In sala l’animazione “Spider-Man: Across the Spider-Verse” e il live-action “La Sirenetta”, su RaiPlay la miniserie “Normal People”
Sul grande schermo due titoli di richiamo per piccoli e adolescenti. Anzitutto, “Spider-Man: Across the Spider-Verse” targato Sony Animation e Marvel. Da una settimana il live-action Disney “La Sirenetta” diretto da Rob Marshall, fedele trasposizione della popolare animazione del 1989. Infine, per un pubblico adulto, su RaiPlay la miniserie britannica “Normal People” diretta da Lenny Abrahamson e Hettie Macdonald
Cinema ragazzi. In sala due titoli di richiamo per piccoli e adolescenti. Anzitutto, “Spider-Man: Across the Spider-Verse” targato Sony Animation e Marvel, atteso seguito delle avventure dell’adolescente supereroe afroamericano Miles Morales. Stile visivo potente e rock, giocato sull’onda dei più recenti graphic novel. In sala da una settimana il live-action Disney “La Sirenetta” diretto da Rob Marshall, fedele trasposizione della popolare animazione del 1989; nel cast oltre ai giovani Halle Bailey e Jonah Hauer-King il Premio Oscar Javier Bardem e la sempre esilarante Melissa McCarthy. Infine, per un pubblico adulto, su RaiPlay la miniserie britannica “Normal People” diretta da Lenny Abrahamson e Hettie Macdonald, dal romanzo generazionale di Sally Rooney: ritratto di due giovani irlandesi tra pagine di sentimento e disagio relazionale. Struggente, ruvida, poetica. Il punto Cnvf-Sir.
“Spider-Man: Across the Spider-Verse” (Cinema, 01.06)
Un ritorno in grande stile. Parliamo dell’animazione “Spider-Man: Across the Spider-Verse”, seguito del successo 2018 “Spider-Man. Un nuovo universo” (Premio Oscar e Golden Globe), una produzione Sony Animation in collaborazione con Marvel. Diretto da Joaquim Dos Santos, Kemp Powers e Justin K. Thompson, l’animazione riporta l’attenzione sul nuovo filone dell’universo Spider-Man, ovvero le avventure dell’adolescente afroamericano di origini portoricane Miles Morales che vive a Brooklyn con i genitori. Di giorno studente brillante e nel resto del tempo supereroe dall’iconica tuta appartenuta a Peter Parker. In questo nuovo episodio ampio protagonismo anche al femminile con il personaggio di Gwen Stacy, alias Spider-Woman, oltre a giocare narrativamente sul tema del Multiverso, ormai ricorrente nei titoli Marvel.
La storia. Brooklyn oggi, Miles è pressato dai genitori Jefferson e Rio perché sia più presente a scuola, in prospettiva anche della scelta del college. Pronto a indossare la tuta da Spider-Man alla prima occorrenza, Miles si imbatte in un nuovo nemico: Macchia, uno scienziato che ha perso i suoi connotati umani a causa di un incidente e ora possiede poteri fuori controllo. Tra tensioni in famiglia e nuove minacce dal mondo fuori, Miles finisce risucchiato in un’altra dimensione del Multiverso popolata da una molteplicità di “Spider-Eroi”…
Punto di forza di questa nuova avventura del giovane Uomo Ragno è senza dubbio la dimensione visiva, lo stile dell’animazione, che mutua in maniera brillante le ultime tendenze del graphic novel tra linea di disegno, uso del colore e sfumature rock. “Spider-Man: Across the Spider-Verse” è, in primis, un’esperienza visiva intrigante e magnetica, che affascina a partire dalla confezione stilistica. Il cartoon, poi, funziona anche per la linea del racconto, che mette a tema riflessioni interessanti, di senso, come il dialogo genitori-figli, la figura paterna e il dualismo bene-male. Il racconto marcia veloce, serrato, a tratti un po’ sovraccarico, ma nel complesso il bilancio risulta valido e positivo. Una proposta pronta a trovare il favore dei ragazzi ma anche degli adulti. Consigliabile, semplice, per dibattiti.
“La Sirenetta” (Cinema, 24.05)
Quando la favola prende vita. È questa la prima impressione che si avverte davanti al nuovo live-action Disney “La Sirenetta” firmato Rob Marshall – suoi “Chicago” (2002), “Nine” (2009) e “Il ritorno di Mary Poppins” (2018) –, che recupera il successo del cartone animato del 1989, incoronato agli Oscar per la colonna sonora di Alan Menken e la canzone originale “Under the Sea” (“In fondo al mar”) sempre di Menken e Howard Ashman. Da molti anni la Disney sta portando avanti una politica di sperimentazione e al contempo di valorizzazione della sua library: da un lato rilascia nuovi cartoon, anche grazie al geniale comparto Pixar, dall’altro mette mano ai suoi classici dandogli nuova veste grafica, nuova vita realistica con il live-action. Basta citare due recenti titoli: “Pinocchio” (2022) di Robert Zemeckis e “Peter Pan & Wendy” (2023) di David Lowery, entrambi usciti su Disney+. Per “La Sirenetta”, distribuita invece al cinema, l’operazione risulta leggermente diversa, per impegno produttivo e soprattutto per la grande popolarità della favola, nata dalla penna di Hans Christian Andersen (1837) ed esaltata dal cartoon di fine anni ’80.
