Venezia81. L’italiano “Iddu” su Messina Denaro. In gara anche “Stranger Eyes” e “April”

Venezia81, penultimo giorno di Concorso. Svelato il quinto film italiano, “Iddu. L’ultimo padrino” del duo Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, che si confronta con la figura di Matteo Messina Denaro e il tessuto della mafia siciliana giocando tra realtà, cronaca e finzione. In gara il film “Stranger Eyes” del regista singaporiano Siew Hua Yeo e “April” della regista georgiana Dea Kulumbegashvili. Il punto dalla Mostra

Venezia81. L’italiano “Iddu” su Messina Denaro. In gara anche “Stranger Eyes” e “April”

Venezia81, penultimo giorno di Concorso. Anzitutto, svelato il quinto film italiano, “Iddu. L’ultimo padrino” del duo Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, che si confronta con la figura di Matteo Messina Denaro e il tessuto della mafia siciliana giocando tra realtà, cronaca e finzione. Un racconto che si muove tra farsa, black comedy e dramma civile bruciante, con Toni Servillo, Elio Germano e Daniela Marra. Stile grintoso e incisivo per un copione non sempre a fuoco. In gara il film “Stranger Eyes” del regista singaporiano Siew Hua Yeo, un thriller sociale che esplora i chiaroscuri dell’animo umano e le minacce legate a una tecnologia sempre più invasiva. Film ammantato da un’atmosfera di tensione che tende però a smarrire nel corso della narrazione. Infine, “April” della regista georgiana Dea Kulumbegashvili, un’opera dal taglio più sperimentale che approfondisce le giornate di una ginecologa, che presta servizio in ospedale e a domicilio in campagna. La protagonista abita i territori della vita e della morte, aiutando le partorienti ma anche praticando interruzioni di gravidanza illegali. Film dall’habitus scarno, che maneggia una materia delicata e spinosa dando ampio spazio a una ricercatezza visiva che però si avvita in uno sguardo eccessivamente autoreferenziale.

Il punto dalla Mostra

“Iddu. L’ultimo padrino”
Il loro film rivelazione è stato “Salvo”, vincitore del Grand Prix della Settimana internazionale della critica al Festival di Cannes nel 2013. Il duo Fabio Grassadonia e Antonio Piazza si presenta per la prima volta in Concorso alla Mostra del Cinema con un altro sguardo sulla Sicilia, tra denuncia e provocazione. È “Iddu. L’ultimo padrino”, film targato Indigo e Rai Cinema, nelle sale dal 10 ottobre.

È la storia del boss mafioso Matteo Messina Denaro, tra cronaca e inserti di finzione, in una personale rilettura dei due autori.

Protagonisti Toni Servillo ed Elio Germano. Comprimari Daniela Marra, Barbora Bobulova, Giuseppe Tantillo, Fausto Russo Alesi e Antonia Truppo.

La storia. Sicilia anni Duemila, Catello è un ex preside di scuola, che dopo incarichi in politica come sindaco e consigliere, è finito agli arresti per collusione con la malavita. Uscito di prigione i Servizi segreti gli offrono una possibilità di “riscatto”, ovvero di aiutarli a incastrare il super latitante Matteo. Un’occasione ma anche una sfida che può compromettere la famiglia e la stessa vita di Catello…

“L’idea iniziale di questo film – indicano Grassadonia e Piazza – è nata dalla lettura dei numerosi pizzini ritrovati nel corso della lunga latitanza del capomafia Matteo Messina Denaro. (…) Traendo libera ispirazione dai pizzini, Iddu racconta il carteggio fra Matteo, principe riluttante di un mondo insensato, e Catello, maschera grottesca di solare amoralità. Con Matteo e Catello ci immergiamo nel vuoto dentro il quale un popolo sguazza”.

I registi non perdono la loro carica di denuncia graffiante, mettendo da parte solo la dimensione poetica vista in “Salvo” a favore di un sarcasmo nero affidato alla performance di Servillo,

alla sua caratterizzazione del perdente Catello. Lui è un faccendiere caotico e carrierista, che si ritrova ai margini della società politica siciliana, senza più nulla. Per rimettersi in pista, riabilitarsi, finisce in un gioco più grande di lui: tendere una trappola al boss Matteo (Messina Denaro). In una girandola di intuizioni e misere astuzie, Catello sale in una giostra (auto)distruttiva che non controlla, mietendo solo danni e sofferenze.

