Bombe in chiesa tra i fedeli in fila per la comunione. L'Egitto ricade nella paura

Almeno 25 morti e 35 feriti: è il bilancio dell’esplosione dell’11 dicembre, in Egitto al Cairo, nella cattedrale di San Marco. I cristiani d’Egitto dal 2013 hanno subito almeno 40 attentati, con decine di morti.

Bombe in chiesa tra i fedeli in fila per la comunione. L'Egitto ricade nella paura

Lo scoppio è avvenuto durante la messa, mentre veniva distribuita la comunione.
Hanno voluto colpire i fedeli riuniti in preghiera nella cattedrale copta di San Marco, la più antica chiesa d’Africa, un luogo significativo per i cristiani d’Egitto che dal 2013 hanno subito almeno 40 attentati, con decine di morti. Un bilancio che parla di almeno 25 vittime, di cui sei bambini. 

A Tawadros II e alla sua comunità copto ortodossa è subito giunta la vicinanza di papa Francesco, che all’Angelus ha parlato di «violenza che semina morte e distruzione», ribadendo che l’unica risposta «è la fede in Dio e l’unità nei valori umani e civili» e della chiesa cattolica egiziana.
Quest’ultima ha diramato una breve nota in cui esprime solidarietà «ai nostri fratelli ortodossi. Preghiamo per la pronta guarigione dei feriti e ai responsabili della sicurezza chiediamo di trovare gli autori di questo crimine e di fermarli. Che il Signore salvi l’Egitto da ogni male». Condanna è giunta anche da Ahmed al-Tayeb, imam dell’università di al-Azhar e massima autorità religiosa sunnita egiziana.

Destabilizzare il paese.
«Lo scopo di questi attacchi è la destabilizzazione del paese e della sua sicurezza – commenta al Sir mons. Antonios Aziz Mina, vescovo copto cattolico di Guizeh – I cristiani sono le vittime ma anche il pretesto per dimostrare che l’Egitto non è sicuro. Colpendo la componente cristiana si vuole colpire anche l’economia, il turismo, seminare il terrore in ogni strato della popolazione. Abbiamo il cuore spaccato ma questo è il prezzo da pagare per la democrazia».

I sospetti per questo attentato ricadono sui gruppi salafiti jihadisti, attivi soprattutto nel Sinai, ma con cellule anche nella capitale e contro i quali il presidente Abdel Fatah al-Sisi, salito al potere nel 2013, sta conducendo una dura campagna di repressione.
La risposta deve essere concertata e non può fermarsi alla sola repressione. «Oggi più che mai serve il coinvolgimento del movimento democratico e civile. Per i terroristi qualsiasi governo che dovesse succedersi è un nemico da combattere. Ma – ricorda il vescovo copto cattolico – milioni di egiziani hanno detto "no" al fondamentalismo e all’integralismo. Ogni goccia di sangue versata dai martiri per l’Egitto è un mattone per la sua ricostruzione democratica».

«Passo fondamentale – conclude mons. Aziz Mina – sarà seguire la nuova Costituzione. Fino ad ora il cammino è stato piuttosto timido anche perché i fondamentalisti tendono a frenare questo passaggio verso la democrazia che vuole libertà di coscienza e di pensiero. La nuova carta costituzionale è la salvezza del paese».

La notizia rimbalzata immediatamente nella comunità copta ortodossa in Italia, 45 mila fedeli sparsi soprattutto tra Roma, Torino, Firenze e Milano, ha provocato un’ondata di choc e terrore.
«Le persone sono terrorizzate – racconta monsignor Barnaba El Soryany, vescovo della Chiesa Copta ortodossa di Roma e Torino – Le notizie sono confuse. Non si sa ancora chi è stato ucciso, chi è rimasto ferito. Mancano informazioni precise e questo provoca confusione. È un momento difficilissimo perché ci fa ricordare quello che è successo negli anni precedenti. Una notizia molto dolorosa».
«È una cosa che nessuno in questo momento si aspettava – dice – soprattutto un attacco del genere compiuto dentro la chiesa e durante la messa. È la prima volta che veniamo attaccati in questo modo, quando i sacerdoti hanno cominciato a distribuire la comunione ai fedeli. Da noi la chiesa ha una parte riservata agli uomini e un’altra alle donne. Hanno detto che forse una donna è entrata dentro la chiesa con una borsa e dentro la borsa c’era qualcosa. Tutto questo fa paura».

Il vescovo tiene ad esprimere la sua gratitudine a papa Francesco per la solidarietà manifestata a Papa Tawadros II e alla sua comunità.
«Noi sentiamo sempre la vicinanza di Sua Santità – non soltanto per la nostra chiesa ma per tutti i cristiani del Medio Oriente. Lui è sensibile e segue la nostra situazione. I cristiani in Medio Oriente sono rimasti pochissimi dopo tutto quello che sta succedendo in Iraq e in Siria».

«Chiediamo alla comunità internazionale di fare qualcosa contro il terrorismo. Ci sono alcune persone che aiutano queste persone. Mentre invece dobbiamo contrastare questi integralisti e aiutare l’Egitto a crescere nella democrazia. Ai nostri fratelli cattolici chiediamo preghiere. Abbiamo bisogno della preghiera. Le persone sono terrorizzate. Ricordatevi di noi, e non soltanto dell’Egitto ma di tutto il Medio Oriente».

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Fonte: Sir