“Il gladiatore II”, scommessa vinta per Scott. In sala anche “Giurato numero 2” di Eastwood
Una vera battaglia, l’impresa del regista-produttore Ridley Scott, che dopo 24 anni e non poche battute d’arresto è riuscito a portare a termine il progetto del sequel di uno dei suoi titoli più amati e apprezzati, “Il gladiatore” (2000), vincitore di 5 Premi Oscar tra cui miglior film. Dal 14 novembre è nelle sale con Eagle Pictures “Il gladiatore II”, che ci riporta nella Roma imperiale circa vent’anni dopo la morte di Massimo Decimo Meridio, seguendo le tribolazioni e le gesta del figlio tenuto segreto, Lucio Vero. In sala con Warner Bros. anche il 42° film diretto da Clint Eastwood, “Giurato numero 2”, con Nicholas Hoult, Toni Collette, J.K. Simmons e Kiefer Sutherland
Una vera battaglia, l’impresa del regista-produttore Ridley Scott, che dopo 24 anni e non poche battute d’arresto è riuscito a portare a termine il progetto del sequel di uno dei suoi titoli più amati e apprezzati, “Il gladiatore” (2000), vincitore di 5 Premi Oscar tra cui miglior film. Dal 14 novembre è nelle sale con Eagle Pictures “Il gladiatore II”, che ci riporta nella Roma imperiale circa vent’anni dopo la morte di Massimo Decimo Meridio, seguendo le tribolazioni e le gesta del figlio tenuto segreto, Lucio Vero. A interpretarlo il divo inglese Paul Mescal, in un ruolo lontano dal cinema indipendente da lui finora prediletto. Nel cast, Pedro Pascal, Connie Nielsen e Denzel Washington. Scott si conferma un grande regista per come orchestra messa in scena e battaglie, governando una macchina complessa con estrema disinvoltura. Al di là di qualche forzatura narrativa o eccesso visivo, la scommessa risulta vinta, confermando tutto il fascino della storia della Roma antica. In sala con Warner Bros. anche il 42° film diretto da Clint Eastwood, “Giurato numero 2”, con Nicholas Hoult, Toni Collette, J.K. Simmons e Kiefer Sutherland. Un legal drama che si muove tra le aule di tribunale e le stanze dell’animo di un giurato, stretto nel dissidio tra bene e male, tra giustizia e reato. Un’opera che interpella la dimensione dell’umano, della (im)moralità.
“Il gladiatore II” (Cinema, 14.11)
Si accende il brivido appena volteggiano le note del tema musicale de “Il gladiatore”, composto a suo tempo da Hans Zimmer con Lisa Gerrard. Ne “Il gladiatore II” il compositore è cambiato, Harry Gregson-Williams, ma l’omaggio a quelle iconiche note traghettano subito lo spettatore – come avvenuto in “Top Gun: Maverick” – dentro il giusto “mood” di un sequel grintoso e ambizioso. Ridley Scott ha mostrato tutta la sua tenacia da veterano del grande cinema spettacolare della New Hollywood, realizzando un film capace di trovare la giusta continuità narrativa con il titolo originale e al contempo aprirlo a un nuovo sguardo, quello di un pubblico cambiato negli ultimi due decenni. “Il gladiatore II” è il riuscito compromesso tra il cult muscolare anni 2000 e un’immersività e un’adrenalina fisica tipiche delle narrazioni contemporanee, addizionate dalla cultura videoludica. Il risultato è di certo apprezzabile e godibile, perché a guidare la complessa macchina narrativa per 148 minuti è un regista di mestiere. Ad ancorare con efficacia il racconto sono le interpretazioni di Paul Mescal, Pedro Pascal, Joseph Quinn, Connie Nielsen e Denzel Washington.