Grassadonia e Piazza descrivono le stanze del potere della malavita, ma anche delle istituzioni italiane, con uno sguardo livido attraversato da lampi tragicomici.

Un mondo gattopardiano senza soluzioni né evoluzioni. Una realtà misera e grigia, abitata da vinti.

Film da valida tempra e stile incisivo che però non brilla del tutto, lasciando intravedere le crepe di un copione non pienamente solido. Ottimi gli interpreti. Complesso, problematico, per dibattiti.

“Stranger Eyes”
Classe 1985, il regista singaporiano Siew Hua Yeo è in gara a Venezia81 con il thriller “Stranger Eyes”,

una suggestione sulla società contemporanea minacciata da una tecnologia vorace e invasiva, che pedina il nostro quotidiano e mina la nostra privacy.

Protagonisti Lee Kang-Sheng, Wu Chien-Ho, Anicca Panna e Vera Chen.

La storia. Singapore, oggi. Una coppia di ventenni, genitori di una bambina di appena un anno, piomba nell’incubo della disperazione quando la loro figlia scompare. Non si sa se rapita o meno. Parallelamente alle indagini della polizia, i due iniziano a sospettare di un vicino di casa, un direttore di supermercato, che sembra seguirli in ogni luogo.…

Il regista Siew Hua Yeo dirige un buon film che parte con il passo giusto, con una diffusa tensione da thriller-noir di matrice contemporanea. Chi ha rapito la bambina? È questa la domanda che il pubblico si pone nella prima parte del racconto; man mano, però, che il film si dipana subentrano altre suggestioni e linee narrative, che sovraccaricano il racconto al punto da farlo quasi deragliare.

Si perdono, infatti, focus e tensione per tratteggiare un quadro sociale ambizioso, con soluzioni non adeguatamente credibili.

L’idea di partenza e lo stile erano evidenti, ma lo svolgimento ne ha penalizzato la resa finale. Peccato. Complesso, problematico, per dibattiti.

“April”
La regista georgiana Dea Kulumbegashvili è in competizione a Venezia81 con “April”, un racconto dolente di respiro sociale, attraversato da solitudine esistenziale e una vertigine di smarrimento. Protagonista Ia Sukhitashvili.

La storia. Nina è una ginecologa che lavora in ospedale. Durante un parto non riesce a salvare un bambino e viene messa sotto indagine. Nell’ambiente si diffonde anche la voce che pratichi aborti illegali, soprattutto nelle sue visite alle pazienti di campagna, dove regnano povertà e condizioni precarie…

“Il mio obiettivo – afferma la regista – era di esplorare e analizzare la dicotomia e la convergenza tra esistenza e femminilità. Questo mi ha naturalmente portata ai temi della nascita e della morte. (…) Nina è un personaggio che ama universalmente ma non ama nessuno in particolare. Possiede un’empatia sconfinata ma fa fatica a stabilire legami personali. Spinta unicamente dalla propria missione, non desidera e non ha bisogno di nulla per sé. Alla fine si ritrova però incapace di contribuire a un vero cambiamento”.

Dea Kulumbegashvili costruisce un racconto pedinando in chiave “neorealista” il medico Nina, che si muove tra l’ospedale e le visite a domicilio nella zona rurale, passando molto tempo in auto, navigando con i suoi pensieri. Un personaggio spigoloso e solitario, che scaccia ogni persona vicina a lei e cerca di saziare i propri tormenti con incontri occasionali.

In tutto questo si inserisce il tema etico-morale della professione, oscillando tra la figura del medico diviso tra la sala parto e la pratica illegale di aborti.

Un racconto ruvido e diretto, senza filtri, ai limiti del gratuito. E al di là del tema sfidante e problematico, il vero limite del film risulta lo stile di racconto, insistito, lento e dispersivo, bloccato tra ambiguità e inafferrabilità concettuale. Complesso, problematico.

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Fonte: Sir