Venezia80. Il richiamo alla legge del mare in “Comandante” di De Angelis e l’umanità al capolinea ne “L’ordine del tempo” di Cavani
Già dal primo giorno di proiezioni si apre la corsa per il Leone d’oro all’ottantesima Mostra del Cinema della Biennale di Venezia: parliamo del film di apertura “Comandante” diretto da Edoardo De Angelis. Ancora, in occasione della consegna del Leone d’oro alla carriera alla regista Liliana Cavani, è stato presentato fuori concorso a Venezia80 il suo ultimo film “L’ordine del tempo”, ispirato al saggio di Carlo Rovelli. Il punto Cnvf-Sir
Già dal primo giorno di proiezioni si apre la corsa per il Leone d’oro all’80ª Mostra del Cinema della Biennale di Venezia: parliamo del film di apertura “Comandante” diretto dal regista napoletano Edoardo De Angelis. Prendendo le mosse da una storia vera, il soccorso di un gruppo di naufraghi belgi da parte comandante Salvatore Todaro e dell’equipaggio del sommergibile italiano Cappellini durante la Seconda guerra mondiale, il film si propone come incisivo richiamo al nostro presente, a non abbandonare chi è in difficoltà in mare. Protagonista è un intenso Pierfrancesco Favino, firma il copione il Premio Strega Sandro Veronesi. Ancora, in occasione della consegna del Leone d’oro alla carriera alla regista Liliana Cavani, è stato presentato fuori Concorso a Venezia80 il suo ultimo film “L’ordine del tempo”, ispirato al saggio di Carlo Rovelli. Una radiografia dei rapporti umani a un passo dalla fine del mondo; ricollegandosi idealmente all’hollywoodiano “Don’t Look Up”, il film passa in rassegna insicurezze e irrisolti di un’umanità fragile, in cerca di risposte esistenziali e tracce del Mistero.
Il punto Cnvf-Sir
“Comandante” – Film in concorso
“Mi commuove l’idea della ‘forza’ come la intendeva Salvatore Todaro, ovvero la capacità di correre in soccorso dei più deboli. Per me questo è ‘l’uomo forte’ e ho voluto raccontare la sua storia”. Chiarisce subito il regista Edoardo De Angelis il perimetro del suo film “Comandante”:
tema portante del suo dramma storico è il riaffermare un codice morale, quell’etica umana che spinge a prestare soccorso al prossimo scavalcando le regole del conflitto.
Un film che ci parla del tempo di ieri, di una delle pagine più brutte della Storia del XX secolo, la Seconda Guerra mondiale, e al contempo si ancora al nostro presente.
La storia. Italia 1940, Salvatore Todaro è comandante del sommergibile Cappellini della Regia Marina. Nonostante le ferite riportate nel conflitto bellico, Todaro accetta una nuova missione nell’oceano Atlantico. Durante la navigazione, nel cuore della notte, ingaggia un conflitto a fuoco con un mercantile di nazionalità belga (al servizio degli inglesi). Affondata la nave, il comandante decide però di soccorrerne l’equipaggio ospitandolo a bordo del sommergibile Cappellini e scortandoli fino a Santa Maria delle Azzorre. Un gesto di solidarietà che potrebbe costare cara la vita sua e dei suoi sottoposti, costretti a navigare per tre giorni in emersione…
“Mi auguro – ha sottolineato De Angelis alla stampa – che chi guarda il film si renda conto che esistono delle leggi immutabili, anche in guerra, che non vanno infrante, come la legge del mare”. Il regista, che firma il copione insieme allo scrittore Premio Strega Sandro Veronesi, non lascia spazio a possibili fraintendimenti di matrice politica: è un film storico il suo “Comandante”, ma al tempo stesso ha un respiro di stringente attualità, che rimanda alle tante, troppe tragedie del mare.
L’idea del racconto nasce già nel 2018, dall’incontro con l’ammiraglio Giovanni Pettorino in occasione delle celebrazioni della Guardia costiera e dalla scoperta della vicenda del comandante Todaro. De Angelis tratteggia la storia di Todaro sfumando il contorno storico-politico della vicenda, le derive di una guerra legate all’asse nazi-fascista,
preferendo mettere a fuoco il coraggio di un uomo, di un militare italiano, chiamato a eseguire degli ordini, che però decide di mettere avanti a tutto il senso di umanità.
