Referendum costituzionale, la vera partita si apre adesso
Si voterà il 4 dicembre per la riforma della costituzione. Aspre polemiche da parte delle opposizioni, ma il governo ribatte: non era l’ultima data possibile. Inizia il balletto dei sondaggi, secondo cui gli indecisi sarebbero addirittura il 45 per cento degli italiani. Un forte peso potrebbe averlo la forma con cui viene posto il quesito nella scheda elettorale.
Nove settimane di passione. La vera partita sul referendum costituzionale, che il governo ha fissato per il 4 dicembre, si apre adesso.
I mesi di polemiche, rivendicazioni ed errori (ammessi dallo stesso premier Renzi), sono alle spalle. Da lunedì scorso, quando il sottosegretario Claudio De Vincenti ha ufficializzato la data per la consultazione popolare chiamata a confermare (o rigettare) la profonda revisione del testo costituzionale, si è fatta tabula rasa del passato ed è iniziata la vera corsa.
Il botta e risposta tra governo e opposizioni
La decisione è arrivata «con più di dieci giorni di anticipo sulla scadenza» e la data del 4 dicembre «è anticipata rispetto all’ultima data possibile», ha tenuto a precisare De Vincenti, anticipando così il nugolo di polemiche sollevate dal variegato fronte delle opposizioni. «Il capo ha deciso 4 dicembre. Se poteva portava il referendum dopo Natale. Ma due mesi in più di propaganda non cambiano esito. Tanto vince il no», ha twittato immediatamente Arturo Scotto, capogruppo alla Camera di Sinistra italiana. Stesso concetto espresso dai deputati a Cinque stelle in commissione affari costituzionali, che hanno definito grave il fatto che il governo non abbia consultato le opposizioni.
«Finalmente gli italiani conoscono la data di scadenza di questo governo abusivo», è stato invece il primo commento di Giorgia Meloni (FdI), seguita dal segretario del Carroccio Matteo Salvini che all’hashtag «#iovotono per licenziare Renzi» ha aggiunto la convocazione dei fedelissimi a Firenze, roccaforte del presidente del consiglio, per il 12 novembre.
Il primo commento però è stato quello dello stesso Renzi, che ha affidato alla sua e-news anche l’ufficialità dell’orario in cui le urne saranno aperte il 4 dicembre: 7-23. «Questa Italia deve cambiare – ha scritto il premier - non può rimanere ostaggio dei soliti noti, della solita palude che ha bloccato la crescita nell’ultimo ventennio. Ecco perché il referendum costituzionale è fondamentale. E il risultato non dipende tanto da me, ma da tutti voi».
Ma si tratta di un risultato che, seppur non metterà in nessun caso a rischio la continuità del governo, appare oggi del tutto incerto.
La fetta di indecisi, secondo i maggiori sondaggisti, sarà determinante. Secondo l’istituto Piepoli, gli italiani che ancora non hanno le idee chiare, o che confessano di essere pronti a cambiarle, sarebbero addirittura uno su due. Secondo l’istituto Demo polis di Pietro Vento, invece, il “sì” appare radicato tra gli ultra 55enni, mentre la maggioranza della fascia 33-55 anni sarebbe il vero zoccolo duro del “no”. In ogni caso appare troppo presto per stabilire con certezza chi sia in vantaggio e con quale distanza. E, dato che per il referendum confermativo non è previsto quorum, non è del tutto chiaro nemmeno se un’alta affluenza sarà davvero indice della vittoria del no.
Ciò che invece appare rilevante è l’effetto che potrebbe avere la forma con cui viene posto il quesito.
Nella cabina elettorale, gli italiani il 4 dicembre si troveranno di fronte questa domanda: «Approvate voi il testo della legge costituzionale concernente “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento di costi di funzione delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione dei titolo V della parte II della Costituzione?"». Ebbene, secondo Piepoli, posto in questi termini il quesito potrebbe spostare addirittura 4 milioni di voti verso il “sì”. Secondo un altro autorevole sondaggista, Masia, la percentuale degli elettori che potrebbe cambiare idea all’ultimo è pari al 10-15 per cento.
Un bacino ampio di consensi, specie perché da lunedì scorso la partita si giocherà voto su voto. E, si spera, più sui contenuti della riforma che sulla tifoseria partitica.