La storia. Caraibi 1830, Ariel (Halle Bailey) è la sirena ultimogenita di re Tritone (Javier Bardem). Incuriosita dal mondo oltre la superficie dell’acqua, dagli umani, un giorno salva dal naufragio il giovane principe Eric (Jonah Hauer-King). Infatuata dal ragazzo, Ariel vuole provare a vivere sulla terra ferma e per fare questo chiede aiuto alla zia-piovra Ursula (Melissa McCarthy), che le offre di trasformarle la coda da sirena in gambe in cambio della sua preziosa voce. Ursula mira a detronizzare Tritone e regnare incontrastata sui mari. Ariel avrà a disposizione solo pochi giorni per realizzare il suo sogno d’amore…
L’elemento che conquista del live-action “La Sirenetta” è senz’altro la dimensione visiva: il lavoro grafico messo in campo dalla Disney è sensazionale, un iperrealismo quasi immersivo del mondo marino. Le scene acquatiche sono notevoli, realizzate con grande definizione. Oltre a tale componente, punto di forza rimangono le musiche e le canzoni originali di Alan Menken, che la Disney ha sapientemente deciso di preservare; a queste, però, si aggiungono delle nuove composizioni firmate dal geniale Lin-Manuel Miranda (“Hamilton”, “Encanto”). La linea del racconto, poi, non presenta particolari variazioni, al di là di qualche quadro narrativo inedito scritto dallo sceneggiatore David Magee. Ulteriore elemento di richiamo è certamente il cast: se l’attenzione dei più piccoli è giustamente focalizzata sui giovani protagonisti che impersonano Ariel ed Eric, gli adulti non vedranno altro che le gustose interpretazioni di Bardem e di McCarthy, un’irresistibile “malefica” Ursula. Nell’insieme, “La Sirenetta” risulta godibile e avvolgente, ma senza troppi sussulti. Consigliabile, semplice, per dibattiti.
“Normal People” (RaiPlay, 12 episodi)
È il gioiello della programmazione RaiPlay di maggio 2023. Finalmente arriva in chiaro la serie britannica “Normal People”, adattamento del fortunato romanzo dell’irlandese Sally Rooney: la miniserie ha fatto la sua comparsa nel 2020 sulla Bbc e sulla piattaforma Hulu, catalizzando subito ampi consensi e correndo per i principali premi di categoria tra Emmy Awards, Golden Globe e Bafta (2021, Paul Mescal miglior attore).
La storia. Irlanda oggi, a Carricklea vivono i liceali Marianne e Connell: lei proviene da una famiglia benestante, che non le risparmia però sofferenze, lui da una famiglia umile ma con un legame solido con la madre. A scuola frequentano le stesse lezioni, ma si evitano in pubblico; fuori parlano, si confidano, si amano, si rincorrono. All’università vanno entrambi a Dublino, al Trinity College, dove il loro legame viene messo continuamente alla prova…
La scrittrice Sally Rooney, classe 1991, con soli tre romanzi si è imposta nel panorama internazionale come una delle voci più interessanti della sua generazione, capace di scandagliare la vita e le relazioni dei giovani tra slanci e disagi, pulsioni e affanni esistenziali. “Normal People” è il suo titolo rivelazione, che ha trovato altrettanta forza espressiva nel passaggio dalla pagina scritta allo schermo. Merito anche di una regia attenta e meticolosa, quella di Lenny Abrahamson e Hettie Macdonald, come pure dei due giovani interpreti: Daisy Edgar-Jones e Paul Mescal. Eccellenti! “Normal People” non è semplicemente un racconto di formazione di due giovani che si affacciano alla vita adulta, colorato da sfumature di sentimento. È molto di più: la miniserie mette in racconto uno sguardo generazionale delicato e livido, scavando nell’animo giovanile tra (in)sicurezze e sogni protesi al domani. Marianne e Connell sono insieme forti e fragili, semplici e complessi, segnati dalla stessa (sofferta) traiettoria di vita: si amano, si confidano, si respingono, si salvano.
Una malinconica inquietudine è la nota ricorrente del racconto, stratificato, intessuto di emozioni sussurrate e di lampi di bruciante disagio esistenziale, di mal di vivere. Convince la regia di Abrahamson e Macdonald – stile raffinato e accurato, che nei capitoli ambientati in Toscana ricorda quello di Luca Guadagnino in “Chiamami col tuo nome” – capace di dare corpo, vita, alle pagine della Rooney. La serie corre veloce, senza filtri, esplicita a tratti quasi ruvida, ma mai inelegante, costellata di efficaci silenzi e raccordi di poesia; un racconto valorizzato anche dalle musiche dolci e dolenti di Stephen Rennicks. Complessa, problematica, per dibatti.