All'Orto botanico di Padova tutto il mondo in una serra
Quattro macro ambienti con circa 13 mila specie di piante consentono al visitatore di viaggiare tra i diversi ecosistemi della terra, scoprendo passo dopo passo le caratteristiche peculiari di ciascun habitat.
L’orto botanico, ora anche Giardino della biodiversità, è uno dei gioielli di Padova. Da 471 anni è un laboratorio in cui incessantemente si sono studiate e coltivate piante provenienti da tutto il mondo: dalle più semplici alle più straordinarie a dimostrazione di come la biodiversità, appunto, sia uno degli elementi più importanti che caratterizzano, e soprattutto consentono, la vita sulla terra.
Fondato nel 1545 su impulso della Repubblica di Venezia, l’Orto nasce per la coltivazione delle piante medicinali che costituivano la grande maggioranza dei “semplici”, cioè di quei medicamenti che provenivano direttamente dalla natura. Nel tempo si arricchì sempre più di piante provenienti dai paesi dove la Repubblica di Venezia aveva possedimenti o scambi commerciali. Qui, per esempio, venne coltivata e studiata anche la gran parte delle “nuove” piante che arrivarono da altri continenti, come la patata, il girasole, l’acacia, il ginkgo biloba, la magnolia, il gelsomino.
L’Orto è indubbiamente una vera pietra miliare della storia della botanica e non solo, per cui nel 1997 è stata iscritta nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco perché «culla della scienza, degli scambi scientifici e della comprensione delle relazioni tra la natura e la cultura». Ma la forza dell’università sta nella ricerca e per questo nel 2008 sono iniziati i lavori di ampliamento dell’Orto botanico – che naturalmente non hanno coinvolto l’Hortus cintus – che hanno portato al Giardino della biodiversità inaugurato nel 2014.
Sulla nuova area di circa 15 mila metri quadrati è stato costruito un edificio a bassissimo impatto ambientale suddiviso in quattro macro ambienti che riproducono diversi ecosistemi terrestri, con circa 13 mila specie di piante disposte secondo una metodologia fitogeografica: la foresta tropicale pluviale, la foresta tropicale subumida, il clima temperato e mediterraneo e il clima arido. L’edificio, una struttura in vetro lunga 100 metri e alta 18, è in grado di sfruttare al meglio l’energia solare e le piogge che alimentano una vasca di raccolta di 450 metri cubi, mentre le cascate realizzate sulla facciata servono per movimentare e quindi ossigenare la riserva idrica.
Oltre che dalle precipitazioni, l’acqua per il funzionamento della serra è attinta da un pozzo artesiano profondo 284 metri da cui viene prelevata acqua con temperatura di 24°C, al fine di permettere la vita alle piante tropicali tutto l’anno. Serve altresì per integrare la riserva idrica in caso di siccità o scarsità di precipitazioni. L’energia ricavata dai pannelli fotovoltaici garantisce il funzionamento delle pompe e dei relativi sensori che regolano il ciclo dell’acqua nella serra. Inoltre l’edificio è in grado di trasformare l’ambiente intorno a sé: la superficie di vetro della serra è infatti rivestita da una particolare pellicola in grado di produrre una reazione chimica, sfruttando i raggi ultravioletti, il cui effetto è un abbattimento dell’inquinamento atmosferico.