giovani Barbarigo), iniziando il percorso di quest’anno dedicato al volontariato.
«Perché non aprire le porte della nostra scuola ai poveri della città per una giornata speciale?» si sono chiesti gli studenti. Subito il pensiero è corso al pranzo di Natale che ogni anno la Comunità di Sant’Egidio organizza e, dopo aver contattato i responsabili della comunità, è partita la macchina dell’organizzazione: il nucleo iniziale di giovani impegnati ha saputo “contagiare” di entusiasmo i compagni, e così in pochi giorni si è arrivati a una cinquantina di volontari che domenica 14 dicembre, terza di avvento, chiamata “domenica della gioia”, cercano di regalare un momento di famiglia e di vera gioia ai tanti amici che nella nostra città vivono situazioni di povertà o di solitudine: il Barbarigo è per quel giorno la loro casa.
Tutto è organizzato nei minimi particolari: dal menù “natalizio” agli addobbi, dal servizio ai tavoli all’intrattenimento musicale, memori di quanto diceva Madre Teresa: “Il bene bisogna farlo bene!”.
È un’esperienza importante non solo per gli studenti, ma anche per gli insegnanti e i genitori che hanno dato la loro disponibilità chi offrendo il cibo, chi per cucinare, chi semplicemente per esserci, ospiti tra gli ospiti. «Sento come una cosa davvero importante che la mia scuola, la “scuola del vescovo” che da 95 anni è luogo di crescita culturale e spirituale per tanti giovani, si apra ai bisogni di chi vive situazioni difficili. Non possiamo non mettere il naso fuori dalle mura della nostra scuola e dimenticarci di coloro che, a pochi passi da noi, quotidianamente stentano a vivere, dormendo per strada o mangiando il poco che possono permettersi» dice una studente.
E un altro aggiunge: «Siamo consapevoli che questa esperienza è solo un piccolo segno, non certo paragonabile all’impegno quotidiano di tantissimi volontari come gli amici di Sant’Egidio o strutture come le cucine popolari, la Caritas e tante altre, che si prendono cura dei poveri. Ma noi abbiamo bisogno di questi segni per aprire il cuore e la mente e accorgerci del tanto bene che possiamo fare».
È un Natale diverso non solo per chi viene ospitato ma più ancora per chi ospita.