La storia. Roma 200 d.C., trascorsi vent’anni dalla morte di Massimo Decimo Meridio, il figlio Lucio Vero – nato dall’amore con Lucilla, figlia dell’imperatore Marco Aurelio – vive sotto falso nome in Africa. Quando il condottiero romano Marco Acacio invade il territorio, Lucio finisce tra gli arrestati ed è condotto come prigioniero a Roma. Viene comprato al mercato degli schiavi da Macrino, che lo fa addestrare come gladiatore. Il suo obiettivo è servirsi della rabbia di Lucio per fare la scalata al Senato e sedere accanto ai due imperatori Geta e Caracalla…
Il copione porta la firma di Peter Craig (“Hunger Games: Il canto della rivolta” e “The Batman”) e David Scarpa, che con Ridley Scott ha già lavorato in “Tutti i soldi del mondo” e “Napoleon”. “Il gladiatore II” prende avvio con passo sicuro, andando a colmare la storia che resta del valoroso Massimo Decimo Meridio: lui ormai è nei Campi Elisi, ma la sua gloria e il suo coraggio rivivono nel figlio Lucio. Il racconto segue una traiettoria chiara e lineare, senza grandi sussulti o sorprese. Si capisce da subito quale sarà la parabola del protagonista, la sua impresa per ricongiungersi con la madre Lucilla e il ruolo che gli spetta, sul trono di Roma. Scott, insieme a Craig e Scarpa, disegnano una Roma imperiale seducente e caotica, sull’orlo del collasso. Da un lato torna tutta la bellezza formale del primo film, rivisto e corretto grazie ai progressi della tecnica, degli effetti speciali, dall’altro “Il gladiatore II” punta su suggestioni nuove: non più le gesta del singolo, l’epopea dell’eroe solitario, bensì l’impegno di un leader del popolo che parla di equità, di “comunità”. Certo, accanto a tutto ciò, non mancano gli eccessi di violenza, l’esaltazione di battaglie e scontri fisici nell’arena, che servono soprattutto a conferire realismo e ad agganciare il favore degli spettatori più giovani. Nell’insieme la scommessa de “Il gladiatore II” risulta vinta, al di là di imperfezioni o sbavature, perché si coglie tutto l’entusiasmo, il talento e il mestiere di lungo corso di un maestro del cinema hollywoodiano votato all’innovazione e alla spettacolarizzazione. Film complesso, problematico.
“Giurato numero 2” (Cinema, 14.11)
Scelto come titolo d’apertura XXVIII edizione del Tertio Millennio Film Fest della Fondazione Ente dello Spettacolo, “Giurato numero 2” (“Juror #2”) è il 42° film da regista del granitico Clint Eastwood, autore statunitense di successi di rara bellezza e complessità come “Un mondo perfetto”, “I ponti di Madison County”, “Mystic River”, “Million Dollar Baby”, “Gran Torino” e “Sully”. “Giurato numero 2” è un’opera come sempre che interpella la dimensione dell’umano, la coscienza individuale e collettiva. A firmare il copione è Jonathan Abrams, protagonisti Nicholas Hoult, Toni Collette, J.K. Simmons, Chris Messina, Gabriel Basso, Zoey Deutch e Kiefer Sutherland.
La storia. Stati Uniti, oggi. Justin Kemp è un giornalista, sposato con Ally, in attesa del primo figlio. La sua vita ha ripreso una traiettoria regolare, dopo un cedimento nell’alcolismo. Justin viene sorteggiato per far parte di una giuria in un processo. Sul banco degli imputati siede James Sythe, accusato di aver percosso la compagna. Faith Killebrew ed Eric Resnick sono i due avvocati che si sfidano in aula, provando a condannare o far assolvere l’imputato. Quando Justin inizia a prendere parte alle udienze, si accorge che la sua posizione non è affatto neutrale: la dinamica dell’omicidio della donna gli ricorda un suo incidente in auto, durante una notte di pioggia. Tutto inizia ad essere pericolosamente troppo compromesso, sfumato, al punto da gettarlo in agitazione e suscitargli profondi interrogativi…
“È un film che guarda con attenzione alla zona grigia, a tutto ciò che accade tra il bianco e il nero della vita quotidiana”. Così il cinque volte Premio Oscar Clint Eastwood, che all’età di 94 anni dirige un altro titolo che lascia il segno. “Giurato numero 2” è un courtroom drama, un legal thriller esistenziale, che esplora sia l’aula del tribunale sia le stanze interiori del protagonista Justin Kemp. Il giornalista, quasi genitore, si trova investito dalla responsabilità di essere un giurato integerrimo e al contempo deve contenere le tensioni dell’animo che mordono la sua coscienza, che lo incalzano a dire la verità. Lui non è estraneo, infatti, alla dinamica della morte della compagna di James; pertanto, la sua testimonianza potrebbe scagionare l’uomo. Justin vive un acceso dissidio interiore, se salvare se stesso, assicurando la felicità della propria famiglia, oppure fare la scelta giusta, accettando le conseguenze delle proprie azioni.
Eastwood torna, dunque, a lavorare su interrogativi morali, mettendo il protagonista, e con lui lo spettatore, davanti a uno specchio. In questo sembra richiamare all’appello alcuni suoi personaggi iconici, in testa l’allenatore Frankie Dunn di “Million Dollar Baby” e l’ex veterano di Walt Kowalski di “Gran Torino”. Con grande padronanza della macchina narrativa, supportato da un cast di livello, Eastwood mette in scena un dramma shakespeariano tra le aule di tribunale, una tragedia greca giocata sui territori del bene e del male, posizionando sui piatti della bilancia della giustizia i valori cardine della società ma anche dell’umanità. Un film di impianto classico, teso e avvincente, che conquista per dinamica, stile e densità. Eastwood non tradisce le aspettative. Mai. Consigliabile, problematico, per dibattiti.