“Comandante” è un film ambizioso, dall’elevato investimento economico-produttivo e dall’imponente messa in scena, compresa la scelta di ricostruire la struttura del sommergibile; un film che punta a trovare posto nel complesso mercato distributivo internazionale. La regia di De Angelis conquista e convince, abile e salda. Il regista dimostra di avere una chiara idea di cinema, interessato a drammi di matrice sociale e a storie marcate da un respiro etico-morale, con incursioni spirituali (“Indivisibili”, 2016; “Il vizio della speranza”, 2018; la miniserie “La vita bugiarda degli adulti”, 2023); e “Comandante” è un ulteriore tassello di un talento in crescita.
A imprimere forza al racconto non è solo la regia o la confezione formale, molto della riuscita dipende anche dall’interpretazione di Pierfrancesco Favino,
che occupa la scena in maniera quasi totalizzante. Un’interpretazione, quella di Favino, come sempre misurata e puntuale. Al di là di qualche passaggio poco convincente, del rischio di scivolate retorico-didascaliche, il film “Comandante” risulta valido per stile di racconto e temi in campo. Consigliabile, problematico, per dibattiti.
“L’ordine del tempo” – Film fuori concorso
A Venezia80 la regista-sceneggiatrice Liliana Cavani, la decana del cinema italiano con i suoi 90 anni, viene da protagonista per ritirare il Leone d’oro alla carriera. Per l’occasione presenta il suo ultimo film “L’ordine del tempo”, che nasce dalla lettura di un saggio di Carlo Rovelli. Coinvolgendo un cast corale – Edoardo Leo, Claudia Gerini, Alessandro Gassmann, Valentina Cervi, Angela Molina, Francesca Inaudi, Ksenia Rappoport e Fabrizio Rongione –la regista emiliana mette in scena quasi in un unico spazio, come una pièce teatrale, lo smarrimento umano dinanzi alla possibile fine del mondo.
Si domanda quali possano essere i pensieri, le paure e i sentimenti che si agitano nell’animo di un gruppo di amici dinanzi allo spettro della morte.
La storia. In un’elegante villa sul mare, a Sabaudia, a poca distanza da Roma, si ritrovano per le vacanze alcune coppie di amici. Ultimo ad arrivare è Enrico (Edoardo Leo), un fisico che studia i fenomeni dello spazio. L’uomo è tormentato dalla minaccia di un meteorite che potrebbe entrare in collisione in poco tempo con la Terra, causandone la rovina. Ben presto la notizia inizia a diffondersi e tutti quanti fanno conti con il proprio vissuto, le occasioni perse, i legami affettivi custoditi nel tempo e il rapporto con l’Aldilà, con il Mistero…
Scritto dalla regista insieme a Paolo Costella,
“L’ordine del tempo” è uno sguardo dolce e inquieto sul nostro presente, sulle nostre vite disseminate di fratture, dolori, contraddizioni e speranze, che spesso tendiamo a posticipare perché distratti dalla frenesia della società.
Con involontari rimandi al film statunitense “Don’t Look Up” (2012) di Adam McKay – lì però il taglio della narrazione è comico-grottesco –, la regista italiana pone l’uomo dinanzi alla sua paura più grande: la fine del mondo. Così inizia a tracciare le traiettorie esistenziali dei personaggi e il loro modo di affrontare la “lunga notte”. Tra le storie, lascia il segno il dialogo tra la scienziata Giulia (Francesca Inaudi) e la monaca clarissa suor Raffaella (Angela Molina), che si interrogano sul senso della preghiera e il rapporto scienza-fede, male-giustizia. Un dialogo denso di svolte, ma illuminato da uno slancio di fiducia.
Nell’insieme, “L’ordine del tempo” è un film che si inserisce bene nella filmografia della regista, puntellato da dilemmi esistenziali ma anche da aperture di senso, da sguardi carichi di fiduciosa inquietudine. Consigliabile, problematico, per dibattiti.
La nota critica di Massimo Giraldi, presidente Cnvf – Giuria Signis
“Toccata la soglia dei novant’anni Liliana Cavani propone un film, ‘L’ordine del tempo’, che conferma la freschezza della sua ispirazione e la grande varietà dei temi affrontati. Indaga un gruppo di amici riuniti in una villa al mare, un luogo di vacanza che si trasforma in una inaspettata seduta psicoanalitica che li coinvolge a vario titolo tutti, tra dubbi, incertezze e il riemergere di livori sopiti.
Alla grande regista si perdona qualche momento di stanchezza narrativa, perché il suo cinema si dimostra come sempre onesto e vigoroso, lontano dalla banalità.
L’impalcatura del film poggia anche su un convincente gruppo di attori, tutti pronti a cogliere con generosità le suggestioni offerte dall’autrice”.