Che Italia avremo dopo il referendum? L'analisi di Luca Ricolfi
Su cosa succederà il 5 dicembre, il "day after" del referendum costituzionale, si moltiplicano i vaticini, anche della stampa internazionale. Gli scenari possibili vanno da quello più apocalittico a quello più "gattopardesco", per cui, alla fine, nulla cambierà. Il sociologo Luca Ricolfi, professore di analisi dei dati all'università di Torino, depotenzia notevolmente la portata del voto e anticipa i temi che toccherà risolvere al governo tra la fine del 2016 e il nuovo anno.
Su cosa succederà il 5 dicembre, il "day after" del referendum costituzionale, si moltiplicano i vaticini, anche della stampa internazionale. Gli scenari possibili vanno da quello più apocalittico a quello più "gattopardesco", per cui, alla fine, nulla cambierà. Il sociologo Luca Ricolfi, professore di analisi dei dati all'università di Torino, depotenzia notevolmente la portata del voto e anticipa i temi che toccherà risolvere al governo tra la fine del 2016 e il nuovo anno.
Professor Ricolfi, se vincerà il "No", il premier Renzi andrà al Quirinale a rassegnare le dimissioni?
«Credo di sì, anche se per non essere "come tutti gli altri politici" dovrebbe mantenere la promessa di tornare alla vita privata».
Se vincerà il "Sì", la maggioranza parlamentare vacillerà comunque, vista la probabile spaccatura del Pd?
«No, se vince il sì penso che ci saranno diversi parlamentari che torneranno con Renzi, anche per poter essere ricandidati e rieletti alle prossime politiche. Del resto i membri del Pd hanno più volte dimostrato di essere molto flessibili, o trasformisti, come si diceva ai tempi di Depretis. Più che un'opposizione in parlamento, mi attendo un congresso del Pd infuocato, con i "bersaniani" che provano a riprendersi la "ditta"».
Alla legge di bilancio cosa succede in caso di sconfitta per il premier, visto che Bruxelles sembra temporeggiare proprio in attesa del risultato referendario?
«Bruxelles ha talmente tanti problemi per conto proprio che lascerà fare allo stato italiano quel che ha sempre fatto, ovvero spendere più soldi di quanti ne incassa. Non sarà difficile concordare una finzione, tipo piccola limatura del deficit, dal 2.4 al 2.3 per cento, per salvare la faccia della Commissione europea e lasciare all'Italia mano libera sulla spesa».
Sempre in caso di sconfitta del premier, che fine farà l'Italicum?
«Credo che ci sarà un ritorno al proporzionale, con una soglia di sbarramento bassa (3 per cento) per permettere a Fratelli d'Italia (Meloni), Sinistra italiana (Fassina), e magari anche "Energie per l'Italia" (Parisi) di entrare in parlamento».
Un eventuale esecutivo a termine, o di scopo, potrebbe occuparsi anche di impostare una nuova riforma costituzionale?
«In teoria sì, in pratica credo di no, a meno che a promuoverla sia il Pd stesso, una volta ricomposti i dissidi al proprio interno».
Più che i mercati, gli altri paesi europei cosa potrebbero temere di una vittoria dei "No"? Nel 2011 a decretare la fine politica di Silvio Berlusconi intervenne lo spread.
«No, intervennero Napolitano e l'establishment europeo, che cavalcarono lo spread. A mio parere ai paesi europei poco importa della vittoria del sì o del no, semmai alla Merkel e a Juncker potrebbe far piacere avere un'Italia meno ostile a Bruxelles».
E invece dal punto di vista dei mercati finanziari quali potrebbero essere le conseguenze reali di una sconfitta del premier?
«I mercati ce la faranno pagare comunque, che Renzi vinca o no, perché dopo il referendum esploderà la questione bancaria (Montepaschi e Unicredit), che in questi mesi si è volutamente nascosta sotto il tappeto della retorica referendaria».
Chi potrebbe fare il nuovo premier a tempo?
«Penso che in molti aspirino a farlo, ma il tipo di figura prescelta potrebbe cambiare molto a seconda che la situazione dell'economia torni drammatica oppure no. Se i mercati non ci azzannano, è possibile che la scelta cada su una figura innocua, come si è fatto con l'elezione del presidente della repubblica. Se invece la situazione tornasse ad essere drammatica come nel 2011, non escluderei soluzioni anomale o extrapolitiche, come fu la chiamata di Mario Monti».
Da qui al 4 dicembre cosa potrebbe impattare sul risultato referendario?
«Un attentato terroristico, un terremoto o un maremoto».